Rivolta in difesa dell’area e del paesaggio della chiesa di Bonaria
AYMERICH È importante ascoltare il parere degli abitanti della zona prima di costruire
CAGLIARI. «La storia dell’approvazione del palazzo che sorgerà di fronte alla basilica di Bonaria è l’ennesimo esempio di una politica comunale che punta a occupare tutti i vuoti della città», afferma Maria Paola Morittu (responsabile regionale per i monumenti e il paesaggio di Italia Nostra). «In realtà manca una politica di riquaificazione delle aree. Il caso di Bonaria è solo l’ultimo di tanti esempi di occupazione dei vuoti urbani», sottolinea Vincenzo Tiana (presidente regionale di Legambiente). «Al di là delle norme bisognerebbe avere un’attenzione maggiore ai beni paesaggistici della città», precisa Enrico Corti (docente di Composizione architettonica e padre dell’ultimo piano regolatore di Cagliari).
La vicenda parla di un palazzo di quattro piani che, secondo il progetto approvato, dovrebbe sorgere a meno di cinquanta metri della basilica di Bonaria, considerato dai più uno dei beni identitari della città. Il «sì» del consiglio comunale è arrivato martedì in «seconda convocazione», il che significaca che l’approvazione è stata possibile anche con soli 15 voti (come è stato). A niente sono servite le proteste dell’opposizione che ha pure abbandonato l’aula assembleare con l’intento di far mancare il numero legale (ma senza risultato). «Ancora una volta il Comune ha deciso di non ascoltare le richieste dei cittadini, espresse anche con una racconta di millecinquecento firme di protesta contro questo nuovo edificio», ribadisce Andrea Scano (consigliere comunale del Pd e vice presidente della commissione all’Urbanistica).
Per la maggioranza si tratta, invece, «di un atto dovuto». Secondo Massimiliano Tavolacci (consigliere dell’Udc e presidente della commissione all’Urbanistica), «nel 2006 il consiglio municipale aveva dato parere preventivo positivo. A questo punto e dopo che tutti gli enti interessati, avevano fornito il loro assenso, un diniego del Comune avrebbe comportato certamente l’impugnazione da parte del privato. Ora vi saranno i sessanta giorni per le osservazioni, ma senza elementi oggettivi (di contrasto con le norme), si arriverà all’approvazione definitiva. L’amministrazione, eventualmente, non doveva dare il sì del parere preventivo».
Tuttavia, spiega Ninni Depau (capo gruppo del Pd in consiglio comunale), «bisogna innanzi tutto sottolineare la responsabilità della precedente assemblea, sempre guidata da Emilio Floris, che aveva dato quel primo assenso. In secondo luogo vi sono sempre altre possibilità, come quelle compensative, ad esempio. In altre occasioni, per impedire la costruzione in un determianto luogo, l’amministazione ha proposto soluzioni di questo tipo. La realtà è che manca la volontà politica per farlo: le scelte della Giunta e della maggioranza di centrodestra puntano a occupare tutti i vuoti urbani: non possiedono alcun discorso di riqualificazione degli spazi vuoti in luoghi collettivi».
Inizialmente, nella fase di adeguamento del piano regolatore (Puc) a quello paesaggistico (Ppr), era stata posta una fascia di protezione di cento metri per 82 beni paesaggistici, alla fine diventati 28. Mentre quelli identitari (già numericamente inferiori) vennero fortemente sfoltiti e la basilica di Bonaria non fu inserita. Il problema, però, informa Corti, «è soprattutto culturale e la difesa dei beni paesaggistici dovrebbe essere una priorità. La questione non va legata alla singola possibile costruzione, ma al contesto nel quale si opera. In questo senso l’area della basilica e di via Milano presenta un sistema di ville e di elementi architettonici e di paesaggio che andrebbero valorizzati e non penalizzati». In effetti «in Sardegna abbiamo fatto passi avanti in termini teorici, come dimostra il discorso paesaggistico, mentre siano indietro in quelli di urbanistica applicata in cui seguiamo ancora il vecchio decreto Floris. Non sappiamo mediare tra economia e cultura: dobbiamo fare molta strada».
La cultura del paesaggio non è ancora molto diffusa, soprattutto nella classe dirigente: «In questo quadro c’è molta ignoranza - sottolinea Carlo Aymerich, già preside della facoltà di Architettura di Cagliari - ma e in relazione al caso della costruzione da realizzare vicino alla basilica di Bonaria (e al di là del progetto), è ncessario dire che bisognerebbe ascoltare il parere degli abitanti della zona. Millecinquecento firme sono tante. A Londra, ad esempio, l’opinione dei cittadini del luogo è fondamentale per le decisioni che vengono prese sul loro territorio». Sono sempre maggiori le esperienze di democrazia partecipata che si stanno sviluppando in tutto in mondo (a partire da Porto Alegre, in Brasile) e anche in diverse realtà nazionali.
Purtroppo il caso-Bonaria «non è l’unico - continua Tiana - dall’esperienza di Monte Urpinu a Tuvixeddu, vediamo una politica contraria alla riqualificazione dei vuoti come spazi pubblici e collettivi. Al Puc era affiancato anche un piano del verde (mai attuato) che prevedeva un grande itineriario verde in grado di collegare tutti i colli della città, ma questo può essere realizzato solo se ci sono ancora i vuoti urbani (come nella cintura verde di Milano), se li si riempie non è più possibile fare niente».