DOMENICA, 10 AGOSTO 2008
Pagina 1 - Cagliari
La giunta ribadisce che ha allo studio un provvedimento urgente per bloccare i nuovi lavori
L’odissea del colle e della necropoli è cominciata nei primi anni Novanta
TUVIXEDDU Un monumento senza pace
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CAGLIARI. Su Tuvixeddu, alla Regione sono stati presi in contropiede. Che la famiglia Cualbu fosse intenzionata a riprendere i lavori era risaputo. Ma che lo facesse a tamburo battente, subito dopo le ferie estive, il 25 agosto, non era affatto scontato. La Regione da parte sua non rilascia dichiarazioni in quanto, fa capire, che la vicenda non va vista come uno scontro con Cualbu ma come un intervento di tutela paesaggistica del colle. Ma ribadisce anche che gli assessori competenti stanno studiando una delibera che permetterà di affrontare l’emergenza: sulla base della legge urbanistica, blocco di tre mesi di tutti i lavori su Tuvixeddu, in attesa della nomina della nuova commissione regionale al Paesaggio che riaprirà l’istruttoria per il vincolo a tutto il colle.
Da parte della Coimpresa (che fa parte del gruppo Cualbu), la decisione di riprendere i lavori è un modo per dire che il diritto è dalla sua parte. Soprattutto dopo la sentenza del Consiglio di Stato, che ha respinto il ricorso presentato dal governo dell’isola con argomentazioni che ricalcano, in parte, il precedente pronunciamento del Tar. In particolare ha confermato l’annullamento di tutte le procedure che avevano portato all’allargamento del vincolo su Tuvixeddu, bacchettato la Regione (rifacendosi al Codice Urbani) per il mancato coinvolgimento del Comune e ribadito il «sintomo di grave eccesso di potere sotto il profilo dello sviamento» in rapporto all’acquisizione (come riferimento per la riqualificazione del colle) del progetto del paesaggista Gillés Clement.
La storia ruota attorno alle modalità di tutela - archeologica, ambientale e paesaggistica - della necropoli punico-romana (la più grande del Mediterraneo) che si trova sul colle di Tuvixeddu. Questo dibattito iniziò nei primi anni Novanta del secolo scorso, quando venne fatta la prima proposta di intervento da parte dell’impresa, con una volumetria notevolmente superiore all’attuale. Poi vi fu la dialettica con gli ambientalisti e un gruppo di autorevoli intellettuali (con l’archeologo Giovanni Lilliu e il letterato Antonio Romagnino in prima fila) che gridarono allo scandalo. L’impresa rimodulò il progetto riducendo sensibilmente la quantità di edificazioni (in quegli anni si parlava di seicentomila metri cubi). E così si arrivò al 2000, quando venne firmato l’accordo di programma tra Regione, Comune e Coimpresa per una lottizzazione integrata: un parco archeologico-ambientale di circa venti ettari e una serie di edificazioni (circa 400 appartamenti) in un altro punto del colle (a lato di via Is Maglias). Poi, dalla fine del 2006, c’è stato l’intervento della Regione per l’allargamento del vincolo a tutto il colle. Azione, questa, decisa sulla base del Ppr e delle considerazioni paesaggistiche del Codice Urbani (la legge nazionale, approvata nel 2004, sui beni culturali) che amplia il concetto di tutela al paesaggio, inteso come valore culturale e non commercializzabile.
Oggi, però, la situazione non sembra facile da risolvere. In periodo non sospetto l’assessosre regionale Maria Antonietta Mongiu (Cultura) suggerì di sedersi attorno a un tavolo, anche con Cualbu, per arrivare a una transazione. (r.p.)