Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Cenerentola, nonostante tutto

Fonte: L'Unione Sarda
11 ottobre 2010

Lirica. Molti applausi all'opera rossiniana che dopo lo sciopero della prima ha debuttato ieri a Cagliari

Hubert Soudant trascina orchestra e cantanti
Ci voleva un'opera buffa per tirar su il morale del Teatro Lirico. Ci voleva Rossini. Saltata per lo sciopero dei lavoratori la prima di venerdì, è stato l'umido e afoso pomeriggio domenicale di ieri ad accogliere (col calore del turno D) il debutto del capolavoro rossiniano. L'impresa non era facile, e in sala gli umori del pubblico cagliaritano erano sufficientemente tetri. Un'opera buffa senza scena è un minestrone senza sale, commentava qualcuno. Come dargli torto? Altri puntavano il dito contro il Lirico che difetta di comunicazione, cambia le carte in tavola, scontenta il pubblico degli abbonati e pur avendo necessità del suo sostegno non fa nulla per tenerselo caro. Funereo il clima fuori, davanti al banchetto dei sindacati, presidiato ogni giorno dalle 9 alle 20 dai dipendenti. E le scritte contro la dirigenza e i tagli alla cultura, gli striscioni di protesta, trovavano una beffarda sintesi nella corona d'alloro posta a pochi passi dal bookshop, davanti all'ingresso artisti: Qui posero .
A rovesciare una realtà preoccupante (non solo a Cagliari), ancora una volta è stata la magia della finzione. La favola ironica, divertente, arguta, modernissima, inventata sul finire del 1816 da un genio che non aveva ancora venticinque anni, e condita con la classe di Jacopo Ferretti. Così, nonostante la mancanza dell'impianto teatrale, delle scene, dei costumi, nonostante l'assenza della regia di Daniele Abbado, Cenerentola ha vinto. Merito dell'orchestra e del coro guidato da Hubert Soudant (al clavicembalo Gaetano Mastroiaco) che ha sottolineato la teatralità insita nella partitura rossiniana mettendone in risalto ogni sfumatura. Merito di una compagnia di canto che ha conquistato il pubblico.
E che sfruttando al massimo le mille occasioni offerte ha trasformato la noiosa “forma di concerto” in qualcosa di diverso. Ottimi attori tutti (del canto si parlerà domani): dallo scanzonato cameriere Dandini di Simone Alberghini, al timido Don Ramiro di John Zuckermann, all'Alidoro di Nicola Ulivieri, il deus ex machina della storia, quello che sostituisce le magie favolistiche poco in linea con la Chiesa con un intervento più terreno. Magnifico il Don Magnifico di Antonio De Gobbi, padre degenere ricco di umorismo, che prende il posto della più odiosa matrigna della fiaba. Un'opera che vede il trionfo dell'elemento maschile (splendido il coro dei venticinque), e che in questa scena senza scena esalta, dell'elemento femminile, il colore. Vestono tutti di nero i protagonisti, e a distinguere un principe da un cameriere è solo una giacca. Ma Cenerentola, Josè Maria Lo Monaco, è bianca come la purezza, rosso magenta e azzurro-turchese sono Clorinda e Tisbe, le perfide sorellastre.
Un abito da sera che è anche un po' costume, il loro, a illuminare gli occhi di chi vede. Le orecchie davvero non ne hanno bisogno. E pazienza se la mancata messiscena produce qualche incongruenza, se il gioco dei mascheramenti perde un po' del suo smalto. Non ci sono «le simulate sembianze» (per cui principe e cameriere si scambiano i ruoli), né «le rozze spoglie» (quelle della povera Angelina-Cenerentola). C'è solo il raffinato divertimento in musica di Rossini, il suo gusto per l'autocitazione. Insomma, se quella distratta di ragazza ha perso per strada l'intero impianto scenico (altro che scarpetta, qui peraltro assente), la magia del teatro e l'entusiasmo di chi gli ha dato vita, nonostante tutto, l'hanno salvata.
MARIA PAOLA MASALA

11/10/2010