Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

Alfieri, chiude il vecchio cine teatro

Fonte: La Nuova Sardegna
9 giugno 2010

MERCOLEDÌ, 09 GIUGNO 2010

Pagina 1 - Cagliari

Il destino è segnato: a fine anno via ai lavori per costruire due palazzine

LO SCHERMO BIANCO Il progetto è già pronto al decollo, una petizione in rete per salvare la sala

ANTONELLO DEIDDA

CAGLIARI. Stop, finito. Ora è sicuro, l’Alfieri chiude. Alcuni mesi, il prossimo autunno o al massimo l’inizio del 2011, poi l’ultimo dei vecchi cinema cagliaritani (anche se negli ultimi anni veniva usato per questo scopo raramente) cambierà pelle, trasformandosi in qualcosa d’altro. Un condominio con negozi e uffici, con l’aggiunta di parcheggi. E la città perderà un’altra traccia del suo passato culturale. Tra poco un altro schermo bianco andrà in soffitta e per vedere un film occorrerà andare in uno dei centri commerciali spuntati come funghi in periferia. A meno di non accontentarsi di una saletta d’essai dove è facile trovare chicche interessanti ma dove assistere ad uno spettacolo non è il massimo.
L’ingegner Giudo Cossu, erede della famiglia che da sempre ha gestito l’Alfieri, non si nasconde: «Siamo in attesa delle autorizzazioni e poi si partirà con i lavori. Ma credetemi, non era possibile fare altrimenti: negli ultimi tempi era diventato impossibile sopravvivere. Spero almeno che qualcuno si ricordi che la mia famiglia ha ha regalato trent’anni di teatro alla città quando non c’era una sala». Le stesse parole che aveva pronunciato Ennio Dalmasso, altro imprenditore-cinematografaro, quando tanti anni fa era stato costretto a far demolire il mitico Ariston.
Una passione al tramonto. O il tramonto di un passione. Da qui non si scappa. Cagliari ha capito da tempo come butta: per guardare un film bisogna rifugiarsi in una multisala, in mezzo ad un pubblico maleducato che sgranocchia patatine e succhia cocacola da un contentitore da litro, commentando a voce alta ogni scena un po’ più animata del normale. Impossibile godersi un film in santa pace come si poteva fare una volta, nel buio di una sala spesso non condizionata ma accogliente come il ventre della mamma. Il progetto targato Alfieri dice che l’attuale palazzo sarà buttato giù, per costruire non uno ma due palazzi, sfruttando l’enorme spazio che si trova dietro e il 20 per cento di cubatura in più che il piano casa regala. La speranza è che salvino almeno i quadri di Fantini che fanno bella mostra nella sala cantrale e che un tempo erano la caratteristica del cinema. E che dal foyer spuntino fuori le foto dei tanti ospiti che negli anni hanno omaggiato la sala. Una sala sempre all’avanguardia, come ricorda Vittorio, la storica maschera. Basti ricordare il tetto bucherellato (un sistema particolare per migliorare l’acustica) e il primo impianto Dts cittadino, che rendeva necessario un avvertimento all’ingresso in occasione di film d’avventura: «L’audio vi sfonderà i timpani».
Nessuno scandalo, è così che va il mondo, anche se è partita una raccolta di firme per salvare lo storico cine-teatro. On line è possibile leggere un messaggio: «Al signor sindaco chiediamo di fare quanto in suo potere affinchè i cittadini non vengano privati di un altro dei luoghi simbolo della città di Cagliari». Secondo voi quante sono le possibilità che l’appello sarà ascoltato? Zero. La battaglia per il teatro Alfieri di Cagliari, che rischia la chiusura e la demolizione, è stata invece il simbolo della giornata di lotta contro i tagli alla cultura promossa dal Pd. L’iniziativa, che prevede appunto una petizione on line cui hanno aderito personaggi della cultura e dello spettacolo anche a livello nazionale: «La chiusura dell’Alfieri rappresenterebbe una grave perdita per la città, per la sua memoria e la sua cultura». Secondo il segretario cittadino Yuri Marcialis, «si ha la sensazione che la maggior parte dei tagli, anche agli enti locali, si abbattano in particolar modo sui settori della cultura e dell’istruzione». Per il capogruppo del Pd in consiglio comunale, Ninni Depau, «la cultura rischia di essere considerata come un lusso che l’Italia non si può permettere, quindi un settore nel quale effettuare tagli». Dal Pd è partito un appello al comune per salvare il cine teatro: «Basterebbe finanziare le compagnie teatrali aiutandole a sostenere i costi dell’affitto del teatro che ammontano a circa 1.500 euro a giornata».
Nostalgia e rimpianti. Basta fare un giro per le strade di Cagliari per accorgersi che fine hanno fatto i vecchi cinema. Anche non ricordando Eden o Arena Giardino, è un passato che non ritornerà più. Andiamo indietro con la memoria. Via Roma. Il Capitol, nei primi anni Ottanta era un gioiello con il Dolby incorporato per non perdere nemmeno una battuta: è passato da Sala Bingo a Casa dello studente. Poco più avanti, il Nuovo Olimpia è oggi un negozio grande grande di abbigliamento, dove resite la vecchia insegna e all’interno si possono intuire la vecchie architetture. In centro c’era il Nuovo Odeon, enorme, grandissimo, un migliaio di posti tra platea e galleria, con un fascino particolarissimo: ora è chiuso in attesa di venire riciclato. E il Quattro Fontane? Da ragazzini ci si mettava d’accordo con la maschera che stava all’ingresso di via Alagon e si entrava in uno spazio buio dove cowboys e indiani sembravano invincibili. Di fontane neanche l’ombra ma lì hanno fatto il classico spazzatino, costruendo intorno ad un nucleo centrale una miriade di negozi di mutande e vestiti, oltre che un ristorante di cinesi. In via Grazia Deledda si trovavano due sale: sopra l’Ariston (un cinema nel vero senso dalle parola, dove sono passati tutti gli spaghetti western di Sergio Leone e quando uscivi ti ricodavi solo del volto di Eli Wallach, il brutto) e sotto il Fiamma (poi chimaato un po’ altezzosamente Ariston 2 nel primo modesto tentativo di multisala alla cagliaritana), stretto stretto e puzzolente, dove quando vedevi il film (su sedie scomodissime e durissime) avevi l’impressione di stare nel bagno della stazione. Adesso c’è un condominio, oltre alla sede del giudice di pace. Chissa cosa avrebbe detto la sua indimenticata maschera, il signor Ferino. In via Caboni ecco il Nuovo Cine, emorme foyer e una sala che si è rimpicciolita nel corso degli anni prima di chiudere i batenti e far posto ad un supermarcato. E come dimentricare il Due Palme, un mito, quello con lo stemma più cool che sia mai stato creato da che l’uomo ha inventato il cinema e con la scalinata più lunga del mondo. Tutto arazzi e lazzi: tipico cinema da soldatesche in libera uscita o da lunedì sera, nel senso che i più grandi pornazzi a luci rossissime passati per Cagliari. C’erano tanti progetti per recuperarlo, non se ne è fatto niente e oggi il Due Palme muore nella tristezza. A proposito di altre visdioni: al dopolavoro ferroviario l’Adriano (doventato sede del Dlf e poi un bar) e a Sant’Avendrace il Nuovo Astoria, patria delle commedie sexy anni Settanta e Ottanta, con le giovannone coscialunga e i Bombolo d’annata, prima della conversione finale al porno spinto. Oggi è tutta un’altra cosa. In peggio forse. Infine il Corallo, regno di patiti del cimena di serie B alla Corman o Godzilla. Il suo apogeo venne toccato quando nelle lnghe estati calde si proiettarono poliziotteschi e musicarelli, con la galleria che si sporgeva per commentare il film in diretta e insultare chi stava in platea. La settimana dopo avveniva il contrario in uno scambio di ruoli che ha sempre divertito il pubblico neutrale. Non serve ricordare come è finito il cinema. Ora tocca all’Alfieri. E viene in mente un film di Wim Wenderd, Nel corso del tempo. La scena finale, dove un riparatore di proiettori incontra la padrona di un cinema ormai chiuso che gli dice pressopoco così: «Aspetto che lo schermo bianco si riaccenda nuovamente». È troppo sperare qualcosa del genere a Cagliari?