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Brutto del Teatro dei Filodrammatici con Marius Von Mayemburg al Teatro Massimo di Cagliari

7 gennaio 2015, 09:47
In scena dal 9 all'11 gennaio.
Scena dello spettacolo

Il 9/10/11 gennaio al Teatro Massimo va in scena “Brutto” una produzione del
Tetro dei Fiilodrammatici (affidato di recente ad una nuova e giovane compagnia), dal testo di Marius Von Mayemburg, quarantenne autore tedesco tra i più rappresentati al momento e drammaturgo alla Schaubühne di Berlino. La regia è di Bruno Fornasari, in scena Tommaso Amadio, Mirko Ciotta, Michele Radice e Valeria Perdono’.
Un testo che descrive l’attuale società prostrata alla cultura dell’apparire. Una società di scarsi valori dove regnano veline tronisti, maniaci dei social e dei selfie.

Lo spettacolo è inserito nella Stagione 14/15 del Teatro Stabile della Sardegna.

9-10-11 gennaio 2015
BRUTTO
Di Marius von Mayenburg

Produzione: Teatro Filodrammatici
Regia: Bruno Fornasari
con: Tommaso Amadio, Mirko Ciotta, Michele Radice, Valeria Perdonò
Scenografia: Erika Carretta
Costumi: Erika Carretta
Luci: Andrea Diana

Orari spettacoli: 
Venerdì, 9 Gennaio, 2015 - 21:00
Sabato, 10 Gennaio, 2015 - 21:00
Domenica, 11 Gennaio, 2015 - 19:00

Sala Minimax

Traduzione di Umberto Gandini
Assistenti alla regia Riccardo Buffonini Giuseppe Salmetti
 
BRUTTO non è uno spettacolo sulle aberrazioni della chirurgia estetica.
Nella vicenda, la chirurgia estetica è solo un ingranaggio della catena produttiva in cui la rivendicazione di un ruolo e di un’identità, insieme al bisogno di distinguersi, finiscono rovesciati nella produzione in serie di uno stesso modello identitario. Lette, bravo inventore ma troppo brutto per vendere, crea un nuovo personaggio sulle scorie della sua vecchia faccia e con quest’azione genera nuovo senso per se stesso e per chi lo circonda. Il che significa, di fatto, sesso più gratificante per la moglie e molte altre fans, e grandi profitti per la sua azienda.
Il punto qui allora non è chiedersi se sia giusto o no rifarsi completamente i connotati ma se sia ancora vero che nella nostra bella società tutto ruoti sempre e soltanto attorno a due perni inamovibili: sesso e denaro. E che noi, uomini e donne, ci si debba adeguare, a qualunque costo.
La risposta è sì, ovviamente. Quello che diverte in BRUTTO però è come viene declinato questo “ovviamente”. Il testo di Marius offre un’opportunità unica, irrealizzabile su altri media se non in teatro, di affrontare il tema dell’identità e sfidare l’apparenza attraverso un gioco di persuasione, semplice e radicale. Quello che abbiamo cercato di fare è stato sfruttare la semantica teatrale riducendo al minimo indispensabile le guide allo spettatore, fatte di cambi di costume, cambi di luce e atmosfere sonore, per raccontare la storia di otto personaggi interpretati da soli quattro attori. Nella sequenza rapidissima di scene brevi e sempre topiche, abbiamo accettato la sfida che nessun cambiamento dovesse avvenire sulla faccia degli attori. Una sospensione dell’incredulità ottenibile grazie alla bravura degli interpreti e al patto con lo spettatore la cui fantasia completa la storia. Per gli attori/personaggi e per il pubblico sarà bello ciò che viene chiamato tale e brutto sarà tutto il suo contrario. Nessuna sfumatura quindi, nessuna scala di grigi, proprio come nella vita, quando il desiderio, la disperazione o il guadagno forsennato spingono all’azione più che alla comprensione. Le vite dei personaggi di BRUTTO non si distinguono per etica o morale, ma si snodano tra opportunità colte e opportunità sprecate. Niente messaggi quindi, solo domande. Se qualcuno scoprisse la tossicità di una bevanda squisita, smetterebbe di produrla per non danneggiare i consumatori? Se qualcuno potesse intascare il brevetto di uno spinotto ipertecnologico, concederebbe il merito all’effettivo inventore? E, in entrambi i casi, riprodurre in serie tali scoperte sarebbe immorale da parte di un’azienda? In BRUTTO questi fattori vengono sostituiti con persone in carne ed ossa per scoprire così che l’equazione non cambia. Anche se, ovviamente, per qualcuno cambia tutto.

Il Sig. LETTE lavora per SCHEFFLER come inventore. Sicuro di partecipare a una convention per la presentazione di un suo brevetto, scopre invece di essere stato sostituito da KARLMANN, il suo assistente, per il semplice fatto di essere troppo brutto.
Perché nessuno gliel’ha mai detto prima? Perfino sua moglie FANNY è costretta ad ammettere d’averlo sempre considerato orrendo, ma d’averlo amato comunque, nonostante questo.
L’unica scelta possibile, per rimediare a un aspetto così disastroso, sembra essere quella di un radicale intervento chirurgico.
L’operazione riesce, ed ecco che, inaspettatamente, LETTE diventa bellissimo. Il chirurgo che l’ha operato lo usa come testimonial del proprio talento plastico e il suo capo ne fa un’icona aziendale per attrarre donne ricche e disposte a diventare solide azioniste.
Ma la cosa non dura a lungo.
Marius von Mayenburg, spingendosi fino al grottesco, mette la società davanti ad uno specchio che ne mostra vanità e superficialità delle relazioni. Il tutto amplificato teatralmente dal fatto che quattro attori recitano otto ruoli diversi, senza sostanziali cambiamenti nei loro volti.
Il risultato finale è quello di una brillante commedia degli equivoci, un’efficace satira sociale intorno a temi come quelli dell’identità, del conformismo e della relatività del successo.

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