Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

«Viviamo con un bomba sociale»

Fonte: La Nuova Sardegna
11 gennaio 2010

LUNEDÌ, 11 GENNAIO 2010

Pagina 2 - Fatto del giorno



Il sindaco Floris non cede all’ottimismo e lancia l’allarme




MARIO GIRAU

CAGLIARI. Il sindaco gela i mille del palazzo dei congressi con un perentorio invito alla concretezza. «I problemi degli immigrati non attendono - dice Emilio Floris - l’approvazione di nuove leggi».
«Alcune cose potrebbero succedere se non si mette fine a certe emergenze». Allarma il primo cittadino soprattutto il problema casa. Davanti a lui le condizioni di vita di numerosi lavoratori di colore accampati in una ex colonia di Giorgino, le baracche poco fuori della città, i mini appartamenti del centro storico dove convivono 20-30 persone. «Subito una task-force per dare risposte a queste persone, in caso contrario avremo solamente il grande cuore del sardo accompagnato da risposte insufficienti alla gravità della situazione». Dall’assessore regionale del Lavoro, Franco Manca, iniezioni di ottimismo. «La situazione sarda è decisamente diversa, anche perché la politica della Regione è quella dell’accoglienza e dell’integrazione. Non mancano le situazioni difficili, ma i fatti parlano di un’attenzione concreta verso il mondo degli immigrati».
Le storie dei pochi stranieri presenti raccontano di un clima ancora sereno. Sabina Mahmutcehajic (bosniaca, qui da 17 anni): «Ho lavorato con impegno per inserirmi nella società sarda, puntando sempre al bene, e questa cultura l’ho trasmessa ai miei figli perfettamente integrati». Zhan Yun Dian, 21 anni in Sardegna, commerciante, dell’associazione Sardegna per l’amicizia e la cultura cinese: «La manifestazione “Benvenuto fratello” è segno di un’attenzione alla realtà dell’immigrazione, un segnale di armonia, l’annuncio di una metodologia di lavoro fondata sul dialogo che anticipa, previene e compone i problemi». Dello stesso avviso Alassone Abaye, senegalese, da 5 anni nell’isola. Miguel Cruz, 54 anni, ecuadoregno da quasi due lustri operatore sociosanitario nell’hinterland cagliaritano, invita a non abbassare la guardia: «I fatti calabresi sono lontani, ma potrebbero verificarsi anche in questa terra in difetto di una forte integrazione». Argomenta l’assessore provinciale Angela Quaquero: «Manca la grande proprietà terriera, manca la criminalità organizzata, la presenza mobile degli immigrati non raggiunge i numeri registrati nella Piana di Gioia Tauro, non esistono masse di lavoratori schiavizzati». D’accordo padre Enrico Deidda, responsabile dei gesuiti: «La situazione non è così a rischio, ma si deve lavorare per rendere vivibile la condizione degli immigrati».
La principale nemica della tratta nei viali della prostituzione è una suora minuta, della Congregazione delle Figlie della Carità, refrattaria alle luci della ribalta: suor Ignazia Miscali. Ormai la conoscono tutti. Sia quando mette a punto un programma di recupero e reinserimento sociale per le ragazze che vogliono uscire dal tunnel della prostituzione, sia quando, con la sua squadra di volontari, arriva nelle zone a luci rosse per sottrarre a magnaccia e sfruttatori le loro vittime. Suor Miscali e le Figlie della Carità non aggiungono altro. Per loro parlano i fatti: due case segrete dove far rinascere a nuova vita le ragazze.