Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

La Sardegna dà un calcio al razzismo

Fonte: L'Unione Sarda
8 gennaio 2010

Dal tecnico Allegri all'ex rossoblù Suazo: «La nostra isola felice»

Gli insulti del Bentegodi li ha vissuti sulla propria pelle quando ancora indossava la maglia del Cagliari. Poi qualche mese più tardi i tifosi dell'Ascoli gli hanno addirittura riservato una standing ovation. Ma la verità non sta nel mezzo, assicura David Suazo, calciatore honduregno e di colore, trent'anni di cui gli ultimi dodici vissuti in Italia, sardo d'adozione oramai, oggi al Genoa e compagno di Mario Balotelli sino a una settimana fa. «Negli stadi succede un po' di tutto, è vero, ma il razzismo», precisa l'ex rossoblù, «è un'altra storia».
L'ISOLA DI SUAZO Lo sfogo del giovane interista originario del Ghana («ogni volta che vengo qui il pubblico di Verona mi fa sempre più schifo») ha spiazzato pure lui, particolarmente sensibile all'argomento. «Per quel che mi riguarda c'è stato un episodio all'epoca, giusto quello. Ma non si può mettere sotto accusa un'intera città». Uscita fuori luogo, insomma. «Mi dispiace per Mario, è giovane, ma c'è modo e modo per dire le cose», taglia corto Suazo, un calcio al razzismo, ma anche all'ipocrisia. Due mesi fa il Cagliari pagò una multa salatissima per un buu di troppo nei confronti dello juventino Sissoko, due settimane prima il Sant'Elia finì nell'occhio del ciclone per l'accoglienza riservata a Eto'o e allo stesso Balotelli. «Non scherziamo», sbotta Suazo. «Certo, io ormai mi sento a tutti gli effetti un sardo», la premessa avendo messo su casa e famiglia proprio nell'Isola. «Ma della Sardegna posso soltanto parlare bene per l'affetto che ho ricevuto e che continuo a ricevere».
CELLINO E ALLEGRI Non a caso il presidente del Cagliari Massimo Cellino aveva preso come esempio proprio l'honduregno per spazzare via le critiche che avevano investito la tifoseria rossoblù proprio sul caso Balotelli. «Cagliari non è una città razzista. Non lo è storicamente. Un nostro giocatore leader è stato Suazo, di colore, come tanti altri avuti in squadra». Il patron rossoblù aveva poi aggiunto: «Attenzione a non strumentalizzare certi episodi e a non ingrandire queste cose facendole diventare importanti».
Categorico Massimiliano Allegri: «In Italia non c'è razzismo. Assolutamente». E sui versi rivolti mercoledì a Supermario dai tifosi del Chievo l'allenatore rossoblù non ha dubbi: «Sono indirizzati alla persona, il colore della pelle in questo caso non c'entra».
SARDI A VERONA Va oltre l'ex compagno Vittorio Pusceddu, che ha scelto proprio Verona (avendo sposato una veneta) per vivere dopo esser nato e cresciuto a Buggerru. «Il tifoso in generale cerca di annullare le potenzialità dell'avversario, soprattutto se è forte. Balotelli, dal canto suo, fa di tutto per non farsi voler bene, stuzzica in continuazione. E conoscendo il suo carattere, il veronese fa altrettanto, ma soltanto per far in modo che la propria squadra centri l'obiettivo sportivo». Ma quale razzismo, insomma. «Qui in Veneto vivono tante comunità di extracomunitari, sono tutti integrati e coccolati. Se poi vuoi fare il furbo devi aspettarti certe reazioni. Che cosa dovremmo dire, allora, noi sardi quando negli stadi veniamo chiamati pecorari?».
Anche il fantasista del Cagliari Andrea Cossu ha vissuto a lungo a Verona («ben dieci anni») senza problemi. «La gente mi ha sempre trattato benissmo», sottolinea. Balotelli? «Il suo modo di fare certo non conquista i tifosi avversari. Tra l'altro in ogni stadio che va risulta essere antipatico. Ma che c'entra questo con il razzismo?».
MA OLIVERA DICE NO Fuori dal coro Luis Oliveira. «Il razzismo nel calcio esiste, eccome». Accusa senza tempo. «Quando giocavo con il Cagliari e con la Fiorentina a Verona e Vicenza ho fatto il pieno di insulti». Evidentemente in questo caso Balotelli ha premuto il tasto giusto. «Tutto questo difficilmente cambierà. Sono in Italia dal '92», sottolinea l'eterno bomber brasiliano naturalizzato belga, «e siamo ancora così». Ora Oliveira prende a calci il pallone nella sua Isola felice con la maglia del Muravera (campionato di Eccellenza). «Certo, ogni tanto qualche difensore mi ricorda il colore della pelle, ma questo fa parte del gioco». Così come i cori che gli hanno riservato i tifosi della Torres. «Per loro rappresento ancora il Cagliari. Ma, credetemi, la Sardegna è un paradiso».
FABIANO GAGGINI

08/01/2010