Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

In vendita il convento di San Francesco

Fonte: L'Unione Sarda
29 aprile 2010

Stampace. Il complesso tra corso Vittorio Emanuele e via Mameli ora è un rudere

La proposta: la Regione dovrebbe trasformarlo in museo
L'area, sottoposta a vincoli, sarebbe stata valutata 1,5 milioni di euro. «Bisogna intervenire prima che crolli».
Un pezzo di storia della città cerca un acquirente. I proprietari dell'ex convento di San Francesco di Stampace, nel quadrilatero compreso tra via Mameli, via Sassari, corso Vittorio Emanuele e via Angioy, hanno deciso di disfarsi di quello che è ormai poco più di un rudere. Il chiostro con la relativa area è sottoposto ai vincoli di tutela: difficile quindi immaginare un privato che si avventuri in una compravendita con mille limiti. Più facile, e giusto, che sia un ente pubblico - Regione, Provincia, Comune o Soprintendenza - a farsi carico del recupero e della gestione. Dalla Regione arriva anche la stima dell'area: circa un milione e mezzo di euro.
LA STORIA Lucia Siddi è un funzionario della Soprintendenza ai beni architettonici. Tanto esperta che l'hanno voluta a capo dell'Ufficio di gabinetto dell'assessorato regionale ai Beni culturali. «Il chiostro di San Francesco di Stampace era un centro fondamentale per la cultura e la storia, ma oggi è poco più che un rudere. Che può essere recuperato prima che crolli definitivamente». Quand'è iniziato il declino? «Il convento venne chiuso il 26 marzo 1861 per gli effetti delle nuove leggi sulla soppressione degli ordini religiosi, anche se la prima minaccia arrivò nel 1828 con la proposta del ministro degli Interni che vuole realizzare nel convento l'ospedale Civile. Nel 1862 l'edificio venne trasformato in caserma dei carabinieri. La chiesa, che sorgeva dove ora c'è il palazzo dell'Ersu, all'angolo tra il Corso e via Sassari, venne chiusa nel gennaio 1967 anche se i frati continuarono a celebrare funzioni religiose». Il colpo di grazia arrivò dal cielo. «Il primo novembre 1871 un fulmine colpì il campanile provocando seri danni, tanto che chi viveva nelle abitazioni confinanti protestò e chiese la demolizione». La parola fine, però, non doveva ancora essere scritta. «Il Demanio pensò di convertirlo in scuderia dell'Esercito poi di cederlo al Comune, che si era opposto alla trasformazione. Il consiglio comunale - continua Lucia Siddi - respinse la cessione anzi ordinò al Demanio la demolizione. L'Intendenza di finanza, visto l'elevato importo per il restauro (50 mila lire) e il degrado degli edificio propose la cessione a privati dell'area». Per fortuna intervenne il ministro della Pubblica istruzione che salvò l'area da costruttori senza scrupoli che già avevano iniziato a deturpare il capoluogo, disponendo la conservazione di un edificio notevolissimo di cui la speculazione intende fare case , come riporta il Quaderno 4/91 della Soprintendenza ai beni ambientali, architettonici e storici per le province di Cagliari e Oristano. Ma l'11 gennaio 1875, il giorno dopo un sopralluogo del canonico Giovanni Spano e dell'architetto Gaetano Cima, l'umidità fece crollare gli archi delle cappelle del pronao e le travi del tetto. «Si arrivò così al febbraio 1877, quando il ministero della Pubblica istruzione autorizzò il Demanio alla vendita. Ora sono in corso trattative preliminari per l'acquisto del bene che potrebbe diventare un museo. Serve un lavoro di tutte le istituzioni - aggiunge Lucia Siddi - Regione, Comune, Provincia e Soprintendenza». Qual è la richiesta degli attuali proprietari? «Oltre un milione di euro.
IL PRESENTE Maria Alessio fa parte della famiglia proprietaria dell'edificio. Raggiunta telefonicamente, preferisce non parlare dell'argomento, ma conferma una serie di colloqui, per il momento informali, con la Regione per la cessione del chiostro.
ANDREA ARTIZZU

29/04/2010