Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Orsini, la prima volta nell'Isola

Fonte: L'Unione Sarda
9 marzo 2011

PERSONAGGI. Il grande attore da stasera al Massimo di Cagliari con “La Tempesta” di Shakespeare

 Un moderno Prospero tra Lynch e De Filippo
 Ma quanti anni ha Umberto Orsini? Dunque: essendo nato il 2 aprile 1934, quest'anno ne compie 77. No, perché a sentirlo raccontare tutto quello che fa e che ha in animo di fare un ventenne riuscirebbe con fatica a stargli dietro. E sicuramente non avrebbe lo stesso entusiasmo. Lo ricordate nel bianco e nero dei Fratelli Karamazov , quello che allora si chiamava sceneggiato televisivo? Sembra un secolo fa. Ma gli anni sono passati solo per gli altri. Autori e registi di un parziale palmarès? Pasolini, Strindberg, Pinter, Visconti, Fellini, Patroni Griffi, Ronconi.
Ora, per il circuito Cedac, arriva in Sardegna, al Massimo di Cagliari (da oggi al 13, ore 21, domani anche una pomeridiana alle 17, domenica alle 19) e a Sassari al Verdi (15 e 16 marzo) con La Tempesta di Shakespeare nella visione e regia di Andrea de Rosa. Lui è Prospero, Rolando Ravello è Calibano, Rino Cassano è Ariel, Francesco Silvestri Alonso, Enzo Salomone Gonzalo. Intanto, non bastasse, lavora all' Arturo Ui di Brecht che debutterà all'Argentina di Roma e prova, tutti i giorni, la rappresentazione shakespeariana che porta ormai in giro da 200 date. E questo pomeriggio, alle 18, incontra il pubblico nella Sala Ersu di Cagliari, corso Vittorio Emanuele 68. Sembra caricato a molla.
Ma riposa?
«Mi rilasso correndo al mattino presto oppure giocando a tennis che è la mia vecchia passione. In Sardegna ci sono già le belle giornate, magari riesco a fare una partita all'aperto. Altrimenti…ci sono strutture al chiuso?».
Credo di no. Però non è mai stato in Sardegna...
«No, è la prima volta e sono contento perché diversi colleghi mi dicono che il pubblico è molto attento e caloroso. Anche il mio amico Massimo Moratti mi ha detto che mi troverò bene. Mi piace che la prima volta sia proprio con un lavoro come “La Tempesta”».
Perché?
«Perché è uno degli spettacoli più belli che abbia mai fatto».
Non si dice così sempre dell'ultimo lavoro?
«No, è che io in realtà non amavo molto questa commedia, e invece questo adattamento ha suscitato una certa fascinazione e accettando ho accettato una sintesi di grande impatto e di enorme coinvolgimento emotivo. Già nell'originale è uno dei testi più ambigui, c'è tutto il dualismo dell'uomo diviso tra ragione e impulso, tra istinto e cultura, magia e realtà. Qui è tutto ancora più evidente».
Avete usato più le forbici o la colla?
«Lo abbiamo sfrondato di cose che hanno fatto il loro tempo, certo barocco che andava bene allora ma che oggi appesantisce e inibisce la grande forza delle suggestioni che evoca. Un linguaggio metateatrale, se vogliamo o, per fare un riferimento cinematografico, potrei citare David Lynch».
Di citazione in citazione. È vero che c'è Eduardo?
«C'è un riferimento e un omaggio a De Filippo perché lui fece una traduzione dell'opera in napoletano che venne rappresentata con dei burattini. Ci siamo rifatti anche a quella traduzione».
Accettare la parte è stata anche una sfida?
«Un po'di gusto c'è. Per me l'arte figurativa e visiva non ha bisogno di spiegazioni o di dire tutto: a volte è sufficiente farsi sedurre dalle emozioni senza cercare il dettaglio. Voglio testi che non siano un raccontino fatto e finito o una favola compiuta. Queste le lascio alle narrazioni trombonesche».
Allude a...?
«Nessuno, solo che io non sono un vecchio trombone».
GIUSEPPE CADEDDU