Rassegna Stampa

Il Sardegna

Tristi, “scalognati” giganti

Fonte: Il Sardegna
23 marzo 2010

Da domani al Teatro Massimo

Vetrano e Randisi in scena con l'incompiuta di Pirandello: «Ora che per l'arte pare non esserci scampo, quest'opera è di un'attualità sconvolgente». di Anna BrotzuIn

In un periodo in cui per l'arte non sembra esserci scampo “I giganti della Montagna”, l'ultima opera, incompiuta, di Luigi Pirandello - come “La Tempesta” di Shakespeare - si rivela di un'attualità sconvolgente»: lo spiega Enzo Vetrano che con Stefano Randisi firma la regia dello spettacolo in cartellone stasera alle 21 al Teatro Costantino di Macomer, da domani a domenica al Massimo di Cagliari e il 29 e 30 marzo al Verdi di Sassari per la Stagione del Cedac.

 Fondatori e anima “duale” di Diablogues, in cui sono confluite varie e significative esperienze, da Teates a Daggide, alla bolognese Nuova Scena al segno forte di Leo De Berardinis, i due autori, registi e attori fondono le istanze della ricerca e della sperimentazione allo studio dei classici aprendosi a proficue collaborazioni.

COMPLICI in quest'esplorazione del “mito in prosa” pirandelliano, lo Stabile della Sardegna, Gl'Incamminati, il Carcano e il Comunale d'Imola. Una compagnia teatrale approda nella villa del “mago” Cotrone, abitata da strane figure d'emarginati, per mettere in scena la “Favola del figlio cambiato” per una festa dei misteriosi “giganti” (con il rischio d'incorrere nell'incomprensione che circonda la poesia). «Noi lavoriamo da sempre su una verità assoluta nella semplicità: è questa la nostra cifra “rivoluzionaria” », spiega Vetrano, «incarnata in Cotrone, che inventa un'arte viva per sé e non in mezzo alla gente, mentre gli attori non possono fare a meno di rappresentarla ». Randisi aggiunge: «Pirandello mette in scena l'incontro-scontro fra due mondi che si rispecchiano senza saperlo: artisti e “scalognati” per gioco o per mestiere inseguono la stessa necessità di descriversi raccontando e facendo vivere i personaggi per renderli veri». Nella villa, con l'arsenale delle apparizioni (popolato dai “fantasmi” del '900, Kantor in primis), la compagnia potrebbe facilmente allestire la “Favola”: «Ma la Contessa non sa rinunciare all'utopia di portare la Poesia nel mondo, a costo del proprio sacrificio» sottolinea Randisi. E Vetrano: «nell'ipotetico finale descritto al figlio Stefano, Ilse veniva sbranata dai servi, ma Pirandello aveva sognato anche un ulivo saraceno, simbolo della memoria del passato, del presente e del futuro, così abbiamo risolto il dramma in maniera poetica con la “magia” del doppio, lasciando adito alla speranza». Anche se ammette Vetrano, già con Randisi nella storica edizione diretta da De Berardinis (spettacolo dell'anno nel '93), e ora dopo vari attraversamenti pirandelliani di nuovo alle prese con i “Giganti” per Diablogues: «Si avverte nel testo la paura di ciò che sta per arrivare, un'idea di morte: oggi siamo circondati dai “giganti”, son tempi oscuri, inquieti e difficili per la cultura ».