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Il portico di Palabanda

Autore: Fabio Marceddu,
10 febbraio 2015, 11:32
La storia dei Vinti
Moti di Palabanda 1812-2012
Moti di Palabanda 1812-2012

Esiste una storia ufficiale (quella dei vincitori) e una storia non ufficiale (quella dei vinti).

Sarà forse casuale che una regione come la Sardegna non riesca a far inserire nei programmi della scuola la Storia che la riguarda.

Storia millenaria che, se ci affidassimo agli illustri “cronachisti” romani o al più recente Dante, non ci fa certo onore e licenzia secoli di storia protosarda in modo poco eloquente dando notizie di scarsa rilevanza.

Ma poiché, prima o poi, la verità emerge come sono Ri-emersi prepotentemente i Giganti di Mont'e Prama a rivendicare la loro verità, anche altre piccole storie quotidiane che non hanno cambiato il corso degli eventi gridano dal passato per farsi ascoltare e raccontare.

Il Portico di Palabanda, che durante la seconda guerra mondiale segnava il confine fra il legale e l'illegale, patria di bordelli, borsa nera e traffici illeciti, in qualche modo è il sinonimo dell'altra storia.

Inglobato nell'estensione della Cagliari post-bellica, ha rischiato più volte l'estinzione e oggi appare come una ferita, un tassello stonato, a metà fra l'antico non restaurato e il moderno mal conservato, testimone di una verità che pochi raccontano.

Eppure al suo nome e a quel luogo sono legati i nomi dei martiri che hanno combattuto contro la spregiudicatezza e questa lotta è testimoniata dal racconto di Sergio Atzeni, cantore della sua terra, che ha dato voce a molti “Cicli dei vinti”.

 

Nel 1812 Cagliari e la Sardegna furono colpiti da una grande siccità che distrusse i raccolti e provocò una grave carestia che coincise con una epidemia di vaiolo.
... Nel capoluogo si trovava il re Vittorio Emanuele I con il suo seguito, in quanto il Piemonte era occupato dai francesi, e sui sardi si abbatterono nuove tasse per le spese della corte.
Il popolo esasperato decise di ribellarsi, i congiurati si riunirono in un podere di proprietà dell'avvocato Salvatore Cadeddu, segretario dell'Università, situato nella località di Palabanda, nella zona in cui oggi sorge l'orto botanico.
Erano a capo della congiura anche i figli del Cadeddu, Gaetano e Luigi, gli avvocati Francesco Garau e Antonio Massa, il sacerdote Antonio Muroni, l'insegnante Giuseppe Zedda, il conciatore di pelli Raimondo Sorgia, il sarto Giovanni Putzolu, il pescatore Ignazio Fanni e il panettiere Giacomo Floris.
L'insurrezione venne fissata per il 30 ottobre 1812 e prevedeva l'ingresso nel quartiere della Marina dalla porta di Sant'Agostino, lasciata aperta dai soldati di guardia già corrotti, per poi raggiungere Castello per arrestare Giacomo Pes di Villamarina, comandante militare della città, ed espellere i cortigiani.
Ma la notizia della cospirazione arrivò all'avvocato del fisco Raimondo Garau che informò il re e il colonnello Villamarina, che allertò i militari ai suoi ordini.
Sorgia e Salvatore Cadeddu furono arrestati e impiccati, Cadeddu, Fanni, Zedda e Garau, giudicati in contumacia, subirono la stessa condanna, a Floris e Massa fu comminato l'ergastolo.
Gli atti del processo scomparvero quasi subito dagli archivi e circolava voce che gli imputati avessero fatto, durante gli interrogatori, il nome di Stefano Manca di Villahermosa, alto funzionario della corte di Carlo Felice, quale capo segreto della rivolta
(tratto da La congiura di Palabanda di Sergio Atzeni)

Chissà quante altre vite aspettano di essere svelate, e quante altre verità saranno raccontate, noi ci limitiamo per ora a Palabanda, per cominciare, perchè solo sapendo realmente da dove veniamo possiamo capire davvero chi siamo e cosa vogliamo diventare. 

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