LUNEDÌ, 28 DICEMBRE 2009
Pagina 20 - Cultura e Spettacoli
Valter Malosti rilegge i versi del drammaturgo e critico d’arte in uno spettacolo emozionante
ROBERTA SANNA
CAGLIARI. Storia dell’arte a teatro: Valter Malosti ha portato in scena sere fa al Massimo per la Cedac i “versicoli” di Giovanni Testori che inseguono e interrogano, la figura della Maddalena. Correndo attraverso i secoli, dal sarcofago romano “all’atroce bambola” del 1944 dei postriboli e campi di sterminio. L’amata peccatrice circondata, al posto dell’oro dei primitivi, dai bagliori aranciati della guerra, nella pittura di Francis Bacon. Dal “noli me tangere” della Cappella degli Scrovegni (Giotto, 1304), dalla “fragilissima regina” di Vitale da Bologna, fino al “rostro” contadino impastato d’inchiostro e fango da Cézanne. Un computer rimanda le immagini, Malosti dà il ritmo alla partitura tra violoncello (Lamberto Curtoni interpreta le musiche di Carlo Boccadoro) e recitazione, epica e ragionata, traendo in scena i personaggi, animandoli in un dialogo fitto di rimandi a stili, simbologie cristiane, visioni e ossessioni del drammaturgo e critico d’arte. «Che faccia avrai?» chiede alla Maddalena del Masaccio, prostrata “così vicino a Cristo” nell’urlo e nel silenzio. Saluta la scultura di Donatello “finita in Arno”, nel’66: “da disgrazia, la grazia”. Beato Angelico muta la deposizione in giardino fiorito, “dolore rugiadoso, prostituta rampicante”, mentre in Botticelli tutto è gelato, nessuno respira sotto il cielo silente in cui la Maddalena dal perfetto sembiante congiunge il velo al sudario del Cristo. Raffaello unisce antico splendore e armonia pagana alla gloria cristiana: “fusione irraggiungibile e raggiunta”, “drammatica maniera” che gli allievi del Sanzio diffonderanno per l’Italia. Maddalena “straziata, lemure” si ferisce con le unghie (Grünewald, 1512), è d’alabastro nell’assorto movimento del Pontormo, “si mostra tra riflessi profondi della prima luna”, nel pacato incanto del Savoldo. Il dialogo si fa invettiva per la maddalenuccia del Bachiacca: “Cristo te lo sei messo nella borsetta di Gucci”. Ne avrei fatto a meno, confessa. Così come del “melò pre-pop, dei coloracci” di Bartolomeo Schedoni. Forse anche “dell’affranto oceano di miele” del Correggio, della veneziana opulenta di Tiziano, della leonessa cristiana di Rubens: “troppo oro, troppo oro!”. La Maddalena penitente s’accascia sul grembo in Caravaggio, riflette nello specchio di De La Tour, parla i dialetti del Cagnacci e Ceruti, è di scena con Hayez. Infine è anima franta, fiore infecondo nella Terra in agonia di Bacon. Ultimo “blasfemo sacro schianto, atroce cristiano vanto”. Malosti timbra le rime incalzanti, la lingua inventiva, istrionica, impregnata di irrisioni anti-accademiche di Testori in uno spettacolo nitido, raffinato ed essenziale.