Difficile applicare la norma. Il Consiglio chiede di accelerare le pratiche
URBANISTICA Solo 170 le domande per aumentare le volumetrie Niente via libera a chi non ha il posto auto
ELENA LAUDANTE
CAGLIARI. Il «rilancio» e la «riqualificazione abitativa» promessi dal piano casa rischiano di restare sulla carta, proclama che non creerà posti di lavoro o più stanze per tutti. Le 170 comunicazioni di inizio attività sono ferme in Comune.
Questo non per colpa dell’ufficio Edilizia privata, che in realtà si avvale di tecnici esperti e laboriosi. Ma per il modo in cui la stessa norma - divenuta legge regionale il 23 ottobre 2009 - è concepita. In sostanza, poco si adatta alle specificità del capoluogo. E visto che mancano solo 155 giorni alla scadenza per presentare le domande (maggio 2011), va da sé che quella avviata come una grande campagna di rilancio edilizio sembra più assomigliare ad un soufflé mal riuscito. A mettere i bastoni fra le ruote ai 170 cittadini che hanno chiesto di coprire la verandina o aumentare cubature ci si è messa una condizione obbligatoria: avere dieci metri quadri di superficie da destinare a parcheggio per ogni cento metri cubi di volumetrie in più. A Cagliari, soprattutto in centro, lo spazio per l’auto è un vero lusso. Alcuni comuni sardi hanno ovviato con la “monetizzazione” del posteggio, ovvero chi non ha spazio paga in proporzione alle volumetrie che vuole. Ma si può fare solo se le regole urbanistiche del comune si dota, lo consentono. Come a Quartu. Ma non a Cagliari. L’alternativa sarebbe stata apportare una modifica alla norma regionale; viale Trento l’aveva capito. Peccato che poi il Consiglio non sia stato dello stesso avviso. Forse perché comprare volumetrie che non si hanno potrebbe rompere gli argini alla cementificazione selvaggia. Da allora - primavera - siamo praticamente al punto di partenza. Quasi uno stallo. «Stiamo cercando di risolvere i problemi per quanti hanno i requisiti, e molte altre domande viaggiano più spedite perché riguardano demolizioni di edifici esistenti da ricostruire», ha spiegato il dirigente dell’Edilizia privata, Paolo Zoccheddu, riferendosi alla cinquantina di istanze presentate sempre nell’ambito del piano casa.
L’audizione di Zoccheddu era stata sollecitato dalla commissione Urbanistica presieduta dall’Udc Massimiliano Tavolacci (in foto a destra), consapevole dei malumori che circolano tra chi intendeva leggeva questa norma come la sblocca-edilizia. «Il piano ha valenza straordinaria, e una durata di due anni. Con questi ritardi si rischia di vanificare tutto», si è lamentato Tavolacci, esprimendo il disappunto di elettori e colleghi. Come Andrea Scano, rappresentante del Pd in Commissione. «Le scarse richieste inevase dimostrano che la legge era solo un modo per perseguire obiettivi demagogici e liberare le volumetrie sulle coste», ha detto in Aula dove Tavolacci ha portato la questione. Se ne è discusso martedì e mercoledì scorsi. «È emerso chiaramente - ha aggiunto Scano - anche se con varie sfumature, che il numero delle richieste per sfruttare il piano casa è basso perché i cittadini sono stati scoraggiati dalle lungaggini». Il Consiglio ha dato mandato alla commissione Urbanistica di preparare un ordine del giorno - da votare in Aula - per obbligare il Comune a correre ai ripari. «Sindaco e giunta devono prendere un impegno cogente per velocizzare le procedure di applicazione della legge 4», ha avvertito Tavolacci, consapevole che il problema vada oltre l’applicazione del piano casa. Nuovo stadio, ristrutturaziuone del vecchio ospedale Marino, ascensori del San Giovanni, hanno dimostrato che «la testa va da una parte e il piede dall’altra», riferendosi alla diversità di approccio tra organo politico e uffici.
LE POLEMICHE
Le accuse degli ambientalisti «Un modo per affossare il Ppr»
CAGLIARI. «Evidentemente una certa parte politica vuole creare, con affermazioni false sull’incostituzionalità della legge, con dicerie sulla sua inapplicabilità, un clima di allarme e di intimidazione nei confronti dei cittadini che potrebbero usufruire dei benefici della legge, creando in questo modo un danno oggettivo all’economia della Sardegna. Se per effetto di questa campagna di disinformazione, i cittadini che ne hanno diritto i cittadini non compiono i lavori a cui sono interessati significa che questi non fanno quegli investimenti che potrebbero creare posti di lavoro. Aderendo a questa campagna perversa la minoranza consiliare mostrerebbe di non tener conto dell’interesse dell’Isola, privilegiando la politica del tanto meglio tanto peggio». Così parlava nel gennaio 2010 l’ex assessore regionale all’Urbanistica Gabriele Asunis, padre della legge 4, il piano casa. Fa effetto leggere le sue parole proprio ora che la norma stenta a trovare applicazione semplicemente per come è fatta.
La legge non era nata sotto i migliori auspici, riuscendo a compattare ambientalisti, sindacati, partiti, società civili. Contro quella che veniva definita come una manovra in opposizione al piano paesaggistico di Renato Soru.
«Nel Piano casa in discussione in Consiglio si propone di rendere abitabili i seminterrati e di dare premi di volumetria persino nella fascia costiera di 300 metri», denunciavano Legambiente, Italia Nostra e il Wwf. Poi dopo l’approvazione del piano, risalente a ottobre 2009, sembrava che i comuni dovessero venire sommersi dalle richieste di privati decisi ad ingrandire le proprie abitazioni, e creare posti di lavoro. Invece dopo più di un mese nei cassetti di via Nazario Sauro (ufficio Edilizia privata) languiva una sola richiesta. (e.l.)