Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Nascita e morte di uno stabilimento

Fonte: L'Unione Sarda
11 giugno 2008

Poetto. Mancanza di regole chiare e conflitti di competenze: così è scomparso il Papaya

Per quattro anni hanno lavorato bene. Spiaggia day per bambini e anziani, ombrelloni, sdraio e lettini a noleggio. Il Papaya, stabilimento balneare a pochi passi dell'ospedale Marino, doveva essere una nuova attività imprenditoriale con 27 occupati nata sui granelli di sabbia grigiastra del Poetto. Invece quest'anno non ci sarà. Ucciso da una multa di 15 mila euro e dalla confusione normativa in un litorale governato da troppi enti, dunque da nessuno.
La storia del Papaya in questo senso è emblematica. Novecento metri quadri di spazio concesso, ventisette dipendenti stagionali, lo stabilimento nasce nel 2003. «Da molti anni organizzavamo lo spiaggia day e quell'anno decidiamo di partecipare a un bando della Regione per la concessione di aree demaniali al Poetto», racconta Maria Littera, uno dei soci della cooperativa sociale Impara con noi . «Veniamo ammessi e la Regione ci dà la concessione ad occupare la spiaggia». Peccato che il Comune non rilasci l'autorizzazione ad installarci cabine, chiosco, sdraio e ombrelloni. «Il progetto non è confacente al Pul», ci spiegano. «Peccato che il Piano di utilizzo del litorale non fosse ancora stato approvato».
Intanto l'autorizzazione che il Comune nega la dà la Dogana. «Chiediamo una conferenza dei servizi con Regione, Comune e Dogana. La Regione non si presenta e il Comune ribadisce che non possono autorizzare alcuna attività al Poetto. Noi obiettiamo che sono state autorizzate altre nuovi stabilimenti, loro replicano, a dispetto dell'evidenza, che è tutto bloccato. Alla fine altri concessionari ci dicono. “Montate tutto, tanto qui c'è anarchia”»
Il Papaya nasce così e va avanti dal 2003 al 2006, supera ispezioni della Capitaneria, paga la Tarsu (il Comune non autorizza ma richiede la tassa) e canoni doganali. Nel 2006 arriva l'ispezione letale della Regione «che ci accusa di esserci spostati di cinque metri. Ci multano di 1300 euro. Paghiamo. Ma a gennaio di quest'anno ci arriva un decreto di condanna del tribunale: abuso edilizio, 15 mila euro di multa e 28 giorni di carcere, con la non menzione». Quest'anno non apriranno e i 27 operatori rimarranno a casa. (f. ma.)

11/06/2008