Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Ex carcere, cinque anni per non decidere nulla

Fonte: L'Unione Sarda
25 ottobre 2019

Ex carcere, cinque anni per non decidere nulla

Buoncammino? «Eventuali programmi relativi al futuro utilizzo del bene devono ancora essere valutati»: questa la stringatissima, lapidaria dichiarazione rilasciata ieri sera a questo giornale dall'Agenzia del demanio. A quest'ultimo appartiene l'edificio più grande della città, «uno dei più panoramici al mondo» (copyright di Antonello Sanna, direttore del dipartimento d'architettura dell'università di Cagliari).
C'era una volta un carcere. Anzi, un ex carcere. Anzi, un possibile albergo extralusso, o forse un pensionato per studenti universitari, magari con annesso percorso museale, ma anche (perché no?) attività commerciali. Tutte ipotesi rimaste a galleggiare nell'irrealtà. Eventualità. Tra un mese saranno trascorsi cinque anni dalla chiusura di Buoncammino, e dopo tanti convegni, ordini del giorno, tavoli tecnici e un question time alla Camera, bisogna ammettere che sul piano dei fatti concreti il saldo è zero.
I record
Lo svuotamento, il 23 novembre 2014, fu da record. «Il più massiccio trasferimento di detenuti della storia d'Italia», si compiacque il questore di allora, Filippo Dispenza. Un altro primato fu raggiunto quattro mesi dopo: Buoncammino fu il monumento più visitato d'Italia nell'edizione 2015 delle giornate Fai. Trentamila persone fecero ore di fila sotto la pioggia per poter entrare in quello che per un secolo e mezzo era stato il luogo più segreto della città, vedere le celle (fra cui quella in cui fu recluso Emilio Lussu), i camminamenti, le sale colloqui: un tuffo nel dolore di migliaia vite private della libertà.
Gli uffici
Da quasi cinque anni, sloggiati i detenuti, Buoncammino ospita «temporaneamente», in una piccola porzione delle sue decine di migliaia di metri cubi, uffici (Dipartimento amministrazione penitenziaria, Uepe e Prefettura) e un archivio (del Tribunale di sorveglianza), tutti trasferiti lì (fra le polemiche) dopo la chiusura del carcere. «Gli uffici oggi sono ospitati in stabili per cui lo Stato paga un affitto. Spostandoli a Buoncammino risparmiamo 300 mila euro l'anno», spiegò nel febbraio 2015 l'allora direttrice dell'agenzia regionale del Demanio Rita Soddu, cui è poi subentrato Giovanni Zito. All'epoca, tanti invocavano un futuro diverso per Buoncammino: «Non facciamogli fare la fine dell'ex ospedale marino», era una delle frasi più spesso ripetute nei mesi in cui il dibattito era vivo e appassionato.
A un certo punto il Dipartimento per l'amministrazione penitenziaria, allora diretto da Gianfranco De Gesu (da tre anni sostituito da Maurizio Veneziano, con cui ieri il giornale non è riuscito a mettersi in contatto) avanzò l'ipotesi di trasferire nelle celle rimaste vuote i ragazzi detenuti nel carcere minorile di Quartucciu. Qualche politico gridò allo scippo, altri intimarono «Giù le mani da Buoncammino». Non se ne fece niente.
Comune e Università, sulla questione, erano in prima linea. Si guardava con attenzione a quanto un architetto cagliaritano, Mario Pittalis, era riuscito a fare a Firenze, dove le antiche carceri delle Murate sono state trasformate in un complesso urbanistico con case a edilizia residenziale, foresteria comunale, due nuove vie e una nuova piazza, caffè letterario, ristorante e incubatore di imprese. Alla fine, sembrò affermarsi una visione: alloggi per studenti e docenti universitari in visita, sedi per scuole estive, un museo dedicato alle memorie dell'universo carcerario, forse anche qualche esercizio commerciale, ipotesi di strutture ricettive. Poi il tempo è passato e l'interesse si è affievolito, fino al silenzio degli ultimi mesi.
L'apertura inattesa
Nell'agosto dell'anno scorso, a sorpresa, c'era stata una fiammata: «L'Agenzia regionale del Demanio per la prima volta manifestò la volontà di trasferire la proprietà dell'ex carcere, cosa che poi non si è concretizzata», ricorda l'ex assessore agli Enti locali, Cristiano Erriu. «In cambio di Buoncammino - prosegue - avrebbero accettato il palazzo di via XXVIII Febbraio-piazza Giovanni dove aveva avuto sede l'assessorato regionale al Lavoro: l'avrebbero restaurato loro, spendendo circa 8 milioni, e avrebbero accentrato lì vari uffici». Ci furono anche contatti informali con la società Sinloc, già vincitrice del bando per lo studio di fattibilità per la riqualificazione della Fiera. Le cose, insomma, sembravano farsi concrete. La Giunta Pigliaru, a quel punto, frenò: «Occorre farsi un'idea dell'entità delle spese». Erriu fece un annuncio: «Entro l'estate partirà il bando per un consulente esterno: dovrà elaborare un progetto che metta in evidenza l'utilizzo e i costi di trasformazione». Poi, però, il bando non s'è visto. Così sono arrivate le elezioni: Regione e Comune sono passate di mano, dal centrosinistra al centrodestra. E le interlocuzioni, apparentemente, si sono interrotte.
Eppure di Buoncammino si sarebbe ricominciato a ragionare. Se non in Regione (ieri non è stato possibile parlarne col successore di Erriu, Quirico Sanna), certamente in Comune.
Il percorso, se ci sarà, sarà lungo. Gli ostacoli principali? I vincoli di tutela sull'edificio, che difficilmente consentiranno di rimodulare gli spazi interni (cioè di abbattere le spesse pareti che separano cella da cella) e i costi di ristrutturazione: cifre, si dice, oscillanti fra i 50 e i 100 milioni di euro, a seconda della destinazione d'uso.
Marco Noce