Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Frane e voragini, è allarme continuo

Fonte: L'Unione Sarda
7 giugno 2010

La conformazione del sottosuolo urbano provoca smottamenti: ecco la mappa delle zone cittadine interessate dai crolli

Gli ultimi episodi in via del Seminario e in via Satta
L'allarme continua. In città non mancano le richieste di intervento per nuove voragini che si aprono di tanto in tanto nelle vie cittadine. Ecco quali sono le cause.
L'ultimo allarme è di poche settimane fa. È accaduto in via del Seminario, la vigilia del primo maggio, proprio al centro di un largo rettilineo alberato, tra palazzi abitati da centinaia di famiglie, l'asfalto ha ceduto e si è aperto un cratere largo tre metri e profondo uno e mezzo. Ancora una volta si è sfiorata la tragedia e, per fortuna, si può parlare solo di disagi per le transenne e i lavori per il ripristino della rete idrica. Nei giorni scorsi, un altro buco in via Satta, dove la strada è chiusa da tre giorni. Come accade con ciclica puntualità ad ogni acquazzone particolarmente violento e a ogni perdita importante nelle condutture dell'acquedotto, l'acqua si è fatta spazio sottoterra, ha eroso il terreno sul quale era stato steso il manto d'asfalto e ha creato un vuoto che, ingrandendosi, ha finito con l'ingoiare la strada.
LE FRANE Questa volta è accaduto ai piedi del colle di San Michele ma il fenomeno, talvolta con connotazioni diverse e con conseguenze più drammatiche, si verifica assai spesso anche in altre zone della cinta urbana. A Villanova, dove le frane hanno interessato interi tratti di strada e scantinati malamente realizzati, e dove uno smottamento di notevole estensione è visibile da anni lungo la passeggiata del Terrapieno. In pieno quartiere della Marina, in via Principe Amedeo, dove il muro di cinta di un giardino è franato trascinando terra e limoni, e una palazzina vicina si è riempita di crepe che l'hanno resa inabitabile. O, ancora, nella Passeggiata coperta, sotto il Bastione, che ha sì offerto alla città uno straordinario spazio espositivo e regala sempre nuove scoperte (come il centro termale del II secolo messo recentemente in luce durante l'asportazione di cumuli di detriti) ma necessita periodicamente di costosi interventi di manutenzione a causa delle infiltrazioni d'acqua. Per non parlare del rischio frane che incombe sulle aree a ridosso delle falesie: dai Giardini pubblici a Bonaria.
FIUMI SOTTERRANEI Tutto questo non accade per caso: Cagliari è una città nata sui declivi di una pietra calcarea variamente friabile dove il corso naturale del tempo ha creato fratture e grotte nelle quali scorrono fiumi sotterranei che l'attraversano a varie profondità da nord a sud. Ma anche l'uomo ha fatto la sua parte, scavando una miriade di cavità da utilizzare come deposito, rifugio e luogo di culto. Come ulteriore elemento di complessità, dobbiamo rilevare il fatto che il calcare di Cagliari è facile da asportare per ricavarne pietra da costruzione. E l'abitato si è espanso nei secoli occupando le aree delle antiche cave o le spianate ricavate con l'accumulo dei terreni da riporto. Ciascuno di questi fattori può, per suo conto, provocare problemi nel tessuto urbano che oggi, assai più del passato, deve sottostare alle sollecitazioni del traffico e al peso di edifici sempre più grandi. Se poi, come accade nel quadrilatero delimitato da via Is Mirrionis, piazza d'Armi, via Is Maglias e la spianata di Tuvumannu, i fattori di rischio si sommano, frane e smottamenti diventano motivo di quotidiana apprensione.
CAVE ROMANE Qui le case sono state costruite su ciò che resta di una collina dove punici e romani aprirono cave che, nei secoli successivi, divennero cisterne, stalle e abitazioni e poi nuovamente cave per fornire la materia prima a una fabbrica di cemento nata negli anni Venti del secolo scorso e in attività fino a quarant'anni fa. Su questo terreno, dove avvallamenti e voragini sono stati colmati con pietre, terra e detriti, il piano di espansione edilizia aveva previsto due ettari di area fabbricabile che oggi sono diventati sede dell'università (vi sono aule e laboratori della facoltà di Ingegneria), villette con giardino, palazzine e condomini dove vivono alcune centinaia di persone. Apparentemente, un bel posto per metter su casa; ma il terreno di riporto sul quale poggiano numerose abitazioni (e anche edifici della stessa università) non offre solide garanzie alle fondamenta. Lo dimostrano lo stabile abbattuto dopo il cedimento del terreno in Piazza d'Armi, le case piene di crepe dove passa il braccio di un uomo, le pareti esterne degli edifici disseminate di vetrini per monitorare i cedimenti, le strade da anni chiuse al traffico con transenne e reti metalliche. «Siamo come a Buoncammino, viviamo in gabbia», commenta amaramente Gianluca Morelli, casa in via Marengo, proprietario di un'Audi nuova fiammante che l'8 agosto di due anni fa è sprofondata in una voragine.
ANGELO PANI
(Continua)

06/06/2010