Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Nelle Stanze del non luogo, a inseguire l'arte

Fonte: L'Unione Sarda
11 ottobre 2010

Rassegne. Si inaugura stasera a Cagliari l'XI edizione del progetto del centro culturale Man Ray

“Utopie del quotidiano” al Castello di San Michele Biggio, Calzia, Della Maria, Grassi, Liberati, Nazzari
Hic sunt leones, ammonisce nell'ultima stanza Alessandro Biggio, con le sue sculture di legno, plexiglass e cenere compatta. A ricordarci che polvere siamo e polvere torneremo ad essere. Il memento arriva dal più giovane dei sei artisti che da stasera al 7 novembre daranno vita a Cagliari, Castello di San Michele, alla XI edizione di “Stanze” il progetto multimediale del Man Ray. Pensato da Wanda Nazzari, curato dalla storica dell'arte Pamela Ladogana. Al rigore geometrico di matrice costruttivista di Biggio fa da affascinante contraltare l'esplosione di vitalità di Zaza Calzia, che ha il doppio dei suoi anni ed è una ragazzina, nel cuore e nella mente. Basta vedere che cosa riesce a fare con i suoi collage bi e tridimensionali, con la sua incredibile scultura che evoca il gioco degli shangai.
Due installazioni affascinanti, a dirci che l'arte serve a confondere le carte. Due esempi, su tutti, di una mostra che vale la pena vedere (l'inaugurazione stasera alle 18). Il titolo è L'utopia del quotidiano . Che poi, in fondo, è la grande metafora dell'arte. Che ci salva dai non luoghi, ci illude che ne esistano altri migliori, ci porta in una dimensione diversa di pensiero e di emozioni. Persino più inquietante della realtà, ma diversa. E allora si comincia con la stanza di Wanda Nazzari, dove la materia inerte diventa anima, il colore luce, la morte vita. Una preghiera, più che una installazione.
E poi ancora Angelo Liberati (per lui un open space, più che una stanza, e quattro gigantesche utopie del quotidiano, unite l'una all'altra dall'arancio del colore, dall'ansia di comunicare, dalla dimensione privata che diventa memoria collettiva. Un racconto, spiega Pamela Ladogana, «che sembra opporsi alla falsa coerenza che ci sovrasta». E ancora Attilio Della Maria, con un grande trittico che riproponendo la prospettiva rinascimentale a lui così cara racconta l'alienazione dell'uomo moderno. E Stefano Grassi, col suo “Sognatore torna indietro”, dove la fotografia si smaterializza, la forma vince sul dettaglio e l'utopia diventa un bisogno di fuga. Grassi, l'altro giovane artista del gruppo dei sei, l'anima - con Wanda Nazzari - del Man Ray che organizza la rassegna.
OGGI SI INAUGURA L'inaugurazione, stasera, si chiuderà (come sempre avviene nelle iniziative multidimensionali e multimediali del Man Ray) con un intervento performativo, interpretato dagli attori Stefano Raccis e Noemi Medas, testi: “Per Elsa, appena prima di partire” di Cesar Calvo e “Improvvisazioni” di Stefano Raccis. In conclusione, un concerto del trio composto da Flavio Secchi (chitarra, ukulele, loop), Francesca Corrias (voce, flauto e loop) e dal percussionista e polistrumentista brasiliano Walter Reis. Prima, sarà Pamela Ladogana a offrire al pubblico la sua lettura competente e appassionata (lo ha fatto già ieri nella presentazione), a spiegare il senso del lavoro degli artisti, chiamati a indagare sul rapporto tra quotidianità e immaginazione, sul contrasto tra individualità e omologazione. Lei a dire del ruolo dell'arte come strumento di riscoperta della dimensione autentica dell'esistenza.
IL COMPLEANNO A presentare l'undicesima edizione di “Stanze”, ieri mattina, è stato Stefano Grassi. Che ha subito ricordato un anniversario importante: i primi quindici anni del Man Ray. Quindici anni non facili e pieni di passione. L'esordio nel settembre del 1995, con la prima mostra. La inaugurava lo storico dell'arte Salvatore Naitza, un uomo di valore, che manca a tutti. Quel debutto fu segnato da un intoppo. Delle quaranta fotografie di Vladimir Kolopic che dovevano dare vita alla rassegna, solo due arrivarono a destinazione. Fu così che facendo di necessità virtù, la foto della sposa ritratta davanti a una tomba del cimitero di Mostar fu moltiplicata ossessivamente per se stessa. A raccontare l'angoscia di una storia senza fine, a ribadire l'esigenza di riflettere sulla condizione umana. «Non sono più sicuro che il narrare abbia un senso», scriveva allora l'artista bosniaco nella lettera che accompagnava le sue immagini. «Mi sembra che l'uomo sia condannato ineluttabilmente a muoversi in un cerchio. A me non resta che vivere con la convinzione che il miglior luogo è quello sconosciuto e, alla fine della ricerca, scoprire che il luogo non è poi così importante».
Parole che ieri sono riecheggiate nel Castello, pronunciate con un pizzico di commozione da Stefano Grassi. Il presidente del Man Ray ha parlato delle molte difficoltà incontrate in questi anni, ma anche di una scommessa entusiasmante: dare vita a un luogo di incontro sull'arte contemporanea. Ha ringraziato tutti gli storici e i critici che hanno sostenuto l'attività di questi anni (citiamo solo Mariolina Cosseddu, consulente scientifica del centro, saltarne anche solo uno sarebbe disdicevole), ha sottolineato l'importante collegamento con l'Università e con Maria Luisa Frongia, docente di storia dell'arte contemporanea, ha ricordato le due rassegne fondanti del Man Ray (l'altra è “Imperfetto Futuro”), ha ribadito il gusto della contaminazione tra settori che caratterizza il centro (ora ospitato in via Campania): arti visive, fotografia, ma anche teatro, musica, cinema. Ha infine ringraziato Regione, Provincia, Comune, Fondazione Banco di Sardegna, Camù, Cooperativa Sirai, Castello di San Michele (che ospiterà la scuola di fotografia del Ma Ray). Tutti coinvolti in questa nuova tappa di un viaggio che ci porta in una dimensione diversa. Quella del non luogo, o di un luogo migliore, da raggiungere con la forza della volontà.
MARIA PAOLA MASALA

09/10/2010