Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

«Falstaff», ode alla leggerezza

Fonte: La Nuova Sardegna
3 giugno 2008

MARTEDÌ, 03 GIUGNO 2008

Pagina 34 - Cultura e Spettacoli

Al Comunale di Cagliari domenica la prima dell’opera lirica di Giuseppe Verdi, regia di Daniele Abbado


Sobria e funzionale la direzione di Gabriele Ferro

Il melodramma fu rappresentato la prima volta a Milano nel 1893

GABRIELE BALLOI
________________________________________

CAGLIARI. Leggerezza è la parola d’ordine per il «Falstaff» di Verdi nella regia di Daniele Abbado, che domenica al Comunale è stato messo in scena per la Stagione operistica e di balletto del Lirico. Una leggerezza che alla prima di venerdì è stata pure strumentale. A causa del preannunciato sciopero si è dovuto fare a meno dell’orchestra e del coro, avvalendosi dell’accompagnamento pianistico di Gaetano Mastroiaco. Ma se rimane in dubbio la replica di domani quella di oggi alle 20,30 (come le altre sino all’8 giugno: venerdì 6 giugno alle ore 20,30, sabato 7 giugno alle ore 19 e domenica 8 giugno alle ore 17) si vedrà per certo sul podio Gabriele Ferro a dirigere l’Orchestra dell’Istituzione mentre il coro sarà istruito da Fulvio Fogliazza. Un nuovo allestimento dunque per l’ultimo capolavoro di Giuseppe Verdi, rappresentato a Cagliari soltanto quattro volte (nel 1938, nel’51, nel’80 e nel’98). Il maestro di Busseto, a 74 anni, pensava che l’«Otello» avrebbe chiuso definitivamente la sua carriera. Ma Arrigo Boito lo convince poco più tardi a riprendere un vecchio desiderio: quello di realizzare un’opera comica. Nel giro di tre anni il «Falstaff» prende così finalmente vita. La prima rappresentazione è al Teatro Scaligero il 9 febbraio 1893. Tuttavia solo un anno dopo, alla prima di Parigi, si giungerà alla stesura definitiva con alcune aggiunte e modifiche. Tratto da «Le allegre comari di Windsor» e da molti passi dell’«Enrico IV» di Shakespeare, il libretto ha come protagonista il pingue e borioso Sir John Falstaff.
È difatti con la sua intenzione di rifarsi economicamente, raggirando le due dame facoltose Alice Ford e Meg Page, che si apre la commedia verdiana. Le due signore, scoperto presto l’inganno, decidono a loro volta di vendicarsi escogitando subito una burla. Intanto il marito di Alice, in accordo col Dottor Cajus e i servitori di Falstaff, preparano a insaputa delle donne un altro tranello. Ma questo è solo il primo dei due crogioli di beffe ed equivoci. Nell’ultimo atto, insieme a Falstaff pure Ford e Dottor Cajus diventano vittime d’una macchinazione messa in piedi dalle donne. Così paradossalmente l’intera produzione teatrale di Verdi si chiude con un coro che proclama: «Tutto nel mondo è burla. Tutti gabbati! Tutti gabbati». Dopo tanti melodrammi dove qualcuno soffriva o moriva, uccideva o veniva ucciso, dopo tanto lirico struggimento, l’anziano compositore si guarda alle spalle e con sovrano distacco getta una luce ironica sul suo pessimismo esistenziale. Come dire che alla fine nulla va preso troppo sul serio. Perché ogni dramma umano forse nasconde un lato di inconsistenza. Ecco quindi la leggerezza di Abbado, che colloca i personaggi in una grande pedana lignea, circolare, rialzata sopra il livello del palcoscenico, e soprattutto inclinata, a simboleggiare forse le situazioni destinate fin dall’inizio a rotolare. Metafora di leggerezza è anche la prima scena su cui si apre il sipario: una stanza in cui tutta la mobilia è sospesa per aria, e che sembra rammentarci la precarietà d’ogni bene e possesso. Il «Falstaff» è opera di rinnovamento per lo stile di Verdi, che si apre ai nuovi linguaggi di fine’800. La direzione di Ferro è pulita, sobria, non sempre emozionante, però funziona. Il cast è buono, ma non strepitoso, specialmente nelle parti d’insieme. Non male il Falstaff di Michele Pertusi, espressivo e divertito, baldanzoso ma forse non abbastanza grottesco e umano nell’immedesimazione psicologica. Più convincente il Ford di Luca Salsi, che con voce trepidante traccia bene la figura di un marito geloso e passionale. Il gruppo delle donne è abbastanza brillante: spicca la voce di Myrtò Papatanasiu, un’Alice esuberante e spiritosa, con voce ampia e sicura, e poi la Nannetta di Katarzyna Dondalska, dal timbro fervido e di convincente caratterizzazione.