Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

Un altro addio delle “suore azzurre”

Fonte: La Nuova Sardegna
30 novembre 2009

LUNEDÌ, 30 NOVEMBRE 2009

Pagina 19 - Cronaca 



Le vicenziane lasciano anche la casa di riposo di Terramaini




MARIO GIRAU
CAGLIARI. Un’altra pagina di storia cagliaritana si è chiusa nel silenzio. Le suore Figlie della Carità dopo 122 hanno lasciato la casa di riposo “Vittorio Emanuele II”. L’addio il 24 ottobre. Le religiose rimaste nella struttura di Terramaini, salutati gli anziani presenti nell’ospizio, sono salite in macchina dirette alla loro casa provinciale.
Fine di una storia. Non si conoscono ancora i motivi dell’improvviso divorzio. Si dice che all’origine della separazione sarebbero problemi logistici. Un fatto è certo: le suore lasciano un’altra delle tradizionali prime linee assistenziali della città. Ma non si ritirano sull’Aventino, giacchè raddoppiano e si lanciano in iniziative più moderne, complesse e anche a rischio, come il recupero e sostegno delle donne maltrattate e delle immigrate vittime della tratta.
Nostalgia e tristezza tra i vecchietti della casa di riposo. Se n’è fatto interprete un anziano ospite che su un volantino ha scritto: “Le suore se ne stanno andando, e per tanti di noi verrà a mancare un sostegno morale, spirituale e religioso”. Le suore di san Vincenzo hanno assunto la direzione della Casa di riposo “Vittorio Emanuele II” nel lontano 1887, in quella parte dell’ex convento dei cappuccini, sottratto ai frati con l’incameramento coatto, da parte dello Stato, dei beni ecclesiastici, e trasformato in ospizio. Non con le comodità e le attrezzature della moderna struttura di Terramaini aperta nel 2006. In viale fra Ignazio trovavano alloggio e assistenza soprattutto persone inabili o impossibilitate al proprio mantenimento a causa dell’età o per l’indigenza. Grandi dormitori comuni (oggi a Terramaini stanze confortevoli, massimo due letti), refettorio unico, cappella, orto e infermeria costituivano la norma di queste case di riposo. Nell’ultimo dopoguerra al “Vittorio Emanuele II” erano disponibili 216 letti, ripartiti tra uomini e donne, e l’infermeria poteva ospitare anche 48 degenti, molti dei quali ciechi. A questi poveri provvedevano 12 suore e alcuni volontari.
La fine di un’esperienza non incrina la solidità del “matrimonio” tra la città e le Figlie della Carità in atto dal 1856, quando le “suore azzurre” hanno messo piede nei primi reparti dell’Ospedale San Giovanni di Dio, in un crescendo di impegno soprattutto nel campo dell’assistenza all’infanzia: 1861 nell’Istituto san Vincenzo; 1861 asilo “Carlo Felice”; 1864 asilo Marina e Stampace, dove all’inizio del secolo scorso prese piede un’intensa attività formativa; 1873 asilo “san Giuseppe”; 1877 Conservatorio della Provvidenza (piazza Indipendenza); 1888 asilo “Umberto e Margherita (Castello); 1882 Istituto dei sordomuti; 1892 ospedale psichiatrico; e poi ancora nel 1895 l’istituto dei ciechi.