Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

Perón, Piras e i segreti di Arasolè

Fonte: La Nuova Sardegna
13 giugno 2008

VENERDÌ, 13 GIUGNO 2008
Pagina 36 - Inserto Estate


A Cagliari e Sassari l’incontro con il giornalista Giovanni Maria Bellu



Lo scrittore parla del suo libro sul mito del mamoiadino diventato dittatore dell’Argentina

WALTER PORCEDDA
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Emilio Lussu irrompe, inatteso. Ingombrante e vivo dalle pagine di «Marcia su Roma e dintorni». Giovanni Maria Bellu, scrittore e giornalista legge poche righe, pesanti come massi di granito. «...Il fascismo che io descriverò è il fascismo che ho visto sorgere, progredire, affermarsi... oggi ciascuno di noi porta con sè non solo idee ma anche e soprattutto passioni. Noi possiamo offrire la nostra testimonianza e le nostre impressioni: agli altri il giudizio». Parole che guidano alla comprensione poetica e politica del libro «L’uomo che volle essere Perón» (edizioni Bompiani) presentato dall’autore, lo stesso Bellu, mercoledì in una gremitissima sala del Lazzaretto di Sant’Elia a Cagliari con la giornalista Concita De Gregorio e lo scrittore Flavio Soriga e ieri, a Sassari, ancora con Soriga e il preside di Lettere Aldo Maria Morace. Un libro, racconto tra reportage e romanzo, dedicato al mito dello scambio di persona tra il dittatore argentino e il mamoiadino Giovanni Piras emigrato in Sud America ai primi del Novecento. Le parole del patriota di Armungia escono fuori da una pila di piccoli libri dalla copertina bianca che Bellu ha portato con sè come provocatorio oggetto di bookcrossing da destinare ai lettori più giovani presenti in sala. «Perchè in questi tempi oscuri bisogna evitare di dimenticare» dice. Ricordare e «tenere la schiena dritta». Come fece Lussu. Come fece Francesco Masala «autore di quell’altro grandioso libro che è «Quelli dalle labbra bianche»: un’opera fondamentale». Lussu e Masala. Non dimentica i padri, Bellu. Che a Lussu forse deve una certa spigolosità franca, tagliente e senza aggettivi nel parlare e a Masala, la poesia del narrare, dopo quella dei Fantasmi di Porto Palo, un’altra storia di emigrazione. Racconto amaro e forte che sa di leggenda e di verità, di rabbia e sconfitta. E di casa nostra. In omaggio proprio a Masala nel seguire un’altra “compagnia”, come quella di quei giovani sardi che nell’anno 1909 si imbarcarono sul piroscafo per finire nell’Altro Mondo, Bellu chiama il villaggio immaginario con il nome di Arasolè. «Volevo questo nome perchè rappresentasse proprio la Sardegna». E la Sardegna/Arasolè diventa così luogo e patria di migranti. Dove nascono e si intrecciano i miti che al loro interno nascondono come scatole cinesi altre verità. Come il caso Perón/Piras, specchio segreto e incubatore di altre storie. «Il modello remoto - spiega l’autore del volume - è quello delle false carte di Arborea». Si direbbe, quasi, che «c’è un sotterraneo bisogno di idealizzare dei miti dove appendere la propria identità...».
Ecco perchè, proprio al di là di miti e leggende, bisogna scavare e raccontare. Come ha fatto Bellu. Concita De Gregorio, focalizza, inevitabilmente, per cerchi concentrici, sul presente della professione giornalistica che negli ultimi anni è oggetto di un deterioramento «accellerato». A cominciare dalla presenza ossessiva della tivù e del web. «Oggi vai su Internet e sei ovunque. Fino a che si satura l’attenzione. Così si crea una forte distanza: lo tsunami, il terremoto sono lì sullo schermo ma non mi toccano. Fortunatamente non capitano a me». Quindi, quel mito trito e consumato «dell’obiettività del cronista ora non ha più senso». E «l’unico modo è riaccendere lo sguardo personale». Grazie a reporter come Bellu «persone di cui fidarsi» che dicono: «Questa è la mia strada che può diventare la vostra. È lo sguardo di chi racconta che dà il senso al racconto e ci dice chi siamo e da dove veniamo». Da qui l’importanza vitale e il bisogno di quelle inchieste che i giornali fanno sempre meno o non fanno più. Flavio Soriga (il suo «Sardinia Blues» è stato indicato dalla prestigiosa trasmissione radiofonica «Fahrenheit» libro del mese, rimpiazzato ora proprio da quello di Bellu) testimonia l’importanza di andare a fondo, nello scavo della nostra identità come avviene in «L’uomo che volle essere Peròn». Un libro «che si leggerà per molto e molto tempo ancora, perchè fa davvero i conti con la nostra storia».