Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

Dopo lo sfascio, l’abbandono di piazza Maxia

Fonte: La Nuova Sardegna
2 agosto 2010

Fermo il cantiere per la realizzazione della terrificante vasca di cemento aspramente contestata dagli abitanti del quartiere


Il portavoce del comitato: «Cinquantasei punti-luce per illuminare un obbrobrio»


Chiesto il ritorno delle jacarande nello spazio pubblico

CAGLIARI. L’immagine è inquietante: una scatola di cemento scavata nello spazio dove si trovava una piazza, alberi, panchine. Ora un cantiere abbandonato, perchè alla fine è saltato anche il rapporto tra l’impresa e il Comune.
Non c’è speranza: il progetto firmato dall’architetto Fernanda Gavaudo con la consulenza dell’agronomo Claudio Papoff ha spazzato via un angolo di verde che esisteva da cinquant’anni per incastrarci un parallelepipedo di calcestruzzo. Un milione e 300 mila euro per costruire un rifugio antiaereo dal cui fondo non si vede neppure la strada, un’altra vasca senza senso al posto di un sobrio giardinetto che nessuno contestava. Eppure, ricordano gli abitanti del quartiere, il progetto «di riqualificazione» varato dall’amministrazione Floris si chiamava ‘La via dei fiori’. Mentre quello che oggi offende lo sguardo dei cagliaritani è il risultato di «un progetto schematico, freddo e fine a se stesso - osserva Ginetto Bacco, portavoce del comitato per piazza Maxia - che ha mandato a morte la piazza verde di cinquanta jacarande per trasformarla in una sgraziata fossa cementizia, rivestita di lastre sepolcrali di biancone, priva di verde, di ombra e di spazi vivibili ma armata in compenso da una selva di ferraglie e tavolame».
Un non luogo gelido e inumano che però sarà illuminato a giorno. Il comitato ha fatto i conti: cinquantasei punti-luce su stelo e a parete, più «una trentina di diavolerie metalliche per creare acqua nebulizzata, ringhiere di protezione in tre rampe di gradini, una balaustra in ferro». Poi ci sono i «listoni di legno» che assegnano alla pavimentazione un aspetto da palco musicale. Al posto delle jacarande «alberelli d’arancio e di pruno selvatico». L’immagine, nel complesso, è spettrale. Con l’acqua nebulizzata e con la luce da obitorio progettata dall’architetto sarà ancora peggio.
Rimedi? Il comitato ha chiesto che venissero piantate di nuovo le jacarande, ma ormai - è la risposta arrivata dal Comune - la vasca ha raggiunto il bancone roccioso. Dove però è stato possibile affondare le radici dei nuovi alberi. Per non parlare della viabilità: «Il progetto - spiega Bacco - si proponeva di razionalizzare la circolazione delle auto e di renderla più sicura, invece l’ha peggiorata, l’ha resa difficile e caotica quando non impossibile, contraendo notevolmente gli spazi di parcheggio pur avendo relegato il tratto via della Pineta-via De Gioannis al rango di un allucinante deposito di autoveicoli, con ingorghi in ogni ora del giorno».
I lavori per la realizzazione di quella che gli abitanti hanno definito «una porcata» dovevano arrivare alla conclusione il 28 maggio: basta un’occhiata sul cantiere, un’immagine desolante, per rendersi conto che l’attesa proseguirà: «L’unico dato certo - osserva il portavoce del comitato per piazza Maxia - è che per tutto il mese di luglio l’impresa ha mandato avanti i lavori in regime di penale e se come extrema ratio tra comune e impresa si dovesse arrivare alla risoluzione del contratto il cantiere rischia, tra le controversie legali, di restare bloccato sine die». Com’è accaduto nell’area dell’ec Gil, sotto le mura di Castello. Come dire: progetti orrendi, destinati a deturpare la città, che il comune non riesce neppure a portare a termine. Per chi abita attorno a piazza Maxia sarebbe la beffa finale.
Una soluzione ci sarebbe: riconoscere l’errore e demolire. Non sarebbe difficile colmare il volume della vasca con terra fresca e risistemare le jacarande espiantate. Un ragionevole intervento di demolizione che dovrebbe riguardare altri scempi come quello dell’ex Gil e dell’anfiteatro di Marina Piccola. Mentre con quello che è costata - 22 milioni - la cittadella-luna park della musica i cagliaritani dovranno tenersela. Non resta che difendere da architetti, agronomi e assessori competenti almeno piazza Garibaldi. (m.l)