INTERVISTA. Parla il presidente dell'Agenzia di sviluppo sciolta venerdì dalla Giunta
Vargiu: non ci hanno mai detto che cosa dovevamo fare
«L'Ask un carrozzone mangiasoldi? No, una società che poteva essere utile e che qualcuno ha voluto affossare».
Angelo Vargiu, ex presidente dell'Agenzia di sviluppo Karalis sciolta venerdì con una delibera della Giunta comunale a tre anni e mezzo dalla sua nascita, ora è un uomo libero. E dice di volersi levare qualche sassolino dalla scarpa. «Per anni abbiamo scritto decine e decine di lettere agli assessori alla Programmazione. Prima per chiedere che ci assegnassero progetti poi, quando ce ne hanno assegnati due con i relativi fondi per 600 mila euro, abbiamo scritto perché non potevano essere attuati e chiedevamo chiarimenti. Non ci hanno mai risposto. Il risultato è che siamo stati sciolti con ignominia. Ma noi, sia chiaro, non abbiamo alcuna responsabilità».
Per raccontare la storia di quella che è difficile non definire una macchina mangiasoldi, una società che non ha prodotto un solo posto di lavoro né piani di sviluppo, Vargiu parte da lontano. Da quando il sindaco Emilio Floris gli chiese di dimettersi da assessore alle Politiche sociali del Comune per far posto ad Anselmo Piras. Vargiu obbedì, ma doveva essere in qualche modo risarcito. Il modo che il sindaco trovò fu attivare l'Ask. L'Agenzia di sviluppo era nata nel 2003 ma non era mai stata resa operativa. Avrebbe dovuto creare imprese e occupazione e promuovere lo sviluppo della città con i fondi del Piano straordinario del lavoro.
Nel 2007 Floris e Ugo Cappellacci, allora assessore alla Programmazione, decidono di dargli gambe con una dotazione di 150 mila euro. Nel maggio di quell'anno viene costituito il consiglio di amministrazione di cui facevano parte Vargiu, Susanna Melis (formatrice professionale) e Nicola Orani (ingegnere). L'ex assessore viene nominato presidente. La sede è nell'ex distilleria di Pirri, due stanze. Floris nomina un direttore generale, l'ex consigliere comunale di Forza Italia Saverio Ferrante, e vengono assunti due dipendenti part time tramite un'agenzia di lavoro interinale. I compensi sono fissati in 10 mila euro lordi all'anno per i consiglieri, 60.195 euro lordi all'anno per Ferrante, nessun compenso per il presidente.
Dunque, vi insediate e che cosa fate?
«Siccome conoscevamo solo gli indirizzi di massima per cui era nata l'agenzia chiediamo al Comune di darci indicazioni più precise».
E vi arrivano?
«No, niente».
E quindi che cosa fate?
«Elaboriamo studi, prendiamo contatti con possibili partner come il Cacip, l'Istituto per il commercio con l'estero, la Sfirs, l'Autorità portuale. Nel frattempo continuiamo a scrivere all'assessore e al sindaco perché ci diano una missione».
E loro vi rispondono?
«No. Posso documentare con un carteggio alto così che abbiamo fatto molte proposte».
Ma qualche progetto risulta vi sia stato assegnato.
«Solo a metà del 2008, un anno dopo l'insediamento, ci assegnano due progetti. Uno si chiamava “Seed venture capital” ed era finalizzato a sostenere imprese innovative con il nostro ingresso nei capitali sociali e un sostegno finanziario sino a 30 mila euro, il secondo, “Basic” avrebbe dovuto favorire l'insediamento di nuove imprese nell'area industriale del Casic».
Progetti finanziati con quanti soldi?
«Il primo con 400 mila euro, il secondo con 200 mila».
E come andò?
«Le direttive erano molto generiche, ma ci impegnammo per cercare di concretizzarli. Poi sorsero problemi».
Di che genere?
«Ad esempio, per entrare nel capitale delle imprese ed erogare i 30 mila euro dovevamo richiedere agli imprenditori garanzie reali».
Cioè fare da banca?
«Più o meno, infatti non funzionava. Per questo chiedemmo lumi all'assessorato alla Programmazione, ma nessuno ci ha mai risposto».
Quindi quei 600 mila euro non li avete mai spesi?
«Esatto. Infatti quando si dice che abbiamo “mangiato” 860 mila euro in meno di quattro anni è falso: quei 600 mila euro sono ancora in banca».
E gli altri 260?
«Quasi tutti sono stati utilizzati per pagare il direttore, pochi per i consiglieri, qualcosa per le attrezzature».
Insomma, è sempre colpa del Comune, mai vostra.
«Noi abbiamo fatto tutto quello che dovevamo fare, abbiamo continuato a scrivere. Avevamo proposto di occuparci dei De Minimis, della gestione del Museo dell'impresa di Pirri, dell'attuazione del piano strategico, ma evidentemente davamo fastidio».
A chi?
«Probabilmente toglievamo potere politico a qualche assessore».
Chi?
«Non spetta a me dirlo».
E il sindaco, che l'ha indicata, non le ha mai detto nulla?
«Credo che abbia fatto di tutto per risolvere il problema».
E i bilanci? Ve li hanno contestati sia nel 2008 che nel 2009.
«Hanno sempre avuto il via libera dei nostri sindaci e di un consulente commercialista che si chiama Antonello Melis».
L'attuale assessore alla Programmazione?
«Sì. Infatti da quando è arrivato al Comune ha avuto come obiettivo quello di sciogliere l'Ask».
Normale, visto che i revisori dei conti del Comune hanno rilevato criticità formali e sostanziali e configurerebbero un danno erariale.
«Le criticità sono state evidenziate dai revisori del Comune, non dai nostri, e il rischio di danno erariale lo abbiamo segnalato noi per primi perché ci hanno dato soldi senza fornirci compiti reali».
C'è anche un'inchiesta della Procura nata da un esposto dell'ex segretario generale del Comune.
«È stata archiviata».
Mi scusi, se non vi facevano fare nulla perché non vi siete dimessi prima?
«Credevamo nel progetto».
FABIO MANCA