Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

Pd, sconfitta senza responsabili

Fonte: La Nuova Sardegna
1 febbraio 2011

Dopo il tracollo di domenica si apre tra molte difficoltà un dibattito ai vertici del partito


Lai: «Cabras scelto da tutti». E accusa la scarsa partecipazione

CAGLIARI. La sconfitta del Pd alle primarie di Cagliari è di quelle pesanti. Il gruppo dirigente aveva schierato uno dei big, Antonello Cabras, 61 anni, ingegnere, un curriculum politico davvero importante, (senatore, ex presidente della Regione, segretario del Psi, poi dei Ds e del Pd), ma il popolo delle primarie ha preferito Massimo Zedda, consigliere regionale di Sel che ha appena compiuto 35 anni. Una sorpresa per tutti a cominciare dallo stesso gruppo dirigente del Pd: «L’errore è stato dare per scontato l’esito della partita», afferma il segretario Silvio Lai.
Il giorno dopo la vittoria del candidato di Vendola si è accesa nel Pd la discussione interna che culminerà lunedì 7 febbraio nella riunione delle direzione regionale: la prima occasione ufficiale per uno scambio di vedute che potrebbe lasciare strascichi e nuovi veleni sul piano regionale. La difesa messa in campo ieri in un’affrettata conferenza stampa dal segretario Silvio Lai, la presidente Valentina Sanna e i responsabili cittadini, si è basata su due punti: 1) la candidatura di Antonello Cabras era la migliore e soprattutto era stata decisa all’unanimità da tutto il gruppo dirigente; 2) la causa della sconfitta è racchiusa nei dati sulla bassissima partecipazione al voto, (5.629 votanti, poco più degli elettori delle primarie di Carbonia, 4.908, la metà dei precedenti partecipanti alla competizione dell’ottobre 2009).
«Esiste un caso Cagliari», spiega Silvio Lai, «ma non un caso Pd perché a Capoterra, Monserrato e Carbonia non abbiamo avuto problemi e la partecipazione al voto è raddoppiata. Siamo invece molto delusi per Cagliari e dobbiamo riflettere: ora la parola e i passi successivi saranno decisi dalla coalizione». Una frase che lascia presagire che sul nome di Zedda, nonostante l’esito delle primarie, si possa aprire una nuova fase di riflessione. A coloro che parlano di possibili dimissioni, Lai precisa: «Il mandato di tutti è sempre a disposizione ma vi ricordo che la scelta di Cabras è stata unanime. Se c’è stata una lettura sbagliata della classe dirigente del partito che per tre votazioni aveva espresso il nome di Cabras, sarà la prossima direzione a decidere sul da farsi». Decisione non solo condivisa da tutti e cioè anche dalla componente di Renato Soru, ma anche benedetta dalla segreteria nazionale.
La riflessione interna s’è iniziata subito perché non è stata considerata accettabile la tesi ribadita dal segretario cagliaritano Yuri Marcialis per il quale «i nostri elettori sapevano che il Pd aveva un solo candidato e perciò hanno ritenuto che non fosse indispensabile recarsi alle urne». Dalla base sono stati sollevati due problemi: il Pd a Cagliari ha 800 iscritti e non sembra possibile che il gruppo dirigente non abbia percepito il loro umore. La candidatura di Cabras, ex acerrimo nemico di Soru dai tempi delle lotte per il controllo della segreteria del partito, è avvenuta grazie alla ricomposizione della pace al vertice effettuata dai big; una pace che però non ha mai convinto del tutto la base del Pd. Eppure sarebbe bastato controllare i social network per vedere che il consenso di cui godeva personalmente l’ex presidente Soru non era «esportabile» su altri candidati nonostante ci fosse stato l’assenso dello stesso Soru. Insomma sul nome di Cabras stava riemergendo la spaccatura del Pd sardo.
C’è stato fuoco amico? Silvio Lai stronca ogni polemica: «Non scherziamo»! Non esiste che ci siano stati tradimenti». Ma il Pd oggi sembra più una somma di idee e di linee che un’unità progettuale. «C’è un problema complessivo di tenuta del partito e di linea politica», afferma Francesca Barracciu di Area Democratica, «è evidente che ci sono delle responsabilità importanti che vanno analizzate e mi auguro si faccia al più presto. Valter Veltroni nel febbraio 2009, quando il centrosinistra uscì sconfitto nelle regionali sarde, non esitò a dimettersi».
Nella riflessione avviata, c’è anche chi pone il problema delle primarie che all’inizio erano uno strumento non di scelta ma di mobilitazione e di legittimazione popolare: basti pensare ai quattro milioni di italiani che nel 2005 votarono per Prodi, in realtà candidato unico. Il ruolo di queste consultazioni è mutato perché - a vedere bene gli ultimi casi nelle altre regioni - sono usate per abbattere oligarchie e dare una scossa interna. «Le primarie a Cagliari hanno una valenza regionale e nazionale. È una sconfitta pesantissima», sostiene Giampaolo Diana, consiglie regionale del Pd, «ridurre le responsabilità alla sfera cittadina mi sembra riduttivo, ma i diversi livelli che hanno giocato un ruolo importante devono essere gli stessi ad assumersi la responsabilità di aprire una discussione vera».
L’impressione è che comunque vada a finire la partita per la candidatura a sindaco di Cagliari, si apra nel centrosinistra sardo una fase nuova. Il Pd deve metabolizzare la sconfitta che potrebbe sancire un’altra spaccatura con la componente dell’ex Margherita. E sul candidato di Vendola: «Dobbiamo essere coerenti e appoggiare il vincitore», assicura Silvio Lai che aggiunge: «La palla torna alla coalizione comunale; lì ci saranno i passaggi successivi: alle primarie non hanno partecipato Idv e Federazione delle sinistre».
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