Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

Una esistenziale «Gaia Scienza»

Fonte: La Nuova Sardegna
1 marzo 2010

DOMENICA, 28 FEBBRAIO 2010

Pagina 44 - Cultura e Spettacoli



Al Comunale la prima esecuzione dell’opera di Del Corno




GABRIELE BALLOI

CAGLIARI. Locandina variegata quella del 14º appuntamento con la Stagione del Lirico. Rendez-vous di sacro e profano, serio e faceto, filosofia e danza, tra Russia e Mediterraneo, ovest e est-Europa.
Se poi c’è un americano, quale John Axelrod a dirigere Orchestra e Coro, iniziamo praticamente ad abbracciare il planisfero. Ma andiamo con ordine. «La Gaia Scienza» di Filippo Del Corno, commissionata dal Lirico e in prima esecuzione assoluta, ci introduceva ieri e venerdì nel tentativo di tradurre in musica alcuni aforismi esistenziali. L’autore stesso lo definisce scherzosamente un “prequel” del poema sinfonico «Così parlò Zarathustra» di Richard Strauss, e come quest’ultimo, infatti, prende titolo e ispirazione da un’opera di Nietzsche. Ma stilisticamente di Strauss non vi è nulla, se non una citazione alle battute finali; apprendiamo invece dal libretto di sala che la partitura ha un articolato sovrapporsi di strati e substrati, la sedimentazione di vari canoni, orditi sonori che si sviluppano in prospettiva, etc. Tutto affascinante, eppure l’impressione che si riceve ascoltando molta musica odierna è sempre quella che oramai stia stagnando nel già detto; questa pagina di Del Corno in realtà funziona eccome, anche “troppo” in un certo senso, perchè nulla di così diverso troviamo da altri prodotti post-stravinskijani o post-bartokiani, c’è perfino qualcosa che ricorda John Williams. Più interessante e sfizioso, alla sua maniera, il «Concerto in modo galante per violoncello e orchestra» di Rodrigo, pagina squisitamente equilibrata fra richiami iberico-settecenteschi, accenni folclorici, virtuosismo pirotecnico, frizioni rumoristiche e armonie dissonanti. Nel ruolo di solista uno spagnolo, Asier Polo fa “volare” con leggerezza l’archetto del suo violoncello attraverso una congestione febbricitante di arpeggi, grappoli di note, accordi e abbellimenti a una velocità entusiasmante. Due bis graditi: un movimento dalla «Suite Popolare» di De Falla e l’Allemande dalla «Suite n.2 per violoncello» di Bach. La direzione di Axelrod è più o meno discreta, diciamo pure “a tinte forti” non abbondando di sfumature dinamiche. Ne sono un esempio soprattutto il «Te Deum» di Dvorák e le «Danze polovesiane» di Borodin: le sonorità un po’ tagliate con il machéte. Il primo si distingue almeno per la prestazione vocale di Sofia Mitropoulos (soprano) e Simone Alberghini (basso), mentre il coro preparato da Fulvio Fogliazza questa volta ha avuto qualche piccola defaïllance.