Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

Chiudete la porta, i fantasmi arrivano dai freddi del Nord

Fonte: La Nuova Sardegna
18 ottobre 2010





Lo svedese John Lindqvist racconta l’universo dei suoi tre fortunati romanzi popolati da zombie, bambine vampiro e spettri marini che hanno reinventato l’horror, il genere che racconta l’adolescenza

WALTER PORCEDDA

CAGLIARI. Non aprite quella porta. Tutti i mostri sognati e vissuti dentro la nostra fantasia potrebbero entrare e non lasciarci più. È terrore, è horror. È letteratura sempre più amata con un lunghissimo filo rosso che da Stoker arriva a Stephen King segnando di nero gli incubi notturni. Non solo quelli adolescenziali. Anche se è proprio in quel confine che separa l’infanzia dall’età adulta che si trova la linea d’ombra della nostra esistenza. Quella che in tre romanzi di grande successo ha esplorato ed esplora in modo originale un narratore ormai cult in tutta Europa qual’è John Ajvide Lindqvist, quarantaduenne di Stoccolma con un passato di scrittore teatrale e televisivo, persino mago e attore comico, ospite ieri di «Tuttestorie» dedicato al fascino delle visioni notturne. Anche quelle scurissime e dark come nel recente «Il porto degli spiriti», il precedente «L’estate dei morti viventi» e il primo «Lasciami entrare» descritte da questo gigante biondo dagli azzurri, l’espressione franca e gentile, jeans e “chiodo” di cuoio su T shirt psichedelica macchiata da tutti i colori della notte, dal blu al nero.
Assolutamente ben lontano dal clichè di scrittore tormentato. Tutt’altro. Anzi, proprio «Lasciami entrare» segna la nascita di un horror letterario nuovo che, pur con i doverosi debiti a Poe e King, disegna scenari inediti del narrare. Pur popolati da ragazze vampiro, zombie e fantasmi.
«Ho sempre amato l’horror e ho desiderato diventare uno scrittore di questo genere - dice Lindqvist - Sono rimasto però sorpreso per come i miei libri siano stati accolti bene da seri recensori e dal mondo letterario. Ho tentato di elevare l’horror al rango di letteratura perchè leggendo i libri del genere avevo l’impressione che i personaggi fossero unidimensionali. Ho cercato così la loro bidimensionalità facendo in modo che l’ambiente fosse più autentico possibile. Per farlo però dovevo renderli più paurosi. Sì, Poe è un mio ispiratore; ho letto tanto King e qualcosa è sicuramente rimasto ma soprattutto Lovecraft. L’horror è certo il genere più indicato a raccontare meglio il passaggio dell’adolescenza».
Ma rispetto a certi romanzi d’atmosfera gotica, Lindqvist ha un modo molto umano di raccontare il rapporto tra le persone. «La cosa più importante è scoprire cosa succede quando le persone vengono colpite da un “visitatore” che giunge dall’altro mondo. Se non si crede al rapporto tra le persone non si può credere neanche a questi mostri».
- Nel secondo romanzo rivisita un mito del cinema come gli zombie.
«Gli zombie sono i miei mostri preferiti. Sono l’immagine cupa e riflessa dell’essere umano. La mia idea era di raccontare una storia di morti che, tornando in vita, non fossero aggressivi al contrario di quanto accade nei racconti dove gli zombie tornano per divorare gli uomini che reagiscono con le armi, Così il racconto diventa letteratura di guerra. Io ho voluto ribaltare tutto questo».
- Il terzo racconta di fantasmi e il prossimo?
«Il quarto, «Piccola stella» già uscito in Svezia, racconta di una bambina che viene trovata in un bosco da un musicista. Questa emette suoni particolari che solo alcuni riescono a decifrare. Verrà segregata dal musicista in una cantina...»
- I protagonisti dei suoi racconti sono dei perdenti. Non c’è speranza nel futuro?
«Sono personaggi che si collocano al di fuori dalla società com’è accaduto anche a me in alcune fasi della mia vita. Ora sto bene, ho un lavoro, un amore... Scrivere di queste persone è come rispondere a un richiamo dal buio. Persone che hanno il bisogno disperato di cambiare la propria vita».
- Sono anche personaggi ben dentro la società contemporanea. E la raccontano in modo critico. Nel primo romanzo in particolare ambientato in una banlieu metropolitana si rintraccia non solo il tema adolescenziale ma anche quello dell’esclusione. Persone che non riescono a riscattarsi trovando una loro dimensione nella società attuale.
«Criticare l’attuale società non era una mia intenzione iniziale. Se si scrivono storie horror a certi livelli si fotografa per forza di cose la società di quel determinato periodo. E raccontando gli accadimenti può venir fuori una critica giustificata dall’autenticità della stessa vicenda narrata»