Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

La modernità arriva al galoppo

Fonte: L'Unione Sarda
26 luglio 2010

La modernità arriva al galoppo

Sembra di sentire in sottofondo il celebre “Intermezzo” da “Cavalleria rusticana” di Mascagni, mentre avanza verso di noi la cavalleria di Giovanni Fattori, con quel taglio diagonale ribadito dai paracarri della strada polverosa e dalle lance dei cavalieri, ciascuno una fisionomia diversa, l'uniforme allacciata fino al collo, i talloni abbassati sulle staffe. Ciascuno diverso fino a diventare, in lontananza, indistinta macchia scura di una moltitudine che avanza e si evidenzierà man mano che sfila dinanzi allo spettatore. Una scena in movimento che ha la potenza di una sequenza cinematografica e la grazia di una pittura sospesa, definita e indefinita, che evoca un'atmosfera, gli stati d'animo, il rumore degli zoccoli dei cavalli sulla strada bianca.
Magia di Fattori, il più moderno della cerchia del Caffè Michelangelo di Firenze, dove i macchiaioli, a metà Ottocento, definirono la loro anticlassica poetica del dipingere, che era essenzialmente poetica della verità, della macchia, dei chiari-scuri, della luce, quindi, e di ogni atmosfera e stato d'animo che la vita vera, naturale ed emotiva, sottende. Uno sconfinamento antiaccademico, quello dei macchiaioli, che anticipa la pittura moderna italiana, l'irruzione del movimento futurista, la greve sospensione dei set metafisici. C'è già tutto, in nuce, perché in quella pittura, che informa con particolare forza Fattori, Silvestro Lega e Telemaco Signorini, c'è la premonizione - e la vertigine - della modernità e quest'attesa, come ogni attesa, stimola l'immaginazione, aumenta i toni della tavolozza, velocizza il tocco del pennello, nel vitale confronto con la verità delle cose. Tutto appare ancora ammantato di una calma rarefatta: non solo in questo “Ritorno della cavalleria” (1888), ma nel coevo “La lettura”, di Lega, nelle varie vedute delle Cascine di Firenze, luogo prediletto dai macchiaioli per dipingere en plein air, ne “La raccolta delle olive” di Signorini o nelle “Donne sulla terrazza” di Cristiano Banti.


È l'illusione di quella calma posata sui luoghi, e sull'umanità, che conquista. E quella quiete rasserena. L'unico fremito di vivacità promana dal bambino di pochi mesi che gioca col sonaglio che gli agita la madre sorridente, accovacciata accanto, nella tela di Armando Spadini. E che la direttrice della Galleria Comunale di Cagliari, Anna Maria Montaldo, ha voluto collocare dietro alla dolorosa “Madre dell'ucciso” di Ciusa, creando un impattante contrasto, che rende ancor più luminosa l'una e l'altra opera.
Ha previsto anche questo dialogo con le opere del suo museo, la Montaldo, nel presentare al pubblico la proposta dell'estate 2010, la mostra “Da Fattori a De Chirico. I capolavori della collezione Grieco della Pinacoteca di Bari”, fino al 6 settembre (martedì chiuso). Un prestito che la direttrice ha ottenuto sia grazie al biglietto da visita della prestigiosa collezione permanente, sia come presidente Anmli, Associazione nazionale musei locali ed istituzionali, che nasce proprio per incentivare lo scambio e la collaborazione fra i musei nazionali. Così, ecco a Cagliari le opere donate dai coniugi Anna e Luigi Grieco alla Pinacoteca di Bari, raccolta che abbraccia l'arco temporale 1860-1945, con particolare sguardo sul periodo macchiaiolo.
Quasi un approdo d'elezione, la Galleria Comunale, che la direttrice della pinacoteca pugliese, Clara Gelao, ha riconosciuto ancor più conforme proprio perché già sede della Collezione Ingrao, donata una decina d'anni fa da Elisa Mulas per volontà di Francesco Paolo Ingrao di rendere pubblica la sua ricca raccolta d'arte. Vi è una comune pregnanza culturale fra le due collezioni, Ingrao e Grieco, sia in capitale artistico ma, forse ancor più, nella munifica - e umanistica - volontà di concepire, da parte dei due privati, una collezione d'arte come futuro “patrimonio dell'umanità”, quindi di pensarla in previsione di una donazione post mortem a un'istituzione pubblica. Volontà, quella di Grieco, già chiara sin dalle prime acquisizioni di opere, come sottolinea la curatrice dei testi in catalogo, Christine Farese Sperken.
Ecco perché la scelta di avere, per ogni macchiaiolo, almeno due lavori e di documentare le varie declinazioni geografiche della corrente toscana, con pittori della scuola napoletana quali Filippo Palizzi, Giuseppe De Nittis, Michele Cammarano, Gioacchino Toma, Antonio Mancini, e con rappresentanze dell'area veneta, con Giacomo Favretto, Guglielmo Ciardi e Luigi Nono. Ma anche con eccellenze “sparse” come Tranquillo Cremona, rappresentante della Scapigliatura lombarda, presente con una palpitante figura femminile ad acquerello, unico nella collezione Grieco.
E col piemontese Pellizza da Volpedo, con la tela già divisionista “Una via a Volpedo”, che introduce idealmente all'altro campo d'interesse dell'ingegner Grieco: il paesaggio del Novecento. Un terreno d'indagine estetica affascinante perché pieno di approdi inattesi, di esiti che preludono al classicismo metafisico teorizzato da Alberto Savinio, fratello di De Chirico. I paesaggi che piacevano a Grieco rappresentano ancora la possibilità del reale, come “Le case nel bosco” di Carlo Carrà, o “Angolo di giardino” di Angelo Morbelli, ma aprono anche alle convulsioni dei “paesaggi interiori” di pittori come Morandi e Sironi, di cui è presente una piccola ma potente tela, “Montagne”, della prima metà degli anni Quaranta. Piccola come un po' tutte le opere della collezione, inserite, prima che alla Pinacoteca di Bari, negli eleganti interni alto borghesi di casa Grieco. Poi perché c'è “un dio delle piccole cose”, che i pittori di quell'incontro di secoli ben conoscevano, nel gusto della descrizione di un angolo di paesaggio collinare, in quello di una natura morta. Come scrisse Felice Casorati, di cui è presente “Ragazza sulla poltrona”, nel difendere, contro Giovanni Papini, il diritto dei pittori di occuparsi delle cose più umili, di un povero oggetto, di un frutto.
Dell'attesa, anche, nelle cose e nella vita, quella sosta dello spirito che la pittura figurativa italiana a cavallo del Novecento coglie in maniera assoluta.
RAFFAELLA VENTURI

25/07/2010