Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Finanza creativa, 20 Comuni a rischio

Fonte: L'Unione Sarda
2 novembre 2009


Nel 2009 aumentano le perdite sui derivati stipulati in Sardegna

La spina dei derivati punge ai fianchi oltre venti Comuni sardi: cresce il ricorso alla finanza creativa.
Torna a farsi sentire il ticchettio della bomba derivati. La finanza creativa scuote le casse degli enti locali dell'Isola, proprio nel giorno in cui il governatore della Banca di Italia, Mario Draghi, ha denunciato la crescita di amministrazioni dedite all'utilizzo di questi strumenti. Ma invece di tamponare buchi di bilancio, i derivati si sono trasformati in boomerang dolorosi. In Sardegna sono una ventina gli enti locali (quasi tutti Comuni) colpiti dal fenomeno.
GLI “SWAP” A giugno 2009, il valore delle perdite ha raggiunto gli 8 milioni di euro, a fronte di un debito (sui cui sono stati stipulati derivati) superiore ai 130 milioni di euro. L'operazione in derivati, per la generalità degli enti sottoscrittori, consiste nella trasformazione di un mutuo a tasso fisso in variabile, con annesso un contratto (cosiddetto “swap”) che scommette sull'andamento futuro dei tassi di interesse. In altre parole, le amministrazioni hanno puntato sul fatto che l'Euribor - il parametro usato per calcolare la rata del finanziamento - non superasse una certa soglia. Il problema è che, negli anni scorsi, quella soglia è stata abbondantemente oltrepassata, comportando un esborso notevole a favore della banca ma a danno dell'ente. Quest'anno, con la crisi economica e il calo del costo del denaro, le perdite si sono ridotte (8 milioni rispetto ai 14 milioni del 2007). Domani, però, la frittata potrebbe rigirarsi, con la ripresa dell'economia, a cui farà seguito un inevitabile rialzo dei tassi sui mutui.
GLI ENTI Alla Corte dei conti risultano più di venti enti sardi coinvolti nella partita derivati: Abbasanta, Alghero, Arborea, Berchidda, Buddusò, Cagliari, Laerru, Lanusei, Macomer, Muravera, Olmedo, Oristano, Osilo, Ozieri, Pattada, Sanluri, Simaxis, Sorso, Tempio Pausania, Thiesi, Tortolì, Valledoria. Anche la Provincia di Nuoro e Quartu hanno siglato contratti simili. Tirando le somme, la Corte dei conti registra che più del 70% di queste amministrazioni ha realizzato perdite negli anni scorsi, pur avendo sottoscritto derivati con l'intenzione di risparmiare.
LE PERDITE I magistrati contabili, dopo un'indagine conoscitiva sull'utilizzo e la diffusione degli strumenti di finanza derivata e delle cartolarizzazioni nelle Pubbliche amministrazioni, pubblicata il 18 febbraio 2009, hanno calcolato le perdite potenziali per ogni cittadino sardo. Il debito dei Comuni con derivati raggiunge 655 euro pro-capite. Una cifra poco preoccupante se paragonata ai 1.995 euro della Lombardia, ai 1.393 euro del Veneto o ai 2.020 euro della Liguria. Al Sud è pesante la situazione della Campania (1.077 euro) e della Basilicata (1.047 euro). Il record, tuttavia, va a una regione del Centro: si tratta del Lazio, dove il debito vola a 2.064 euro per ogni residente.
I CONTRATTI Gli enti locali hanno estinto anticipatamente mutui a tasso fisso più costosi in favore di nuovi finanziamenti più complicati. I contratti derivati sono infatti strumenti finanziari che servono a gestire l'esposizione ai rischi di mercato che un ente pubblico assume nell'ambito della propria operatività. Ma nascondono anche rischi: «Il principale contratto concluso, in moltissimi casi, dagli enti territoriali», si legge nell'indagine conoscitiva che la Corte dei conti ha presentato a febbraio scorso, «è quello di “swap di tasso di interesse”, che ha natura atipica e aleatoria e che ha quale causa sottostante la neutralizzazione di un rischio finanziario o valutario, con l'aggiunta di alcuni meccanismi di opzione che rendono complessa la valutazione dell'intera operazione finanziaria e incidono sulla determinazione del suo effettivo valore».
LA CRISI Un fatto è certo: le amministrazioni maggiormente esposte al boomerang dei derivati hanno affrontato la recessione dei mercati con piedi d'argilla e quindi con poche risorse da investire. In questo senso, si spiegano le preoccupazioni del ministro dell'Economia, Giulio Tremonti. Qualche giorno fa, nel ripercorrere le fasi della crisi internazionale, l'esponente del Governo non ha risparmiato critiche al mondo del credito: «La massa dei prodotti derivati non sembra in diminuzione ma in aumento e il bilancio», ha notato il ministro dell'Economia riferendosi ai mercati creditizi in generale, «non è totalmente positivo per quanto riguarda la distribuzione della liquidità» da parte delle banche: «Una quota non marginale», ha concluso Tremonti, «è rimasta nel portafoglio degli istituti e non è stata trasmessa all'economia reale».
LANFRANCO OLIVIERI

31/10/2009