Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

I ricciai: «E noi apriamo lo stesso»

Fonte: L'Unione Sarda
2 novembre 2010

Protesta degli “arrizzoneris”: lavoreranno nei chioschi nonostante i sigilli della Procura
Un pescatore: ecco chi ci impedisce di metterci in regola
A Cagliari c'è solo un centro di certificazione dei ricci in regola. Ma i pescatori denunciano: «Ci fanno pagare 10 o 20 euro per una sacca per scoraggiarci e eliminarci dal mercato».
Apriranno, nonostante i sigilli della magistratura: «È l'unica cosa che ci rimane, sappiamo fare solo questo. Riapriremo, ecchissenefrega se arriva la polizia. Non abbiamo scelta». Insieme a Natalino Galasso, ricciaio da una vita, ci saranno anche tutti gli altri colleghi dei chioschetti: la Procura glieli ha chiusi un anno e mezzo fa, loro si preparano a una protesta «che potrebbe andare anche oltre il Poetto e trasferirsi al Comune o alla Regione. Aspettiamo di vedere cosa succederà». Oggi al ritorno dalla prima battuta di pesca, proveranno a pulire e rivendere la polpa dei ricci. Ieri pomeriggio hanno spazzato nei gazebo, preparato i tavoli alla riapertura. Come se niente fosse, come se non esistesse il sequestro dei magistrati del tribunale.
GLI OSTACOLI Non saranno gli unici a forzare, riprendendo il lavoro. Anche i pescatori che solitamente vendevano le uova del Paracentrotus lividus in strada, faranno finta di niente: «Ci saremo anche noi», annuncia Franco Melis, 52 anni, cagliaritano. Che racconta anche perché nessuno (o quasi) è riuscito in questi anni a mettersi in regola. «Per avere l'autorizzazione bisogna far passare i ricci attraverso un centro di spedizione». Una sorta di punto di raccolta, che certifica e prepara i frutti di mare alla vendita. «Realizzarne uno è impossibile: non lo può fare certo gente come noi, che tira su cinque o sei sacche di ricci al giorno. Costa centinaia di migliaia di euro, lo possono fare solo i consorzi. Qui a Cagliari ce l'hanno solo i pescatori di Santa Gilla». E secondo quanto raccontano i pescatori, è difficile farne parte: «Insieme ad altri colleghi abbiamo chiesto di poterci associare. Ci è stato detto espressamente di no. E per scoraggiarci, ci fanno pagare 10 o 20 euro la certificazione per una sacca di ricci».
NELL'ORISTANESE Sul mercato cagliaritano poi, arriverebbero anche i frutti pescati nell'oristanese. «Anche quelli pescati dove non si potrebbe, come nel parco naturale del Sinis».
A Cagliari fino a venerdì scorso gli uffici comunali hanno ricevuto una sola domanda di autorizzazione per venderli chiusi. Se i pescatori volessero anche pulirli, dovrebbero garantire un luogo chiuso, acqua corrente e servizi igienici. Queste le disposizioni della Asl 8, a cui l'assessorato alle Attività produttive lega il rilascio della licenza. Ma nessuno, o quasi, è in grado di assicurare condizioni simili. Dunque sarà un business per soli abusivi.
MICHELE RUFFI

01/11/2010