Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

Una mutevole «Bothanica» che ipnotizza e fa sognare

Fonte: La Nuova Sardegna
9 febbraio 2011

Nei giorni scorsi al Comunale di Cagliari




GABRIELE BALLOI

CAGLIARI. Natura, sogno e poesia. Pochi come Moses Pendleton riescono a racchiudere in ogni nuova creazione un così vasto e fantasmagorico universo di ispirazioni. Come nei racconti di J.L.Borges, l’infinito e il molteplice sono condensati in tempi e spazi che quanto più son ristretti più risultano intensi. La sua ultima magia, «Bothanica», messa in scena dai suoi Momix per una settimana di repliche “sold out” al Comunale ha lasciato in chi l’ha visto più di una emozione. Chiave dello spettacolo è il costante mutamento, in nome del quale s’infrangono le naturali barriere fra realtà e immaginazione, dice Pendleton. E in effetti il motivo conduttore pare essere quello dell’ibridazione, dell’ambiguità e soprattutto delle metamorfosi; lo spirito visionario di Apuleio, Ovidio, perfino il «De rerum natura» di Lucrezio, sembrano incarnarsi in questo cangiante “giardino”. Una rosa bianca proiettata sul sipario e poi su uno sfondo nero, per tornare alla fine a chiudere idealmente un cerchio: simbolo d’una tela a più strati da sfogliare, riempire, colorare, un’allegoria del mondo come insieme di petali indissolubilmente legati uni agli altri. Cosicché, nella rappresentazione il regno vegetale non è certo l’unico a essere esplorato. Come nel celebre «Codex» di Luigi Serafini tutto si fonde e confonde, il minerale sfocia nell’umano, la flora si traduce in fauna, l’animato va sfumando nell’inanimato e viceversa. Pendleton sembra dirci che ogni cosa esiste in tutte le cose. E attraverso questa prospettiva onirica e olistica, realizza o trascende l’ideale wagneriano dell’opera d’arte totale: la danza in primis, con i corpi fra accelerazioni spasmodiche e rallentamenti ipnotici, l’imitazione di movenze animali o piante, quasi come “onomatopee coreutiche”, surreali sculture e architetture in movimento, e poi luci, costumi, scenografie che producono una pittura teatrale, proiezioni video e, non ultima, la musica raffinata, giocata sul genere dell’ambient-drone, glitch o elettronica minimale, in cui s’inseriscono oltre ai versi e ai rumori della natura, anche alcuni brani di Gabriel, Gerrard, qualche incursione nella world music e nella classica (Vivaldi). «Bothanica» è opera ambiziosa e incantevole suddivisa in due parti, ciascuna con un nome poetico e geniale: Winter Spring, e Summer Fall.