Reportage

Settantasette anni di successi nell'hockey su prato

Autore: Marta Melas,
9 dicembre 2015, 15:30
La Società Ginnastica Amsicora di Cagliari
Gesuino Lussu - immagine gentilmente concessa dalla S.G Amsicora
Gesuino Lussu - immagine gentilmente concessa dalla S.G Amsicora

L'intervista a Gesuino Lussu vicepresidente della S.G. Amsicora

L'attuale vicepresidente della società è Gesuino Lussu, che ricopre anche l'incarico di consigliere e che, per circa quindici anni, è stato dirigente. Prima di impegnarsi con tanta dedizione alla gestione dell'Amsicora è stato un giocatore della squadra amsicorina di hockey su prato. La carriera d'atleta è stata per lui di grande soddisfazione e orgoglio e l'aver vestito la maglia della Nazionale Italiana, come tanti altri atleti della società, ha dato quella dose di emozione in più alla sua esperienza.
Grazie alle parole Gesuino Lussu conosciamo meglio la storia dell'hockey su prato dell'Amsicora e la sua esperienza personale vissuta in questa società.


Il vicepresidente parla dell'hockey su prato della S.G. Amsicora

C'è una differenza nel modo di vivere oggi quotidianamente l'attività dell'hockey rispetto al passato, al periodo in cui si cominciava a praticare questo sport all'Amsicora?
È curioso fare un confronto tra come si svolgeva l'attività tanti anni fa e come invece viene svolta oggi. La grossa differenza la fanno gli allenamenti. Quando ero un giocatore ci allenavamo la mattina presto prima di andare a scuola, alle 6 della mattina eravamo in campo, alle 7.30 si finiva per poi andare a lavoro e i più giovani a scuola. In quegli anni il campo non aveva le luci per cui non era possibile utilizzarlo in notturna, non avevamo altra scelta se non allenarci di mattina. Qualche volta capitava di allenarci un altro po' nel pomeriggio, a seconda della disponibilità di ognuno con il lavoro e gli studi, ma mai la notte. Oggi è cambiato tutto: i giovani non hanno più la voglia di alzarsi presto la mattina per fare questo tipo di attività.
Un'altra grande differenza rispetto ad oggi è data dal tipo di campo. Oramai ogni campo è in erba sintetica, mentre quando giocavo io era ancora in erba naturale. Questo cambiamento ha portato ad un miglioramento della disciplina dal punto di vista tecnico. È cambiata anche l'evoluzione del gioco e sono cambiate le regole rispetto al periodo in cui io ho iniziato a giocare.

In che modo è cambiato il gioco dell'hockey su prato nel corso degli anni?
L'hockey su prato è uno sport che si è evoluto, rispetto ad altri sport che hanno mantenuto le regole di gioco. L'hockey è stato un precursore nel mondo dell'adeguamento delle regole alla modernità. Ci si è resi conto che certe cose non andavano bene, per esempio certe regole precludevano lo spettacolo e si è deciso di modificarne alcuni aspetti che andassero verso la direzione del miglioramento della spettacolarità delle azioni. Oggi, infatti, è sicuramente più spettacolare. Per ottenere quest'effetto la Federazione Internazionale dell'Hockey ha istituito la prova televisiva in campo ed è stata una delle prime a farlo. Durante le gare capita che vi sia una contestazione di una decisione arbitrale, la squadra che contesta la decisione a lei avversa può richiedere la verifica dell'azione, una sorta di moviola in campo, che spetta ad un team di persone che si trova all'interno di una cabina di regia. Quindi, se un goal viene contestato e dalla verifica risulta che la contestazione è corretta questo viene cancellato; se viene data una punizione che non c'era, viene revocata. Non c'è il rischio di trovarsi avvantaggiati o svantaggiati dalle decisioni arbitrali. La prova televisiva immediata è disponibile in ambito internazionale, nei tornei e nelle gare sia delle Nazionali sia delle squadre di club, ma ancora non lo è nel Campionato Italiano di Serie A1. Altre piccole cose sono cambiate ma riguardano specifiche regole di gioco imposte dalla Federazione Internazionale.

A quali campionati partecipate con le vostre squadre maggiori di hockey su prato, escludendo la Serie A?
L'attività per club internazionale è molto articolata perché è suddivisa a fasce. Chi vince il titolo italiano ha diritto a partecipare ad una coppa europea, e ce ne sono di diverse categorie. Noi quest'anno abbiamo partecipato con la squadra maschile alla categoria massima alla quale può partecipare una squadra di club europea, la EHL – Euro Hockey League. Questo avviene in conformità ai risultati che ottiene anche la Nazionale. Esiste una classifica ed un punteggio dove vengono portati punti che guadagnano le Nazionali e le squadre di club nell'ambito internazionale. Questo permette alle società di andare gradualmente al massimo delle competizioni europee. Con la maschile abbiamo vinto il titolo di Campioni d'Italia e abbiamo quindi disputato l'Euro League ad Anversa. La squadra femminile, invece, era arrivata seconda nel campionato della stagione 2013/2014 che ci ha dato il diritto di disputare una competizione europea che si chiama “Champions Challenge I”, il più importante tra i tre tipi di Campionato “Challenge” (gli altri due sono “Challenger II” e “Challenger III”), e che si disputa ogni due anni. Abbiamo giocato a Vienna ed abbiamo vinto il torneo e la squadra italiana è stata promossa a disputare l'“Hockey Champions Trophy”.  Quest'anno abbiamo vinto il titolo di Campioni d'Italia anche con le ragazze e questo ci consentirà di disputare, come S.G. Amsicora, il “Trophy” nel prossimo maggio 2016 molto probabilmente a Barcellona, ma è ancora da confermare. Il “Trophy” rappresenta il più alto torneo a cui le squadre italiane abbiano partecipato e il penultimo gradino prima dell'apice dei tornei.

Quanti anni ha il vostro atleta più grande e quanti l'atleta più piccolo sia della squadra maschile sia della femminile della Serie A1?
Attualmente, nella prima squadra maschile l'atleta più grande ha una età che sfiora i quarant'anni; comunque, nella maggior parte dei casi il più grande ha una trentina d'anni. Invece, il nostro atleta più piccolo ha quindici anni. Proprio nelle prime giornate del campionato in corso ha esordito nella squadra maschile in una gara di Serie A1.
Nella prima squadra femminile abbiamo una ragazza di 15 anni, che ormai è titolare, che ha esordito l'anno scorso a 14 anni, ed è la più piccola atleta della nostra squadra maggiore. Diciamo che l'atleta donna più grande può arrivare ad avere una trentina d'anni, non proprio come gli uomini, che di solito giocano per più anni. Anche se in alcune società alcune donne hanno smesso di giocare che avevano compiuto già i quarant'anni. Da noi non è successo.
Possiamo dire quindi che l'età di maturazione di un atleta è sui trent'anni di età, ci sono dei rari casi di giocatori che arrivano a giocare fino all'età di quarant'anni, ma sono casi particolari di atleti molto in forma e di grande valore. Per quanto riguarda le donne, ci sono diversi fattori da considerare e che condizionano il loro arco di vita sportiva. Infatti, se loro spesso giocano per meno anni rispetto agli uomini è a causa di fattori come il matrimonio o la maternità. Anche se ci sono atlete che giocano pur essendo sposate e con bambini. Noi abbiamo in prima squadra una ragazza sposata e con figli. Quindi, può capitare che una donna interrompa l'attività per qualche anno e poi decida di riprendere, come è stato per la nostra giocatrice.

Nelle vostre rose di venti giocatori circa, quanti ragazze e ragazzi sardi ci sono?
Il 90% delle nostre prime squadre sono composte da ragazzi sardi. Attualmente, abbiamo soltanto due ragazzi stranieri nella maschile e due ragazze straniere nella femminile. Tutti gli altri componenti sono sardi.

Dell'attuale rosa della squadra di hockey maschile e di quella femminile, quanti atleti/e militano nella Nazionale Italiana?
Nell'attuale rosa della squadra femminile abbiamo le gemelle Marta e Giulia De Guio, che hanno giocato con la Nazionale Italiana fino a poco tempo fa e che possono ancora essere convocate per le nuove competizioni. Nell'attuale rosa della squadra maschile, Bruno Mura e Giaime Carta sono stati convocati diverse volte e potrebbero essere riconvocati in futuro. Nella Nazionale under 18 milita la giocatrice Federica Carta di quindici anni.

La Società accoglie tanti bambini e ragazzi e li appassiona all'hockey su prato. Vuole parlarci di come sta andando il movimento giovanile?
Siamo impegnati in alcuni progetti che portiamo avanti nelle scuole vicino allo stadio. Mandiamo i nostri atleti nelle classi a propagandare lo sport. Abbiamo stipulato anche alcuni accordi con le scuole, secondo i quali qualche scuola ci porta gli alunni qui al campo, accompagnati dagli insegnanti di educazione fisica, per fargli una lezione di hockey, per fargli conoscere questo sport. L'hockey è una disciplina sportiva poco conosciuta e, purtroppo, molti non sanno nemmeno che cosa sia. Anche se comunque l'hockey su prato è il terzo sport al mondo più praticato. Pensando alla nostra realtà, l'attività di hockey, purtroppo, è un pochino oscurata dagli sport di massa, come il calcio, e diventa difficile reclutare ragazzi.

Quanti tesserati ha la vostra società nella disciplina sportiva dell'hockey?
Abbiamo circa 120 tesserati, tra adulti e bambini (questi ultimi spesso sono molto piccoli, con meno di quattordici anni). Non è un numero molto elevato, anzi possiamo dire che sono pochissimi. La differenza tra l'Italia e nazioni come l'Olanda sta proprio in questo. L'Olanda, tra le nazioni più forti nell'hockey, ha migliaia e migliaia di ragazzi che praticano. Immagini la forza e la potenza di questa nazione. I risultati parlano da sé. Quei ragazzi diventano campioni europei e mondiali; insomma, vincono tante coppe.

Tanti anni di lavoro costante ripagato da tanti successi che, immagino, rappresentino per voi tante grandi soddisfazioni. Secondo Lei, questo fattore è stato motivo per alcuni per interessarsi all'hockey e farsi conoscere dalla vostra Società?
Si, tanto impegno e duro lavoro ma anche tantissime soddisfazioni. Se si guarda intorno vede molte coppe. Sicuramente tante appartengono alla ginnastica e all'atletica, ma la maggior parte sono state vinte dalla sezione dell'hockey.
Si, ritengo che un pochino abbiano attirato nuovi atleti al nostro campo. Anche se a Cagliari e hinterland l'hockey è abbastanza praticato. Ci sono quattro Società in Serie A1 di zona. Oltre noi, ci sono il Cus Cagliari, la Ferrini e il Suelli. In più, da qualche anno, si è aggiunta anche Uras. Società nate da lasciti dell'Amsicora, cioè tirate su da ex atleti amsicorini. In passato esisteva solo l'Amsicora. Quando ex nostri atleti si sono trasferiti hanno portato l'hockey in quei paesi, hanno lasciato l'Amsicora e hanno costituito delle società per conto loro, praticando l'insegnamento dell'hockey per conto di queste altre società.

È possibile seguire le vostre gare in tv?
Da qualche anno è stata fatta una convenzione tra la Federazione Italiana di Hockey (F.I.H.) e Rai Sport: la Rai riprende tutte le settimane una partita del campionato di Serie A1 e la trasmette il giovedì su Rai Sport. La prima partita di questo campionato 2015/2016 è stata ripresa qui all'Amsicora. A rotazione tutte le squadre vengono seguite dalla televisione. È una buona iniziativa per dare più visibilità allo sport dell'hockey tramite la televisione pubblica.


L'esperienza personale vissuta da Gesuino Lussu nelle fila dell'Amsicora

Vicepresidente, cosa La spinge a continuare ancora ad occuparsi della società dopo tutti questi anni?
Sicuramente una grande passione per l'hockey su prato. Ho iniziato a diciassette anni e ora ne ho sessantasette, quindi, sono cinquant'anni nella stessa società. La passione accomuna tutti i dirigenti dell'Amsicora; infatti, qui sono tutti ex atleti come me, compreso il presidente Alessandro Dedoni.
Ora mi trovo in pensione, ho più tempo libero rispetto a quando lavoravo e posso dedicare molto più tempo alla società rispetto al passato.

Nel corso dei cinquant'anni che ha trascorso qui nella S.G. Amsicora, c'è un periodo particolare che ricorda con più emozione, un periodo a cui si sente particolarmente legato?
Ricordo con grande emozione ogni anno vissuto qui nella Società, però personalmente
mi sento molto legato al periodo in cui ero un giocatore di hockey e all'anno in cui ho vinto il mio primo titolo assoluto con la squadra dell'Amsicora, il 1967. Un'altra grande soddisfazione è stata la mia convocazione in Nazionale e aver partecipato ad importantissimi tornei in giro per il mondo con la Nazionale Italiana. Sono momenti e anni che non si dimenticano.

Ha giocato per tanti anni nella Nazionale Italiana?
Non ho giocato per tanti anni, devo dire, ma ho avuto trentacinque presenze nell'arco di tre anni nella Nazionale maggiore. A queste vanno aggiunte quelle fatte nelle nazionali minori. Il percorso degli hockeisti è questo: si comincia con le nazionali minori e poi si viene convocati nelle maggiori.
Una delle soddisfazioni maggiori è stata poter incontrare i “big” del mondo. Quando giocavo io c'erano le squadre di India e Pakistan che predominavano la scena dell'hockey internazionale. Giocare contro di loro era sicuramente un vanto e una soddisfazione unica.

Sono ancora queste Nazioni le più forti al mondo?
Oggi sono cambiati i valori in campo. India e Pakistan sono stati sostituiti dalle squadre europee, come la Germania e l'Olanda, e dall'Australia. Queste attualmente sono le squadre più forti al mondo.

Cosa si aspetta da questo anno sportivo da poco cominciato?
Quello che noi ci aspettiamo quest'anno è ciò che ormai ci aspettiamo ogni anno, cioè di vincere. Perché devo ammettere che ci siamo un pochino abituati. Se non dovessimo vincere va bene lo stesso, perché nello sport si vince e si perde. Ma ci poniamo come obiettivo la vittoria e lavoriamo con la giusta determinazione per raggiungerlo. Non sarà facile riuscire a vincere di nuovo, dopo aver vinto uno scudetto, ma ci sono stati anni in cui siamo riusciti a vincere quattro o cinque scudetti di fila, perciò, non è impossibile. Attualmente, abbiamo ancora la potenzialità di farlo.

Vuole spiegarci meglio cosa intende?
È naturale che in una società ci siano i ricambi generazionali: dove finiscono di giocare certi atleti, che sono stati il perno della squadra, subentrano dei giovani. Ma prima che questi riescano ad essere in forma e a livello della categoria ci passano alcuni anni; si va incontro a fasi di assestamento. Bisogna considerare che siamo tutti dilettanti e che qualcuno smette di giocare per motivi di lavoro, qualcuno per ragioni di studio, qualcun altro si trasferisce, e cosi via.