Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

Alloggi, cresce l’abusivismo

Fonte: La Nuova Sardegna
19 marzo 2010

VENERDÌ, 19 MARZO 2010

Pagina 1 - Cagliari

Circa cinquecento appartamenti occupati senza diritto

Marisa Depau: «Quando un appartamento viene lasciato libero spesso arriva un altro inquilino ma fuori dalle regole»

ROBERTO PARACCHINI

CAGLIARI. Chi non ha una casa si arrangia e spesso, disperato, occupa appartamenti altrui. Da decenni Cagliari è ai primi posti della «sofferenza abitativa», locuzione eufemistica per indicare che l’alloggio, per molti, è un lusso. Le occupazioni interessano per lo più appartamenti di edilizia residenziale pubblica. E in città hanno raggiunto il numero allarmante «di circa cinquecento unità», afferma Marisa Depau, consigliera indipendente del Pd in consiglio comunale, da sempre impegnata nella difesa dei diritti dei senza tetto. Ma come mai la cifra è così alta visto che le ordinanze di sgombero sono un centinaio? «Il problema - spiega Depau - è che molte di queste abitazioni, occupate abusivamente, non sono registrate come tali in quanto chi vi abita paga regolarmente l’affitto. Questo tipo di case, infatti, hanno una locazione sociale, molto più bassa del mercato. Allora cosa capita: chi per un motivo o per un altro si deve spostare oppure muore, viene sostituito da un altro inquilino che continua a pagare all’ente pubblico col mome dell’affittuario precedente. Così nessuno scopre niente». Non solo: «A volte capita che chi va via, vende abusivamente il diritto di alloggiare nella sua ex casa. E visto che i controlli del Comune o di Area (l’ex Iacp) avvengono molto di rado, quella casa risulta ancora locata alla famiglia Tal dei Tali, mentre magari ce n’è un’altra che non ne ne avrebbe il diritto». Si tratta di una situazione «molto grave - continua Marisa Depau - che annulla parte della validità delle graduatorie per la casa».
A metà degli anni Settanta Cagliari richiamò l’attenzione nazionale per l’occupazione delle palazzine di via Logudoro (poi ristrutturate, oggi ci sono i Carabinieri e parte della Prefettura) dove si erano installate una novantina di famiglie. «Sì - ricorda Depau - ma allora si trattava di edifici abbandonati, oggi si occupano abitazioni vivibili. E chi ne fa le spese sono le persone bisognose che seguono le regole. Molti “abusivi paganti” vi sono nei palazzoni di Sant’Elia, a Santa Teresa a Pirri, in piazza Medaglia Miracolosa, a Is Mirrionis, in via Castelli ecc.». Poi vi sono gli stabili dimenticati, come l’ex Casa delle madri in via Bosco Capuccio dove si trovano sette famigliea e quattro nell’ex scuola di via Flumen Tepido».
Il problema «vero è che oggi non ci sono nuove abitazioni per chi non può pagare gli affitti del mercato. Abbiamo appena varato la graduatoria per le case-parcheggio dove ci sono 500 in lista, ma queste abitazioni sono già tutte occupate». In città, ha affermato più volte il sindaco Emilio Floris vi sono molte case popolari: tra Comune e Area, si arriva a oltre ottomila. Da qui la richiesta di coinvolgere l’hinterlnad. «Ma è il solito discorso - continua Depau - si pensa all’area vasta solo quando si vuole spostare il disagio, senza affrontare il problema in modo adeguato».
Intanto il Comune spende ogni anno circa un milione e mezzo per l’emergenza abitativa tra contributi, locande e case albergo. Ma anche se si considera solo gli abusivi intercettati, nel capoluogo dell’isola negli ultimi anni sono stati 392, contro i 771 di tutta la Sardegna. quindi con un decimo degli abitanti dell’isola, Cagliari ha oltre la metà degli inquilini abusivi. Ma «questo non ci deve meravigliare - sottolinea Ninni Depau, capo gruppo del Pd in consiglio comunale - visto che la gestione del patrimonio fa acqua da tutte le paerti. Basti dire, ad esempio, che vi sono già stati tre diversi assessori: Gianni Chessa, poi Luciano Collu e, recentemente, Patrizio Mulas. Lo stesso per i dirigenti». Ora si parla di un piano di vendita del patrimonio pubblico per ottenrer finanziamanti atti a costruire nuovi alloggi, «ma senza un piano finanziario adeguato si finirà col creare ulteriore confusione».