Ospite del Nautic Show
Tre del mattino, un botto. Il terrore di essersi incagliato. Il sollievo di scoprire che non era uno scoglio, ma il dorso di una balena addormentata. È l'aneddoto di chiusura di un intenso viaggio di immagini e parole, tre anni in solitaria intorno al mondo, raccontati dal suo protagonista: il navigatore turco Ozkan Gulkaynak, ospite ieri al Nautic Show Sardinia.
IL RITORNO A Cagliari, ma a Marina Piccola, era già stato quattro anni fa. Era l'inizio della sua avventura su Kayitsiz III, otto metri in legno costruito interamente da solo. Lo strumento di un sogno semplice e comune, di quelli che si coltivano da bambini e spesso restano nel cassetto: girare il mondo. «La maggiore difficoltà è stata convincere mia madre», ha raccontato durante una presentazione informale, corredata da decine e decine di scatti di visi, panorami selvaggi, animali e tramonti, «perché non sapevo come fare: ho rilasciato un'intervista, l'ha letta sul giornale e ha capito». Non era un capriccio, una follia, ma il bisogno cosciente di un uomo di quarant'anni di conoscere meglio il mondo, e se stesso. A costo di vanificare una laurea in economia e un posto sicuro nei trasporti.
GIRO DEL MONDO Non avevano pensato, tutti e due, che questo percorso interiore sarebbe durato ben tre anni. Dalla Turchia alle Azzorre, da Panama alla Polinesia fino all'Australia, Sud Est asiatico ed Egitto. Senza alcun gps e strumento elettronico, solo con bussola e sestante. Attraverso tre oceani, la paura di incontrare i pirati e il rischio di essere scambiato per uno di loro. «Il motore mi ha fatto penare per tutto il viaggio ma il momento peggiore è stato restare senza gasolio e vento in contemporanea», ha ricordato, «un mercantile americano ha accolto la richiesta di aiuto ma, temendo un mio assalto, ha lanciato due taniche a due miglia di distanza: ho dovuto recuperarle con il tender». Il resto è desiderio di cibo italiano. Dopo pochi giorni a terra il ritorno nel blu. «Non potevo consultare le condizioni meteo, ma non m'importava: sentivo di doverlo fare, anche quando ho passato settimane a letto, in Indonesia, per un attacco di tifo».
IL FUTURO Da pochi mesi è tornato a casa. Alla ditta di import export di trasporti non è più tornato, almeno per lavorare. Ora il crazy turkish , il turco pazzo, come è stato soprannominato durante il suo viaggio, passa le sue giornate alla scrivania: mette i ricordi su pc, a breve diventeranno un libro. Dopo, forse, una nuova impresa. Il mare per lui non ha più sorprese, ma i fiumi sì.
CLARA MULAS
15/04/2010