Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

«Città brutalizzata dai restauri»

Fonte: La Nuova Sardegna
3 febbraio 2011


Morittu: da via San Saturnino al Fossario ignorata la Carta di Gubbio

Qui piace trasformare ciò che è antico e sobrio in una parodia di se stesso

ALESSANDRA SALLEMI

CAGLIARI. Quali sono i luoghi di Cagliari che meriterebbero un’attenzione culturale? «Sono circa dieci e mi guarderò bene dall’elencarli, casomai in Comune fossero d’accordo e decidessero di valorizzarli...»: la risposta glaciale è di Maria Paola Morittu, responsabile regionale di Italia Nostra per i beni monumentali, prontissima, invece, a elencare gli scempi.
«A Cagliari, quando si ricordano di qualcosa e la valorizzano è la volta che la distruggono»: Maria Paola Morittu ha condotto battaglie per la salvaguardia di monumenti e angoli suggestivi e nella sua agenda personale ci sono più croci che bandiere. «Si guardi al camminamento tra i Giardini pubblici e Buoncammino: l’hanno trasformato in un monumento di cemento armato con 23 punti luce. Era bellissimo così come il tempo l’aveva lasciato, con la curva che si apriva sul golfo. Giusto mettere un passaggio per i disabili: si poteva fare una passerella leggera di legno». Dall’altra parte del colle c’è l’anfiteatro romano coi suoi dieci anni in cui il Comune ha cercato tutte le strade per non togliere le tribune di legno: «Hanno paura di toglierle - commenta Morittu -, per piantarle hanno forato la roccia, quello che viene fuori è la distruzione del monumento. Dall’aereo quel che hanno fatto si vede in modo impietoso». Le scalette di via San Saturnino, la cosiddetta via degli innamorati sotto Terrapieno: «Cancellate. Erano di pietra bianca, la pietra di Cagliari, erano appena accennate, seguivano la strada, portavano i segni del tempo: ci hanno messo scale nuove con il nuovo selciato sul quale si scivola senza rimedio. Hanno messo un selciato unico, finto, quando sotto l’asfalto c’erano i vecchi materiali. Un’operazione che ha snaturato anche il tessuto sociale: tanti anziani che ci abitavano non erano in grado di stare per un anno in una strada ridotta a fanghiglia, i parenti li hanno trasferiti nelle case di riposo, alcune abitazioni sono state vendute, ristrutturate e messe in vendita a cifre folli, come nel resto di Villanova dove è stato steso quel selciato fasullo e le case, comprate a prezzi stracciati...». Il teatro civico di via Università: «Come tanti restauri di Cagliari ha l’intonaco di cemento, un errore madornale visto che gli edifici sono di tufo, pietra che non sopporta un solo centimetro di cemento perché deve ‘respirare’. Gli edifici vecchi erano intonacati a calce... ora la patina di cemento si stacca e guardate le condizioni delle pareti». Via del Fossario: «E’ diventato un angolo bruttissimo, fa male vedere che come l’hanno trasformato, ci sono le foto vecchie in un libro pubblicato dalla Ilisso, e, più avanti, la piazzetta Belvedere vittima di un cosiddetto restauro enfatico, che mette in evidenza le orditure murarie: va bene se queste erano a vista, ma se non c’erano è un falso». In via Canelles: «In un palazzo hanno applicato un cornicione di polistirolo dipinto che si sbriciola a ogni colpo di macchina, lì c’erano le case medievali, lisce, con gli spigoli vivi, un’edilizia sobria, come in gran parte della città, ecco, a Cagliari si trasforma l’antico vero in una parodia di se stesso, con le volte a vista, le pietre a vista, anche se non c’erano, si inventano perché ‘fanno antico’. Si ignora totalmente la Carta di Gubbio sul restauro, si segue il gusto personale, che nella maggior parte dei casi è cattivo gusto». Cos’è il cattivo gusto? «Il finto. Lawrence è molto citato, ma bisogna citarlo ancora: disse che Cagliari era un gioiello d’ambra e di rosette (diamanti), per i colori dovuti alla pietra e alla luce e invece vediamo la gara a dipingere di rosa antico i palazzi, o di verde pistacchio come la prefettura. Cagliari non ha grandi monumenti, ha scorci, panorami, luoghi di suggestione, questa è una città dove la natura è protagonista. Andate in via Bainsizza, o a Tuvumannu che adesso è pieno di iris, accanto c’è una discarica: un altro metodo cagliaritano per dire che bisogna costruire. Si fa andare in malora un luogo e poi lo si ‘recupera’. Come Tuvixeddu o la cementeria: non c’era bisogno di un parco con le fioriere nè dei palazzoni davanti allo stagno».