Reportage

Il documentario in Sardegna: un’Isola raccontata da oltre un secolo

Autore: Giulia Antinori,
5 luglio 2007, 12:21
La realtà sarda raccontata dai sardi. Questo è fare documentari in Sardegna.

Dal secondo dopoguerra agli anni '60

È a partire dal 1946 che la produzione di cinema documentario ha un forte incremento, anche in Sardegna, soprattutto per effetto di un forte impulso dato dal Governo con importanti incentivi, con un interesse sempre più spiccato per gli aspetti antropologici del lavoro documentaristico. E proprio in questo periodo cresce sempre più anche in Sardegna l'interesse per gli aspetti antropologici del lavoro documentaristico, con autori, poi divenuti molto conosciuti, come Fiorenzo Serra e Enrico Costa. Al secondo dopoguerra, quindi, risalgono circa 300 lavori, la maggior parte brevi, che documentano storia e tradizioni dell'Isola.

Al solo Fiorenzo Serra, nato a Portotorres nel 1921 e morto nel 2005 dopo circa 60 anni di attività, sono attribuiti una sessantina di docu-film sulla Sardegna che l'hanno portato a essere considerato il più grande documentarista sardo. Produttore, fotografo e montatore di tutti i suoi lavori, Serra ha girato l'Isola in lungo e in largo filmando tutte le fasi e le particolarità di una terra in via di modernizzazione. Ha seguito i pastori della Barbagia durante le transumanze invernali verso le pianure, ha filmato gli ultimi artigiani della terracotta e del mattone in ladiri e i pescatori di coralli nella zona di Alghero. Ha raccontato il lavoro delle donne che confezionavano i cestini in rafia, giunco e asfodelo e le sagre campestri dei paesi dell'interno.

Uno dei suoi lavori più importanti, "L'ultimo pugno di terra", realizzato nel 1964 col patrocinio della Regione Autonoma della Sardegna per celebrare il primo Piano di Rinascita e promuovere così l'Isola, nel '66 vinse un premio al Festival dei Popoli, la più prestigiosa rassegna del cinema documentario in Italia.
Gran parte dei lavori di Serra sono conservati nel ricchissimo archivio della Cineteca Sarda della Società Umanitaria e nell'archivio Ersat. Agli anni '50 risalgono, tra gli altri, "San Costantino" (sull'Ardia di Sedilo), "Pescatori di corallo", "Feste della Barbagia" (sulle sagre di Desulo, Mamoiada, Sorgono e Lula), "I cavallini della Giara" (ambientato a Gesturi), "Assalto alla boscaglia" (sulla bonifica di Castiadas) e "Fame di pietre" e "Strade nuove" (sulla costruzione delle strade di penetrazione agraria nei terreni bonificati). Della decade successiva sono invece, oltre al film del '64, alcuni cortometraggi girati per la Corona cinematografica tra cui: "Maschere di paese" (sui carnevali della Sardegna) e "La Novena", un mediometraggio del 1969 dedicato alle feste barbaricine, già trattate in realtà anche negli anni Cinquanta.

Un altro grande documentarista sardo che ha iniziato la sua attività nel dopoguerra è Enrico Costa, di cui sono conservati circa 15 film. Figlio di fotografo sassarese e fotografo lui stesso, il suo attento occhio visivo l'ha portato a produrre anche degli interessanti lavori sull'Isola, tra cui alcune riprese degli anni '60 sulla Sartiglia di Oristano.

A riprendere la Sardegna e le sue particolarità, però, non sono solo autori sardi. Nel '58 sarà Vittorio De Seta, regista e sceneggiatore cinematografico siciliano, a documentare con "Pastori di Orgosolo" e "Un giorno in Barbagia" la realtà che farà poi da tema principale del film "Banditi a Orgosolo", il suo debutto al cinema del 1961.

Di questi stessi anni è anche "Sardinia", distribuito nelle sale di tutto il mondo e prodotto dalla Walt Disney per la serie "Popoli e paesi", dove la gente di Sardegna era omologata ai popoli primitivi ancora abitanti il pianeta.