Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Storia di Carla, parcheggiata in corsia

Fonte: L'Unione Sarda
23 settembre 2009

Il caso. Bloccato il rientro a casa ma il Comune assicura: ci accolleremo le spese

Ventinove anni, tetraplegica, da tredici mesi vive in ospedale

I genitori non conoscono i motivi dello stop ma il Comune garantisce: presto a casa.
Tredici mesi di ospedale e nessun miglioramento. Si sapeva: quel volo di tre metri (ancora tutto da chiarire) lungo la scala anticendi del centro di riabilitazione per malati psichiatrici, dove aveva subìto le attenzioni sessuali di altri due ricoverati, rendeva impossibile perfino la speranza. Gambe, braccia, intestino e vescica non hanno mai più ripreso a funzionare. Così, i medici dell'Unità spinale dell'ospedale Marino hanno firmato le dimissioni. Ma Carla non sa dove andare, e non perché non abbia nessuno che si prenda cura di lei. Anzi. I due genitori la accudiscono con amore e devozione ma sono anziani e una figlia di 29 anni in quelle condizioni ha bisogno di assistenza specialistica continua.
Non a caso Comune, Regione e Asl 8 hanno approvato un progetto personalizzato per l'"autonomia" della paziente: l'assessorato ai Servizi sociali pagherà l'affitto di una casa, la caparra, sei ore al giorno di assistenza domiciliare e un'ulteriore assistenza affinché una persona possa portare la paziente a passeggio e provvedere alle cure personali. Due riunioni a giugno, una a luglio: sembrava tutto fatto, invece no. All'improvviso l'iter si è bloccato e Carla è ancora in ospedale. «Parcheggiata», dice con grandissima tristezza la madre, «e non abbiamo neanche capito il perché. L'assessore regionale alla Sanità Antonello Liori è andato in ospedale a trovare mia figlia, i funzionari del Comune hanno incontrato diverse volte il primario del reparto dove Carla è ricoverata, c'ero anch'io, e ora proprio non so perché non possa più accedere al progetto. Mio marito ed io a casa non possiamo tenerla, non siamo proprio in grado. Eppure nella riunione del primo settembre dalla Regione è arrivata la bocciatura del progetto per mia figlia che, dunque, senza assistenza esterna è costretta a restare in ospedale. E nell'Unità spinale i costi per una paziente così vanno dai mille ai tremila euro al giorno. Vorrei capire: so che la Regione può attingere fondi destinati a progetti per casi speciali, mia figlia è un caso speciale, non vorrei che non si sia fatto nulla perché la legge finanzia il rientro a casa dei malati terminali e non di quelli cronici che però non sono in fin di vita».
Dall'assessorato comunale ai Servizi sociali arriva una spiegazione insieme a una promessa: Carla avrà tutto, la casa e l'assistenza, presto, prestissimo. L'inaspettato stop sarebbe legato a un certificato medico sbagliato, nel senso che Carla non risultava una paziente ricoverata in Unità spinale da oltre dodici mesi continuativamente. Per quel motivo l'unità di valutazione territoriale (che fa capo alla Regione) che dà l'ok ai progetti “Rientrare a casa” ha bocciato la domanda presentata dal Comune per finanziare con 14.000 euro all'anno il lavoro di una badante. E senza quella l'intera pratica non può andare avanti. In sostanza: il Comune ha dato il via libera per il pagamento di affitto, caparra, assistenza domiciliare e ulteriore assistenza attraverso la legge 162, manca solo la badante ma l'ok spetta all'unità di valutazione territoriale. Che, per via di quell'errore nel certificato medico, ha detto no. I Servizi sociali hanno subito presentato un ricorso che sarà esaminato il 29 settembre. Nel frattempo, garantisce la dirigente dell'assessorato comunale Ada Lai, «assicuriamo l'attuazione del progetto personalizzato». In altre parole, il Comune si farà carico anche del costo della badante.
Insomma, tempo qualche giorno e Carla potrà essere dimessa per essere trasferita in un appartamento con tutta l'assistenza di cui ha bisogno.
MARIA FRANCESCA CHIAPPE

23/09/2009