Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Una battaglia giudiziaria lunga 50 anni

Fonte: L'Unione Sarda
7 giugno 2010


Marengo, Goito, Peschiera, Pastrengo, Turbigo, Castelfidardo: questi nomi, legati alle vicissitudini militari delle guerre d'Indipendenza, ricorrono con una frequenza consona alle patrie celebrazioni in una battaglia incruenta fatta di perizie e carte bollate che si sta combattendo da cinquant'anni nelle aule giudiziarie cagliaritane. Sono i nomi delle strade adiacenti piazza d'Armi dove numerose abitazioni presentano lesioni più o meno gravi e i cui proprietari si sono rivolti al giudice per accertare responsabilità e chiedere congrui risarcimenti. La storia del quartiere a rischio frana è costellata di fondazioni che sprofondano, auto sinistrate, famiglie che hanno perso la casa. E ha alimentato un fiume di denunce e ricorsi alla magistratura che si ingrossa a ogni crepa che compare sui muri.
L'INCHIESTA La magistratura ha avviato un'inchiesta dopo le denunce contro il Comune e Abbanoa presentate dagli abitanti del quartiere dopo gli smottamenti e le frane verificatisi nell'agosto 2008 (quando un'auto venne ingoiata da una frana apertasi in via Peschiera) e nell'ottobre successivo, quando le violenti piogge provocarono nuovi disastri. Il magistrato ha affidato a un perito (l'ingegner Alessandra Boi) l'incarico di ricercare cause e responsabilità del dissesto e il consulente tecnico d'ufficio ha rilevato l'insufficienza degli interventi adottati finora e la mancanza di un efficiente sistema di monitoraggio. «Le condizioni attuali dell'area di via Peschiera», scrive l'ingegner Boi, «sono da considerarsi assolutamente insidiose dal momento che non si ha indizio alcuno di una stabilizzazione né quindi di una attenuazione delle cause». Le conclusioni del perito d'ufficio non lasciano spazio all'ottimismo: «Vi sono pochi dubbi sul fatto che fenomeni come quelli verificatisi nell'agosto del 2008 possano ripetersi in futuro anche in misura più grave».
LUNGA VERTENZA È questo l'ultimo atto di una vertenza giudiziaria sulla stabilità delle case costruite nella spianata di Piazza d'Armi che prese l'avvio cinquant'anni fa e che ha visto numerosi processi concludersi a favore degli abitanti del quartiere. La prima causa venne intentata nel 1960 dallo sparuto nucleo di residenti che aveva messo su casa in quell'altura polverosa. Sotto accusa l'Italcementi, proprietaria dello stabilimento della Cementerie Sarde che aveva gli impianti in via Is Maglias ed estraeva il calcare a Tuvumannu e Tuvixeddu. Come dire, Davide contro Golia. Gli abitanti sostenevano che le vibrazioni provocate dallo scoppio delle mine non si limitavano a far oscillare i lampadari ma creavano danni anche alle fondamenta delle case. La causa andò avanti per 27 anni e si concluse quando il colosso industriale, che frattanto aveva trasferito gli impianti in Campidano, alzò bandiera bianca proponendo un'onorevole transazione che consentì di liquidare i danni ai dodici ricorrenti.
PIAZZA D'ARMI Uscita di scena l'Italcementi, la situazione non migliorò nel perimetro urbano attorno a piazza d'Armi dove, nel frattempo, erano sorti interi condomini e un'importante appendice della cittadella universitaria. Le lesioni sui muri perimetrali di numerose case si ripetevano in modo preoccupante e, questa volta, sotto accusa finirono le perdite della rete idrica che potevano compromettere la stabilità dei terreni sui quali poggiavano le abitazioni. «Nel 1990 feci causa al Comune», racconta Antonio Morelli, proprietario di una palazzina d'angolo tra via Marengo e via Peschiera costruita due anni prima, «perché, dopo una serie di perdite dell'acquedotto, la casa si era inclinata su un fianco. Le fondamenta erano rimaste intatte ma aveva ceduto il sottosuolo». Anche quella volta finì con una transazione e il Comune pagò. ( a. p. )

06/06/2010