Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

Graziano Milia, la bestia nera del centrodestra

Fonte: La Nuova Sardegna
16 giugno 2010



Per la seconda volta in cinque anni ha portato alla vittoria il Pd



Per sconfiggere l’astensionismo, serve una guerra santa che da subito deve coinvolgere tutti

UMBERTO AIME

CAGLIARI. Largo al vincitore, nell’open space di un call center occupato. Passa Graziano Milia, il presidente riconfermato. Che si apra la folla, che scatti spontaneo l’applauso, insieme a tutto il resto dovuto: primi piani, flash, filotto di interviste e filmatini da infilare su YouTube. È subito un’apoteosi mediatica per un candidato che è stato capace di rivoltare le elezioni: aveva straperso a maggio, ha stravinto a giugno. Per la seconda volta, in cinque anni e mezzo, è stato ancora lui a ricacciare indietro il centrodestra sul terreno più duro, Cagliari e gli altri comuni del circondario. Si è ripetuto, ha del miracoloso.
«Bravo», gli urlano dalla sala. La risposta arriva immediata, racchiusa in un gradevole inchino, effetto visivo del suo primo festoso messaggio su Facebook: «Vi abbraccio, dimmonias e dimmonius, il merito è tutto vostro». Ci sono anche altri onori da spartire: in quale percentuale tra Milia, il Pd, la coalizione e l’astensionismo massiccio si vedrà. Per le analisi c’è tempo, però lui ruggisce subito: «Ha vinto il centrosinistra e va benissimo così». La sua prima sportellata è datata 2005, in faccia a un senatore della Repubblica, Mariano Delogu, il replay, si sa, è freschissimo, risale a lunedì pomeriggio. Con quella rimonta perfetta su un altro candidato del Pdl, l’assessore comunale Giuseppe Farris, disarcionato quando sembrava già in fuga verso la vittoria. Due a zero per Milia: che sia lui la bestia nera della destra? Chissà. Certo, non è un novizio: due mandati consecutivi a Quartu, dov’è stato sindaco fino al 2001, altrettanti saranno adesso alla Provincia, con incarichi vari nel Pd. Una lunga vita nel partito caratterizzata da spostamenti periodici nelle correnti regionali, oggi sta con Soru o è più vicino al segretario Lai?, e in quelle nazionali fino al recente trasloco dal minoritario Marino all’emergente Vendola. In coda, ha anche altri titoli, o ex titoli, messi assieme da quando ha cominciato a masticare pane e politica. Cioè da piccolo, in casa: precoce e volitivo, come sono da sempre i figli primogeniti del sindacato e del Pci. Ieri mattina, nella prima uscita da presidente, ha ripreso in mano un antico strumento di lotta: il megafono. Con quello, ha parlato ai centralinisti e agli impiegati di «Video on line 2», che occupano in quattrocento la palazzina aziendale, per non vedersi scippato il lavoro. Ebbene, nel remake è sembrato molto più umano del faccione elettorale piazzato sui manifesti e destinato forse a far dimenticare anche alcune sbandate per fortuna non recenti.
«Nella mia agenda non contano i primi cento giorni, bensì la prima ora e io ho deciso di consumare la mia fra di voi». Dice sincero e ripulito anche dalla condanna per abuso d’ufficio sempre rinnegata e in attesa che “la Cassazione mi dia finalmente ragione”.
Classe 1959, è nato a Nuoro, vive a Quartu, lavora a Cagliari. Fisico massiccio, battuta pronta, citazioni spesso e diversi spigoli nel carattere: questo è Graziano Milia. Che è un tipo tosto, ma difficile da incasellare: simpatico o antipatico?, istintivo o stratega? È un quiz ancora aperto, in attesa di una prossima maggioranza nelle risposte. Sta di fatto che al ballottaggio ha trionfato e questo nessuno glielo può negare, neppure i quasi nemici che ha in giro nel partito. Per affrontare gli avversari interni avrà tempo, oggi c’è da aggredire l’astensionismo: «La scarsa partecipazione al voto non può essere letta come una disaffezione verso la Provincia, sarebbe banale. È invece l’ennesimo segnale - continua - della crisi in cui è caduto il rapporto tra la politica e i cittadini. Oggi serve subito l’impegno di tutti per sconfiggere quello che è diventato il male dell’Occidente». Nel dichiarare la guerra santa, mette in fila gli intellettuali, la chiesa, i magistrati, la scuola, giornali e televisioni: «Tutti coinvolti nella ribellione. E ai partiti, anche al mio, dico con forza: liberatevi, liberiamoci dal peccato dell’autoreferenzialità, ritornate, ritorniamo al welfare della politica».
Dopo l’appello, c’è il rito della vittoria dedicata “a mio padre, a Pinuccio Serra, a Tonio Melis e a Ghigo Solinas, che non ci sono più”, un socialista, un democristiano, un piedellino e un berlusconiano. Poi a ruota si dice entusiasta di “aver riscoperto un popolo del centrosinistra che lotta per la vittoria”. Trova lo spazio anche per parlare di politica stretta: «La giunta ce l’ho in testa. Mi confronterò con gli alleati ma non ci saranno risse. Se vogliamo davvero cambiare, dobbiamo essere onesti soprattutto adesso». Il che vuol dire: l’Idv si è staccato dalla coalizione per la questione morale - «Credo abbia commesso un errore», sottolinea - e per l’Idv non ci saranno incarichi. Poi un ultimo passaggio sul futuro: «Se vogliamo vincere ancora (le comunali a Cagliari nel 2011?) ritorniamo sulla strada come ho fatto io». Ottimo consiglio.