Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Il muro, un affronto alle lotte dei sardi

Fonte: L'Unione Sarda
22 febbraio 2011

l'intervento La protesta contro la Capitaneria
di Emanuele Sanna *  
Appena posso, da qualche anno, faccio un'ora di passeggiata a passo veloce nella mia città. Il lungomare e i moli del porto storico sono il mio percorso preferito. All'alba o al tramonto incontro concittadini di ogni età e condizione sociale che cercano di mantenersi in buona salute camminando, pedalando, correndo con gli amici o con i loro cani e respirando l'aerosol benefico del Golfo degli Angeli.
Il Porto è oggi più accogliente e più sicuro e i cagliaritani lo stanno riscoprendo e rifrequentando dopo decenni di divieti e barriere che ne impedivano una piena fruizione sociale. Sul fronte mare di via Roma convivono finalmente le barche della piccola pesca e quelle da diporto e l'approdo turistico incomincia ad assumere un ruolo di rilievo nella vita e nell'economia cittadina. Lo spostamento delle navi passeggeri e dello scalo merci verso i moli di ponente non consentono più il libero accesso in un'ampia parte del Porto ma la misura è giustificata dall'esigenza di garantire adeguati controlli doganali e di sicurezza.
Meno giustificabile appare invece la prolungata chiusura con un invalicabile cancellata del molo Ichnusa dove campeggia la grande “vela” della nuova e vuota stazione per le navi crociere che non possono ancora attraccare per le misteriose quanto intollerabili procedure delle opere pubbliche italiane. Perché l'Autorità Portuale in attesa che si abbassi il fondale non restituisce ai cagliaritani e ai sardi quella meravigliosa piattaforma sul mare? Quel cancello quasi sempre chiuso cosa deve custodire? Qualche nave militare che dovrebbe proteggersi da sola o le gigantesche draghe ferme in attesa che si completi la passerella davanti alla Marina Militare per ricongiungersi al lungomare di Viale Colombo?
Cagliari si sta riappropriando del suo porto e dopo tante battaglie culturali e civili per riaprire la porta e la piazza del mare appare anacronistico e inaccettabile che la Capitaneria di porto, un organo periferico dello Stato, senza alcuna concertazione istituzionale, bypassando Comune, Regione e Soprintendenze per i beni culturali e paesaggistici decida unilateralmente di chiudere con un muro di cemento armato un tratto prezioso di lungomare nel centro storico della città.
Andavo a passo veloce anche quella mattina dello scorso autunno quando ho visto spuntare i primi pilastri di cemento attorno alla sede che ospita il Comando della Guardia Costiera e ho ingenuamente pensato che fosse un intervento di manutenzione o di abbellimento di quel brutto edificio in attesa del suo abbattimento e trasferimento, come prevede il Piano regolatore del Porto.
Poi ho avuto un brutto risveglio, i pilastri di cemento e il muro sono cresciuti in un largo perimetro fino a chiudere tutta la banchina e la continuità del lungomare. Incredibile ma vero! Dopo tante battaglie dei sardi per ridurre il peso delle servitù militari e dei cagliaritani per riappropriarsi di pezzi fondamentali del proprio territorio sottratti per decenni agli usi civili e alla fruizione collettiva, nel cuore della capitale della Sardegna stava sorgendo, come una escrescenza, una nuova brutale Servitù.
Nel salotto buono della città una propagine dello Stato si ritaglia un suo cortile privato con tanto di muro e cancello elettrico! Neanche un cartello per indicare la natura del progetto e i responsabili del cantiere. Neanche una domanda o un parere negli uffici delle amministrazioni pubbliche locali.
Ho chiesto ai nostri rappresentanti nelle assemblee elettive, senza distinzione partitica, di accertare la genesi e le motivazioni di questa mostruosità. La stampa ha raccolto il segnale d'allarme e sta veicolando una feconda campagna di sensibilizzazione dalla pubblica opinione.
“Il muro delle chiudende” statale va avanti con ottusa protervia ma cresce per fortuna anche un fronte ampio di mobilitazione e di rigetto nella cittadinanza e nelle forze autonomistiche.
La partita è riaperta e c'è da sperare che da questa piccola ma emblematica vicenda venga un segnale di risveglio e una concreta testimonianza che non siamo più disponibili a piegare la testa quando è minacciata la sovranità democratica nel governo del nostro territorio.
* Presidente Comitato Sardo Paesaggio

22/02/2011