Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

I fumetti sovietici di Igort per indagare il Male del '900

Fonte: L'Unione Sarda
23 dicembre 2010

Nei “Quaderni Ucraini” del disegnatore cagliaritano un ritratto dolente e asciutto delle carestie di Stato
Da un po' di tempo il fumetto ha scoperto un nuovo ambito, quello che con un termine forse generico e non del tutto condivisibile viene chiamato “graphic journalism” (giornalismo grafico), un termine che alcuni accostano all'idea di una narrazione realistica.
Ma il fumetto non può mai essere realmente “realistico”, almeno nel senso con cui s'intende solitamente questo termine. Si può parlare di stile realistico del disegno (di solito in contrapposizione a quello comico-caricaturale), ma in realtà quando un'immagine è riprodotta graficamente si viene a trovare su un piano che è separato dal reale, anche quando dal reale essa è stata carpita.
L'EQUIVOCO Spesso il realismo viene accostato (o confuso) con l'oggettività, che dovrebbe essere una qualità del bravo cronista: riportare i fatti in maniera corretta ed esaustiva, separando la propria opinione dal resoconto. Ma in realtà l'oggettività non esiste, perché intervengono sempre il punto di vista, la cultura, i valori, la sensibilità di chi osserva.
Nel fumetto basta una semplice inquadratura fatta in un modo, piuttosto che in un altro, il colore di una tavola o un tratto di pennello in una vignetta, e cambia completamente il significato dell'immagine e, a volte, anche del contesto in cui quell'immagine è inserita.
La verità è che, molto spesso, più si insegue il realismo e più ci si allontana dal reale.
Eppure, come per una strana alchimia, ora ci si inizia a rendere conto che proprio il fumetto, nella forma della graphic-novel e del reportage grafico, è forse il mezzo espressivo più adatto a rappresentare la realtà.
Joes Sacco ha raccontato la guerra in Bosnia e il dramma dei palestinesi nella striscia di Gaza più efficacemente di quanto siano riusciti a farlo scrittori e giornalisti. Marjane Satrapi ha descritto dall'interno la società iraniana, mostrandone all'occidente un quadro molto più attendibile di molti lavori letterari o televisivi.
Ora Igort realizza un'opera che sembra quasi suggerire un'analisi storica attraverso i sentimenti.
“Quaderni Ucraini - memorie dai tempi dell'Urss” (Mondadori - Strade Blu) è un racconto corale, una storia fatta di tante storie private, che rievocano la Storia (quella con la esse maiuscola) di una nazione come l'Ucraina, che ha vissuto un dramma immane e per troppo tempo dimenticato.
LENTEZZA Siamo all'interno di una narrazione di fatti mediata da un linguaggio “lento”, perché non ha la pretesa di raccontare in tempo reale, come i quotidiani, la televisione o Internet. Un fumetto può essere pubblicato e letto anche quando è passato un certo tempo dai fatti di cui parla, ma questa “lentezza” (non nel senso del ritmo) a volte si rivela un pregio, perché attraverso il disegno e il racconto sequenziale spesso si riesce ad andare più a fondo di altri mezzi di comunicazione, suscitando nel lettore una maggiore riflessione.
Igort racconta di essersi recato in Ucraina per realizzare una graphic-novel sulle case di Cechov. Ma il contatto con i luoghi e la gente (è stato quasi due anni in quel Paese) gli ha fatto cambiare programma. Davanti ai suoi occhi c'erano i segni di una delle più drammatiche e perverse tragedie del Novecento: le carestie provocate di proposito dal regime staliniano, che tra il 1932 e il 1934 causarono la morte di quasi un quarto della popolazione del Paese. Sette milioni di persone uccise dalla fame e dagli stenti, durante la cosiddetta “dekulakizzazione”, il genocidio dei Kulaki, i piccoli possidenti, i nemici di classe che non avevano aderito alla collettivizzazione.
Bisognava sopprimere le spinte indipendentiste dell'Ucraina, annientare la locale tradizione contadina fatta di piccoli e medi proprietari terrieri. La legge sulla “difesa della proprietà socialista” del 7 agosto 1932 puniva con la morte chiunque tentasse di rubare del grano o si impadronisse delle proprietà dei kolkoz. Erano considerati Kulaki anche coloro che avevano solo due mucche! Iniziarono le deportazioni. Nel Paese ridotto alla miseria si consumarono atrocità terribili: si racconta di cadaveri diventati il cibo dei familiari.
TESTIMONIANZA Un velo di silenzio ha coperto quella pagina di Storia, ma ci sono i documenti che attestano ciò che accadde.
L'artista del fumetto, proprio perché sa di dover rinunciare al realismo, può insistere su altri aspetti della rappresentazione. Può utilizzare metafore visive, segni metonimici, accostamenti cromatici, sovrapposizione di codici, salti temporali, cambi di registro narrativo. Il disegno non è solo descrittivo, ma anche (soprattutto) evocativo, capace di essere il miglior filtro per la sensibilità di un artista. Ancora meglio di una fotografia un segno grafico può restituire il sapore dei luoghi e descrivere l'animo delle persone.
Igort ci regala un documentario disegnato estremamente raffinato, privo di retorica, che, in qualche modo, cerca di rispondere, alle domande che si pone lo scrittore e giornalista ucraino Vassilij Grossmann in “Tutto scorre” (Adelphi, 2010), riferendosi a quell'oscuro periodo del suo Paese: “Niente è rimasto. Dove è andata a finire quella vita? Dove quelle orribili sofferenze? Possibile che non sia rimasto nulla? Possibile che nessuno paghi per tutto ciò? Ma allora tutto sarà dimenticato, senza una parola? L'erba ha ricoperto tutto”.
“Quaderni Ucraini” sembra quasi dare seguito alle invocazioni di Grossmann: quello che rimane di quella tragedia, Igort è andato a cercarlo scavando nella memoria della gente, scegliendo la strada delle testimonianze, che vengono riportate sempre con rispettoso pudore e senza tradire mai un approccio rigorosamente documentaristico. Un volume che, pagina dopo pagina, propone dell'autentica poesia visiva.
BEPI VIGNA

23/12/2010