Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

Magica tastiera per Rachmaninov

Fonte: La Nuova Sardegna
16 marzo 2010

MARTEDÌ, 16 MARZO 2010

Pagina 37 - Cultura e Spettacoli

Quasi perfetta l’interpretazione di Lugansky al Comunale di Cagliari






GABRIELE BALLOI

CAGLIARI. Alexander Vedernikov, direttore musicale del Bolshoi di Mosca, deve avere una certa predilezione per Rachmaninov, se a ogni presenza sul palco del Lirico ne dirige ogni volta almeno una pagina.
In attesa quindi di rivederlo quest’estate alle prese con la pucciniana «Tosca», venerdì e sabato era di scena al Comunale con l’opera prima del suo favorito: il «Concerto n.1 in fa diesis minore per pianoforte e orchestra». Il solista, invece, era Nikolai Lugansky, classe 1972, lui pure moscovita, vinse vent’anni fa proprio il «Concorso Rachmaninov». Inutile dire perciò come navighi sulla tastiera con la fluidità e la maestria di chi ormai frequenta soventemente il repertorio.
In quest’occasione possiamo dirlo, pertanto, quasi irreprensibile: giusto qualche passaggio forse non nitidissimo stava nel turbinìo di accordi che attraversa il primo movimento, ma ben poca cosa se messo di fronte all’eleganza e alla naturalezza con cui risolve tutti gli altri aspetti tecnico-pianistici. Lugansky infatti lima la componente virtuosistica, l’addolcisce, la spoglia di qualunque istrionismo, per lasciare soltanto quel velluto melodico che caratterizza un po’ tutto Rachmaninov.
Molato, carezzevole, perfino quasi patinato è poi l’accompagnamento orchestrale di Vedernikov, che srotola per Lugansky un vero e proprio tappeto rosso di sonorità morbide e suadenti. Tutt’altro campo di prova era la «Sinfonia n.6 in si minore op.54» di Shostakovich, con la sua anomala tripartizione in «Largo», «Allegro» e «Presto», disposti con tale sequenza da creare una sorta di gradazione ascendente, dalle «lande sonore» desolate e misteriose del primo tempo alla goliardica giocosità dell’ultimo. Non c’è colore che manchi nella tavolozza espressiva di Vedernikov che ne dà una lettura esaltante, gremita di idee interpretative, curatissima, trascinante. L’Orchestra del Lirico davvero in una delle sue migliori performance: ottoni dal timbro smagliante, preciso e netto, ma tutta la sezione dei fiati è complessivamente superba; gli archi, soprattutto violoncelli e contrabbassi, estremamente incisivi; e anche le percussioni sono di una dovizia policroma.
In prima esecuzione assoluta e commissionato dal Lirico era invece «Sedicesimo di Centurione», composto da Vittorio Testa e con la bellissima voce recitante di Omero Antonutti. Pagina un po’ kafkiana per atmosfera drammatico-letteraria, perfetto riflesso dell’angoscia surreale descritta nel testo di Giorgio Manganelli.