Rassegna Stampa

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Abbandono e degrado degli impianti, Manca: “Di sport non si può vivere, almeno in Sardegna”

Fonte: web Castedduonline.it
15 gennaio 2020

Abbandono e degrado degli impianti, Manca: “Di sport non si può vivere, almeno in Sardegna”

“Che i nostri giovani pensino a studiare, a fare corsi di specializzazione e poi ad emigrare. Lascino stare lo sport. Di sport non si può vivere. Almeno in Sardegna”

Impianti sportivi in Sardegna, quale futuro? La riflessione circa lo stato di degrado da parte del consigliere regionale Ignazio Manca:

“Che sull’Isola esista un gap tra aree interne e costiere è ormai assodato. Che sia ormai urgente ed improcrastinabile dotarsi di un piano armonico di sviluppo appare altrettanto evidente, per eliminare gli squilibri ed insieme il dualismo territoriale.

Vi è peraltro un settore nel quale le due aree, seppur negativamente, si accomunano. La scarsità degli impianti sportivi e la loro totale situazione di degrado e in taluni casi abbandono. Fare l’elenco sarebbe troppo lungo, per semplificare ci limitiamo ad evidenziare la situazione di Sassari e Cagliari, che altro non fa che confermare come il degrado delle strutture sportive non abbia risparmiato neppure le due città storicamente simbolo dello sport sardo.

Partiamo dalla capitale, regina del calcio con il suo scudetto vinto nel campionato 69/70. Del vecchio S.Elia e dei 60.000 spettatori davanti ai quali si disputò l’unica Coppa dei Campioni, attuale Champions, della storia calcistica sarda, è rimasto soltanto un rudere in attesa di demolizione. Nel frattempo, la squadra è costretta a disputare i suoi ultimi campionati in un modesto stadietto ricavato all’ombra del vecchio stadio. Altro che Sardegna Arena. I tifosi speravano che questo della doppia celebrazione fosse l’anno del battesimo del nuovo stadio, ma ahimè, lentezza e burocrazia tipiche del meridione, ancora una volta, la fanno da padrona.

Si dovrà attendere il 2022 per la posa della prima pietra. D’altra parte, guai a forzare i tempi, Is Arenas insegna. Di certo non va meglio per il Palazzetto dello sport, la cui storia si è fermata ai tempi del glorioso Brill. Omologato per appena 2600 posti non potrà mai ambire ad un campionato di serie A di Basket, neppure per ospitare eventuali partite casalinghe della Dinamo.

Veniamo a Sassari. Lo stadio Vanni Sanna, capace in passato di accogliere fino a 14.000 spettatori, è stato col tempo ridotto ad una misera capienza di 2-3000 spettatori per evitare spese di manutenzione e costi di gestione. Ormai abbandonato a se stesso versa in una situazione di degrado talmente seria da costringere il presidente della Torres, Sechi, a minacciare di fare disputare alla squadra le rimanenti partite di campionato fuori dalla città.

Se negli spogliatoi del vecchio stadio piove, nel vicino palazzetto l’acqua cola dal tetto ormai da decenni. Eppure la Dinamo continua a disputare campionati nazionali di vertice, tanto da confrontarsi ormai da anni nelle coppe europee di lega. Un bel biglietto da visita non solo per la città, ma per l’intera regione. Se questa è la situazione che interessa le due città simbolo, nonché i due sport nazionali più seguiti, immaginiamo quale possa essere nei centri minori, dove lo sport dovrebbe servire anche come fattore di coesione sociale e antidoto allo spopolamento. Viceversa, tra palestre chiuse o abbandonate e palazzetti mai ultimati fare sport diviene sempre più arduo.

È evidente che si tratti di un fattore culturale, da sempre sottovalutato, in un’isola storicamente colonizzata, ormai adagiata in una mentalità a cavallo tra l’eterna lamentazione e l’ineludibilità del destino. Che i nostri giovani pensino a studiare, a fare corsi di specializzazione e poi ad emigrare. Lascino stare lo sport. Di sport non si può vivere. Almeno in Sardegna!”