musica
In Ho fatto Splash Maurizio Nichetti deve riprodurre, in una pièce di Strehler, le onde de La Tempesta di Shakespeare. Combina disastri, lui vola sul pubblico attaccato a una fune e crolla tutto. In platea, due signore con fare saputo commentano «Eh già, Strehler è sempre Strehler». Ryuichi Sakamoto all'Anfiteatro Romano - in compagnia di Christian Fennesz - non sperava nell'effetto "Strehler è sempre Strehler". Ha fatto le cose che fa ora. Ma tra quel pubblico un po' di nicchia («La platea e il primo anello» dicono gli addetti ai lavori) alcuni non hanno retto fino alla fine.
Chi era lì per le eleganze nipponiche di Furyo o per i tocchi aggraziati delle musiche dei film di Bertolucci forse ha avuto qualche delusione riscattata solo alla fine, quasi nostalgica, dello show e nei bis. Chi ama invece le sperimentazioni fatte di dissonanze al piano e suoni elettronici di sottofondo ha avuto pane per i suoi denti. Il giapponese con il suo tratto compositivo diviso tra la curiosità sperimentale e il neo classico europeo incanta. Così come Fennesz con i suoi intarsi di chitarra che stramano un tappetto di umori/rumori digitali. Insieme offrono spunti ma con un vago senso di incompiuto, con Fennesz decisamente in secondo piano. La prima parte dello show li vede impegnati ai laptop: con i volti illuminati dalla luce violacea dello schermo improvvisano. Dal vivo l'effetto è straniante: non c'è corda che vibra, martelletto che picchia, aria che si muove. È il suono dell'immobilità. Un flusso di sequenze/frequenze ininterrotto: sibili, ronzii, fruscii che si inseguono, si sviluppano, si sospendono, collassano. Un po' 2001 Odissea nello Spazio, un po' Matrix. Curioso notare come il bleep di un telefonino che si spegne o il rombo alto in cielo di un aereo diretto chissà dove non disturbano il contesto. Sono quasi un effetto aggiuntivo. Per proporre Cendre , il lavoro in studio unicum dello scorso anno, Sakamoto si sposta alla tastiera del pianoforte, sullo schermo bolle d'acqua e schiuma, spruzzi e flussi di corrente, Fennesz armeggia tra la chitarra, il laptop e ordigni elettronici.
Bemolle e incedere drammatico all'inizio poi interventi atonali di scuola contemporanea e, via via, fraseggi più aperti e distesi, armonie accennate, sfumate fino alla grazia del tema di Merry Christmas, Mister Lawrence . Tutto intorno i pad e i glitch elettronici di Fennesz: a pensarci anche lui suona una tastiera, anche se non ha i tasti in avorio.
GIUSEPPE CADEDDU
25/06/2008