Reportage

La storia, l'acquacoltura e le risorse del complesso ecosistema adiacente a Cagliari.
Pescatori
Pescatori

Pesca vagantiva, saline,bird watching e turismo culturale

Delle risorse che essa possiede, ne sono state analizzate soltanto alcune (la pesca vagantiva, l’attività saliniera, il bird watching ed il turismo culturale), ma, in realtà, la Laguna ne possiede tantissime altre, che però necessitano ancora di valorizzazione: pescaturismo, pesca sportiva ed amatoriale, turismo ambientale, etc.


PESCA VAGANTIVA
In seguito alla Bonifica Conti-Vecchi ed al conseguente afflusso di cacciatori, agricoltori e pastori decisi a diventare pescatori, Santa Gilla divenne una delle Lagune più pescose d'Europa con una produzione ittica di 17.000 quintali annui di specie pregiate.

Con l'arrivo delle prime industrie chimiche, alla fine degli anni '50, gli stessi pescatori vennero assunti nelle fabbriche e la produzione ittica si ridusse di almeno il 50%, tanto che al "Mercato Vecchio" nel Largo Carlo Felice si potevano trovare pochi pesci e di modesta qualità. La situazione divenne più drastica tra gli anni 1957-1971 a causa dell'inquinamento industriale, urbano e agricolo, con il conseguente divieto di pesca del 1974 che non era rispettato dai pescatori abusivi, da ex detenuti, da ex pescatori e da coloro che si trovarono in cassaintegrazione dopo la crisi del comparto chimico.

Si intravide una ricrescita economica solamente dopo le imponenti opere di bonifica del 1986 e con le prime esperienze di coltivazione intensiva (con cozze di provenienza iberica e vongole filippine) ed un Decreto Regionale affidò la gestione dell'attività ittica in Laguna nel 1994 alla cooperativa di pescatori "La peschereccia" e dalla fine del 1997 per 10 anni al “Consorzio Ittico Santa Gilla” che gestisce anche le strutture realizzate dall’Amministrazione Regionale in località “Sa Illetta” (laboratorio idrobiologico, stabulario, schiuditoio) e garantisce il monitoraggio biologico della Laguna.

La tipica imbarcazione di Santa Gilla utilizzata dal pescatore medio è da sempre "su ciu", di legno, a fondo piatto, particolarmente adatta per la navigazione in acque calme e basse, all'interno della quale possono stare fino ad otto uomini con le loro reti ed altri attrezzi. Quattro imbarcazioni di questo tipo, coordinate da pescatori esperti, costituiscono un’associazione produttiva di pesca, “sa brigarci”. In epoche più recenti e spesso per la pesca di frodo, si utilizzano invece da qualche tempo battelli gonfiabili, più facilmente camuffabili agli occhi delle guardie, oppure camere d'aria di autotreni galleggianti.

Le tecniche di pesca utilizzate attualmente sono il bertovello ed il tremaglio, ma non mancano di certo fiocine con la lampada soprattutto per la pesca notturna. Passando sul ponte de La Scafa, non è raro osservare alcuni pescatori che eseguono sulle spalliere metalliche dell'attuale viadotto la pesca con la bilancia, con l’ausilio di un rudimentale cerchione di bicicletta. Alcuni decenni fa non erano invece rari i casi di pesca con calce viva, con “sa lua” o con esplosivi, confezionati dagli stessi pescatori, che favorivano la risalita in superficie dei pesci ormai morti (pratica attualmente vietata).

Nella Laguna di Santa Gilla, oltre i pesci si ritrovano anche le "esche" per la pesca amatoriale e sportiva, come Diopatra neapolitana (conosciuto comunemente come “Trimuliggione”), prelevata dai fondali da abili pescatori subacquei.


LE SALINE
Sin dagli anni ’30, appena nate, le Saline di Macchiareddu (o Conti-Vecchi) primeggiarono sia come quantità di sale prodotto che come varietà di prodotti tanto che le esportazioni portarono il sale sardo in tutto il mondo in America del Sud, Canada, Islanda fino in Giappone. A ritmi elevatissimi e con tecniche ed attrezzature all’avanguardia, la produzione garantiva l’occupazione di circa 400 operai fissi che vivevano nella borgata all'interno della Salina e di moltissimi manovali stagionali, che picconavano e trasferivano il cloruro di sodio presente nelle caselle salanti in vere e proprie piramidi di 2 metri di altezza. Da qui il sale veniva trasportato con un trattore al porto di San Pietro, caricato su barconi in cemento, legno o ferro e trainato con rimorchiatori al Porto di Cagliari, da dove veniva imbarcato sui mercantili per l’esportazione.

La più terribile crisi del settore si ebbe durante la guerra, nel 1943 e la ripresa avvenne a ritmi così lenti da poter parlare di una vera e propria produzione di sale solamente negli anni ’53-’54, con l’introduzione della meccanizzazione nel processo di produzione a cui però seguì il licenziamento di molti operai.

Nel 1974, la Salina fu acquistata dalla SIR (società proprietaria della Rumianca) ed attualmente Macchiareddu, per produzione di sale, è la seconda salina in Italia ed è l'unica dove si sfruttano le "acque madri" che vengono utilizzate sia per scopo terapeutico che per ottenerne una gamma di sottoprodotti particolarmente richiesti in campo industriale ed agricolo.


BIRD WATCHING
Soprattutto dopo la realizzazione di percorsi Life Natura
realizzati con il Progetto Gilia, la Laguna di Santa Gilla offre spunti di grande interesse per gli amanti dell'osservazione degli uccelli, della “caccia fotografica” e del cosiddetto “bird watching”.

Durante il monitoraggio dell’avifauna nidificante stagionale riproduttiva condotto ogni anno tra la primavera e l’estate mediante censimenti a conteggio diretto delle coppie nidificanti, si possono infatti osservare: i limicoli, le garzette, l'airone cinerino, l'airone bianco maggiore, l'airone rosso e l'airone guardabuoi, il cormorano, le spatole, i mignattai, le anatre, i fischioni, i moriglioni, i germani reali, i codoni, le alzavole, i mestoloni, le marzaiole, i cavalieri d'Italia, le avocette, i gabbiani, le sterne, la gallinella d’acqua, il falco di palude ed il falco pescatore.

Caratteristici del paesaggio lagunare di Santa Gilla, i fenicotteri rosa che sostano preferibilmente nella zona delle vasche evaporanti dove trovano piccoli crostacei come nutrimento ideale. L’anno scorso sono state conteggiate 6.500 coppie e 2.000 nuovi “pulli”, piccoli di fenicottero. Di questi 500 sono stati “inanellati” con l’aiuto di un’equipe di professionisti e semplici volontari, sotto il controllo dell’Istituto Nazionale per la Fauna selvatica e grazie al contributo dell’Ufficio Intercomunale per la gestione della Laguna e dell’Assessorato all’Ambiente.

L’insediamento di nuove colonie è purtroppo spesso stato limitato dai continui saccheggi delle uova e dei piccoli (non solo da altri animali, ma spesso anche da vandali), dai disturbi durante il periodo della nidificazione, dall'accumulo di sostanze tossiche con effetti duraturi e dalla restrizione dell'habitat come conseguenza dei lavori di bonifica apportati alla zona.


TURISMO CULTURALE
La Laguna di Santa Gilla è nota agli studiosi di antichità puniche per l'eccezionalità delle testimonianze archeologiche che i suoi fondali custodiscono e che tuttora attira intorno a sé una miriade di turisti, soprattutto nel Museo della Laguna stessa.
I primi ritrovamenti, del tutto occasionali, risalgono al 1869, quando uno dei pescatori della Laguna recuperò, fra le maglie della sua rete, una testa muliebre in terracotta.

La successiva campagna di scavo del 1891 durò più di un anno e portò al recupero di tanti oggetti prevalentemente fittili: “maschere umane” riproducenti “le sembianze di Giove, Esculapio, Apolline o di altre divinità maggiori”, mani, piedi, protomi di cani, coccodrilli, “draghi” e pantere, oggetti di uso quotidiano come pentole, brocche, ciotole o “lampadette a due becchi”, anfore di grandi dimensioni con all'interno ossa macellate di pecora e di bue o “frutti abbastanza ben conservati quali nocciole e coni di pino”. Quanto ritrovato fece supporre a Filippo Vivanet, Direttore del Regio Commissariato ai Musei ed agli Scavi, l'esistenza di un'antica officina ceramica, probabilmente cinta da una palizzata e risalente al periodo fenicio-punico.

Successivamente, nel 1933, il soprintendente Doro Levi recuperò tre nuove terrecotte figurate, e pubblicò un articolo del 1937 dove espresse alcune perplessità circa l'ipotesi di Vivanet, basandosi soprattutto sul recupero di nuovi esemplari fittili di notevole fattura.

Nel 1987 l'Assessorato della Difesa dell'ambiente della Regione Sardegna, curatore del progetto, in accordo con la Soprintendenza Archeologica per le Province di Cagliari ed Oristano, si fece promotore di un'indagine storico-archeologica volta a delineare la frequentazione umana nella Laguna. A testimonianza della lunga attività delle officine, furono datate tra il V ed il II Secolo a.C. alcune protomi animali, mani, maschere recuperate, anforette, orcioli, lucerne bilicni (a due becchi), bruciaprofumi a coppe sovrapposte ed anfore di grandi dimensioni. Furono recuperati anche frammenti di anfore ioniche e corinzie del VI Secolo a.C. e quelli di anfore massaliote del IV Secolo a.C., che, insieme ad un frammento di coppa attica a figure nere, testimoniavano un quadro di rapporti commerciali di largo respiro. Con la nuova indagine, venne supposta anche l’esistenza di antichi magazzini, dove si raccoglievano i prodotti delle officine dei coroplasti, probabilmente operanti nel vicino retroterra, nella fascia a settentrione della Laguna.

Nell’estate del 1991 l'Assessorato alla Difesa dell'Ambiente finanziò una seconda campagna di ricerche, in accordo con la Soprintendenza. Su indicazione dei tecnici del laboratorio di restauro del Museo di Cagliari, furono allestiti dei vasconi che permisero, in acqua dolce, la desalinizzazione del materiale ceramico, e nell'acqua prelevata dalla laguna, dunque salmastra, il primo intervento sugli elementi lignei recuperati, in attesa di un successivo processo di consolidamento. Furono recuperati ulteriori anforette sia intere che frammentarie, trovate in alcuni casi in associazione con elementi lignei modellati e provvisti di incastri.

Dopo la campagna del 1991, non ci furono nuove scoperte archeologiche. Per il momento i tantissimi turisti che giungono, mossi dal desiderio di fare un tuffo nell’antichità e di saperne un po’ di più sul “mistero di Santa Gilla”, possono solamente visitare il Museo all’interno della Laguna.