Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Il popolo dei nuraghi conquista anche il Lirico

Fonte: L'Unione Sarda
23 febbraio 2010




Squilli ovattati annunciano I Shardana, Gli uomini dei nuraghi , dramma musicale in tre atti di Ennio Porrino. E tra la ricchezza dei colori orchestrali, con espressioni quasi da musica per film, prende forma una Sardegna arcaica e idealizzata. Rimandata a causa dello sciopero dei lavoratori del teatro, finalmente la rappresentazione dei Shardana in forma di concerto, è andata in scena domenica nella stagione del Lirico di Cagliari, affidata alla direzione di Anthony Bramall.
Quando si riprende un'opera come questa, abbandonata da 50 anni, i problemi interpretativi non sono pochi. Inevitabilmente il punto di riferimento diventano le registrazioni di vecchie rappresentazioni, magari curate in prima persona dal compositore, che alla prima, nel 1959 al San Carlo di Napoli, si presentò nella veste di compositore-librettista e direttore d'orchestra. Normale anche che si sottolineino richiami e affinità con altri musicisti. D'altra parte non mancavano a Porrino i punti di riferimento.
Nei Shardana la scelta di campo è precisa: il linguaggio è quello tonale, lontano dalle avanguardie e dalle sperimentazioni seriali. Si sentono gli echi degli insegnamenti di Respighi, né mancano altre influenze. Facile pensare a un parallelismo con la musica da film di Prokofiev, con quei musicisti che guardano all'identità musicale della terra d'origine. De Falla prima di tutti. Ed è bravo Bramall. La sua rilettura ha gusto e senso scenico. Con intelligenza musicale coglie il senso ritmico, la potenza espressiva, il senso vitale della danza nuragica. Un grande impatto sonoro restituito con merito dall'Orchestra di Cagliari che il direttore guida sicuro e incisivo in un percorso ricco di sonorità e impeto.
Costretto a muoversi nei limiti di un'opera ristretta alla forma concertistica, la sfronda delle parti maggiormente legate alle scene e ai dialoghi. Conserva l'essenziale, lo valorizza amplificando il ruolo dell'orchestra. Un impegno interpretativo condiviso anche con il coro, capace di affreschi di forte espressività e caratterizzazione, protagonista, un po' come nella tradizione dell'antica tragedia greca. Al coro e all'orchestra di Cagliari il merito di aver restituito ai Shardana i tratti più autentici e facilmente assimilabili alla musica sarda di tradizione popolare. Mentre a segnare il passo o meglio a non rispettare proprio la sardità dell'opera sono i protagonisti. Voci tecnicamente inappuntabili come quella di Giorgio Surian (Gonnario), o quella di Rudy Park (Torbeno dagli accenti pucciniani) e di Maria Billeri (Bèrbera Jonia). Ma senza quella caratterizzazione fatta di inflessioni, di portamenti tipici della vocalità sarda, richiamati in più di una occasione. Non avendo evidentemente alcuna familiarità con la musica sarda, non ne riconoscono le cadenze - pure perfettamente riconoscibili nell'incisione del '60 - sulle quali sorvolano con nonchalance. Omissioni che fanno la differenza, tanto più evidente in quella ninna nanna di Nibatta a cui Anna Rita Gemmabella non dà nessuna delle vibrazioni gutturali dell'anninnìa o il lamento straziato dell'attìtidu. Il pianto della madre, topos isolano, ritorna solo come fatto teatrale. Scompaiono tutti i richiami alla vocalità femminile, alle cadenze dei cantadores. Quegli elementi insomma che più caratterizzano in termini “nazionali” la musica dei Shardana . Il segno della vocalità sarda emerge nella sua pienezza solo nell'interpretazione di Gianluca Floris. È lui Perdu, splendida voce, coscienza tragica del popolo sardo. Per il pubblico delle ultime generazioni - l'opera venne rappresentata al Massimo nel '60- Shardana è una sorpresa, una bella riscoperta che stuzzica la curiosità per un repertorio troppo frettolosamente archiviato e che merita sicuramente la congruità di una rappresentazione scenica completa. Con interpreti non necessariamente sardi, che abbiano assimilato gli stilemi di quel linguaggio popolare che Porrino intendeva evocare e che in questa rappresentazione resta, in fondo, in disparte.
GRECA PIRAS

23/02/2010