Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Ryuichi Sakamoto tra nostalgia e sperimentazione Alla fine del concerto le musiche delle colonne son

Fonte: L'Unione Sarda
25 giugno 2008

musica


In Ho fatto Splash Maurizio Nichetti deve riprodurre, in una pièce di Strehler, le onde de La Tempesta di Shakespeare. Combina disastri, lui vola sul pubblico attaccato a una fune e crolla tutto. In platea, due signore con fare saputo commentano «Eh già, Strehler è sempre Strehler». Ryuichi Sakamoto all'Anfiteatro Romano - in compagnia di Christian Fennesz - non sperava nell'effetto "Strehler è sempre Strehler". Ha fatto le cose che fa ora. Ma tra quel pubblico un po' di nicchia («La platea e il primo anello» dicono gli addetti ai lavori) alcuni non hanno retto fino alla fine.
Chi era lì per le eleganze nipponiche di Furyo o per i tocchi aggraziati delle musiche dei film di Bertolucci forse ha avuto qualche delusione riscattata solo alla fine, quasi nostalgica, dello show e nei bis. Chi ama invece le sperimentazioni fatte di dissonanze al piano e suoni elettronici di sottofondo ha avuto pane per i suoi denti. Il giapponese con il suo tratto compositivo diviso tra la curiosità sperimentale e il neo classico europeo incanta. Così come Fennesz con i suoi intarsi di chitarra che stramano un tappetto di umori/rumori digitali. Insieme offrono spunti ma con un vago senso di incompiuto, con Fennesz decisamente in secondo piano. La prima parte dello show li vede impegnati ai laptop: con i volti illuminati dalla luce violacea dello schermo improvvisano. Dal vivo l'effetto è straniante: non c'è corda che vibra, martelletto che picchia, aria che si muove. È il suono dell'immobilità. Un flusso di sequenze/frequenze ininterrotto: sibili, ronzii, fruscii che si inseguono, si sviluppano, si sospendono, collassano. Un po' 2001 Odissea nello Spazio, un po' Matrix. Curioso notare come il bleep di un telefonino che si spegne o il rombo alto in cielo di un aereo diretto chissà dove non disturbano il contesto. Sono quasi un effetto aggiuntivo. Per proporre Cendre , il lavoro in studio unicum dello scorso anno, Sakamoto si sposta alla tastiera del pianoforte, sullo schermo bolle d'acqua e schiuma, spruzzi e flussi di corrente, Fennesz armeggia tra la chitarra, il laptop e ordigni elettronici.
Bemolle e incedere drammatico all'inizio poi interventi atonali di scuola contemporanea e, via via, fraseggi più aperti e distesi, armonie accennate, sfumate fino alla grazia del tema di Merry Christmas, Mister Lawrence . Tutto intorno i pad e i glitch elettronici di Fennesz: a pensarci anche lui suona una tastiera, anche se non ha i tasti in avorio.
GIUSEPPE CADEDDU

25/06/2008