Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Cagliari, dura la vita delle polisportive

Fonte: L'Unione Sarda
26 gennaio 2011

Migliaia di tesserati sono sempre più abbandonati a se stessi
Hanno fatto notizia per i guai, non per le vittorie o le sconfitte, che hanno dovuto risolvere: la Rari Nantes non aveva pagato la bolletta della luce, l'Esperia dell'acqua, l'Aquila ha il problema della sabbia del campo da beach volley da rimuovere sul centrale, l'Amsicora è da anni che si chiede che cosa farà da grande, se continuerà cioè a essere quello che è stato per un secolo o diventare qualcos'altro. No, come le stagioni anche le polisportive che hanno fatto grande Cagliari non sono quelle di una volta. Gli anni iniziano a farsi sentire: soltanto vedere l'Amsicora (che ha vinto decine di scudetti, sul prato, nell'indoor, giovanili, uomini e donne) giocare in A2 è un segnale che qualcosa è cambiato. E l'Olimpia, che aveva generato il Brill, è stata rifondata dopo il fallimento: non è diventata Nuova Olimpia altrimenti l'avrebbero scambiata per un cinema.
Il problema più serio sembra essere quello degli impianti: c'è chi li ha (Aquila, Esperia, Amsicora, Rari Nantes e sono anche un patrimonio di tutta la comunità) e chi invece no, ma vorrebbe costruire un proprio nido, in tutti i casi avrebbero bisogno di una radicale ristrutturazione. L'Aquila l'ha appena fatta risistemando il vecchio “pallone” che aveva una quarantina d'anni. La Rari Nantes ha qualche idea un po' più ambiziosa (alla Cellino: abbattere la vecchia sede e costruirne una più moderna e capiente), l'Esperia ha gli stessi impianti ormai logori - costruiti da Mario Siddi - scomparso nel 1980.
Costi esagerati, nel momento in cui gli enti pubblici chiudono i rubinetti e gli sponsor privati non hanno ci sentono da quell'orecchio. La Rari Nantes, tanto per fare un esempio, ha uno sponsor (la Blue Shark) che altro non è che l'azienda del presidente Marco Isola, dunque tutto casa e chiesa. Il Comune non ha fondi da destinare a quel tipo di società, i contributi della Regione servono a malapena a coprire i crescenti e talvolta esagerati costi della prima squadra (un campionato di A2 di pallanuoto, di B1 di pallavolo o di B2 di pallacanestro costa non meno di 250.000 euro, forse qualcosa di più). Difficile reperire contributi privati, basta un dato, al di sopra delle parti perché non cagliaritano: la Dinamo Sassari, serie A1 di basket, non ha un marchio sulle magliette. È l'unica squadra di A1, A2 e A1 femminile: possibile?
Il movimento, a livello di tesserati, è vastissimo (e società come Rari Nantes ed Esperia che hanno la piscina garantiscono alla popolazione non agonistica anche un servizio sociale impagabile): ma il movimento stesso è sensibilmente ridotto rispetto a qualche decennio fa perché la crescita della popolazione è zero e la concorrenza di altre discipline e di altre “discipline” è diventata spietata.
Un po' di cifre: all'Esperia gravitano, tutto compreso, 1.665 persone, la Rari Nantes ne ha oltre 600 (di cui 200 semplici soci), l'Alfieri volley sfiora le 200 tesserate, il doppio dei cuginetti dell'Augusta (ma si sa che la pallavolo è disciplina soprattutto femminile), un centinaio di tesserati è anche la quota dell'Aquila, sezione basket. Polisportive come Esperia (pallacanestro, atletica e nuoto) e Aquila (pallacanestro, pallavolo, atletica e nuoto) - tutte di buon livello - sono oggi impensabili, quasi anacronistiche. Sulle società, poi, che come Rari Nantes e la stessa Aquila hanno messo radici su terreni pubblici-demaniali, pesa sempre il macigno che di ospiti si tratta, in teoria può esser chiesto loro di togliere il disturbo al termine delle concessioni che ormai sono annuali e c'è anche qualcosina in più da pagare, i canoni una volta erano vicini allo zero, oggi non più. L'esempio più eclatante resta il Palazzetto per il quale l'Unione Sportiva Cagliari (figlia dell'Olimpia, sponsorizzata Brill) aveva pagato un canone simbolico di 1.000 lire per ventinove anni, dal 1968 in poi.
Il mondo sta cambiando: Esperia e Aquila, che in tempi diversi sono state squadre leader del movimento cittadino, avevano avuto - grazie alle felici intuizioni dei loro fondatori - impianti propri sui quali poter crescere. Oggi invece le due squadre leader di pallacanestro (Russo, B2) e pallavolo (Augusta, B1) non hanno un campo proprio. Quello di via Rockefeller oggi è pubblico, viene affittato al miglior offerente: le squadre di basket e volley, in qualsiasi momento, devono sbaraccare se c'è una gara di danza, un concerto o una convention a sfondo politico e religioso. «Cagliari - ha detto una volta Gigi Riva - ha gli stessi impianti di quando abbiamo vinto lo scudetto». Parzialmente vero: la piscina di Terramaini non c'era ma oggi è un dramma riuscire a gestirla (apre e chiude con irrisoria facilità), la palestra della boxe a Monte Mixi, poi, è diventata da anni una discarica e nessuno fa nulla. Peggio, nessuno ascolta. E le Polisportive piangono: finché non avranno più neppure le lacrime per farlo.
NANDO MURA

26/01/2011