La sezione d'appello della Corte dei conti
Solo il superamento del limite della ragionevolezza può dar luogo alla sindacabilità del giudice contabile
Il principio fondamentale che regola le procedure di tutela giudiziaria dei diritti delle Pubbliche amministrazioni in generale, e di quelle locali, in particolare, «si fonda sul riconoscimento di ampia autonomia e discrezionalità in capo agli Organi di vertice con competenza specifica (nel caso dei Comuni: la Giunta). Il che significa che le costituzioni in giudizio sono presidiate da un'ampia libertà di valutazione, di per sé insindacabile anche nella sede contenziosa contabile. Il limite al principio di autonomia e discrezionalità è rappresentato solo dalla palese irragionevolezza della scelta amministrativa posta in essere, sia essa positiva (nel senso della costituzione) ovvero negativa (nel senso della non costituzione)».
Lo ha stabilito la Prima sezione, giurisdizionale, centrale di appello della Corte dei conti, con la sentenza numero 696 del 21 dicembre 2009, con la quale ha confermato la pronuncia di primo grado che, a sua volta, aveva disposto l'assoluzione di amministratori e funzionari di un Comune, chiamati a rispondere del presunto danno erariale cagionato con la loro condotta. La sentenza di appello in esame ha modo di ribadire l'orientamento della Corte in riferimento ai criteri che regolano il riconoscimento della responsabilità per danno erariale, nell'ipotesi di costituzione della pubblica amministrazione in un procedimento giudiziale.
LA DECISIONE Il collegio, nell'individuare il limite del sindacato della stessa Corte dei conti, precisa che questa dovrebbe «limitarsi ad accertare se sia stata improvvida e temeraria la costituzione difensiva del Comune … e se gli agenti pubblici convenuti possano essere chiamati a rispondere per la colpa grave tenuta nello specifico episodio gestorio contestato. Solo il superamento del limite della ragionevolezza dà ingresso alla sindacabilità del Giudice contabile. La ragionevolezza, in caso di costituzione in resistenza, si manifesta allorquando, con valutazione ex ante, sia pressoché probabile la soccombenza completa dell'amministrazione (criterio della probabilità prevalente)».
Il non aver cercato una via transattiva di componimento della vertenza non vale, poi, di per sé, ad accertare una colpa grave in capo agli amministratori e funzionari che questa scelta abbiano operato. Si legge nella sentenza: «Il non aver neppure tentato questa strada (transattiva) è indice di quella superficialità colposa (ma non gravemente colposa) di cui si è fatta puntualmente carico la sentenza di prime cure. In sintesi: il Comune..., ricevuta la chiamata in giudizio … avrebbe dovuto attivarsi per approfondire ulteriormente le cause del contendere e tentare di risolvere la questione in via stragiudiziale. Ma l'aver preferito la costituzione in resistenza, nell'ambito dell'ampia discrezionalità riconosciuta alla Giunta, non ha travalicato il limite della ragionevolezza».
Nel caso specifico, dice il collegio, «il risultato della causa si presentava, con criterio probabilistico, difficile per l'amministrazione, ma non del tutto scontato (anche per quanto atteneva alla quantificazione della condanna). Indice di una qualche problematicità della causa è del resto rappresentato dal fatto stesso che il Giudice abbia inteso avvalersi di una consulenza tecnica d'ufficio».
Conclude la sentenza: «L'esercizio del potere discrezionale all'interno del limite della ragionevolezza amministrativa (comprendente un puntuale richiamo al valore costituzionale del buon andamento, implicante in concreto il perseguimento, attraverso la legalità e la legittimità, dell'efficacia, dell'efficienza e dell'economicità dell'azione amministrativa) costituisce indicatore idoneo a contrastare la colpa grave».
A cura dello Studio legale dell'avvocato Antonino Menne
18/03/2010