Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Corte dei conti: Poetto, tutti colpevoli

Fonte: L'Unione Sarda
17 agosto 2009


Balletto e Zirone condannati a pagare cinque milioni di euro

Quattro mesi fa Sandro Balletto era stato assolto in appello (in sede penale) dall'accusa di danneggiamento.
Sapevano che i lavori al Poetto erano irregolari, che la draga aveva preso la sabbia da un fondale diverso da quello indicato dal ministero dell'Ambiente, che sarebbe stato un disastro ambientale. Sapevano.
Eppure non hanno convocato i funzionari perché interrompessero i lavori e hanno inutilmente speso i soldi pubblici. Sapevano, e proprio perché sapevano ora non possono neanche trincerarsi dietro il fatto che si erano fidati dei tecnici. No. L'ex presidente della Provincia Sandro Balletto e l'ex assessore ai Lavori pubblici Renzo Zirone «avevano consapevolezza del fatto che i lavori erano stati eseguiti in modo difforme dal contratto e che si sarebbero risolti nella deturpazione della spiaggia ma non hanno esercitato i loro poteri per evitare tale esito».
Di lì la decisione della Corte dei conti di Cagliari: i due politici dovranno risarcire quasi quattro milioni e ottocentomila euro, la cifra include le spese sostenute per rifare la spiaggia e settecentomila euro di danno all'immagine di Cagliari. Sì, danno all'immagine della città, perché, scrivono i giudici, «la spiaggia del Poetto rivestiva un'enorme importanza per la comunità locale, non solo per i profili economici connessi allo sfruttamento economico del sito ma anche in sé, per la sua bellezza incomparabile che ne faceva, e in parte tuttora ne fa, un simbolo per i Comuni del territorio su cui insiste e per l'intera Sardegna. Ben si comprende che, data l'enorme importanza che la popolazione attribuiva alla proficua esecuzione dei lavori di ripascimento - iniziati l'8 marzo 2002 e conclusi tre mesi dopo, il 26 giugno - anche se l'esito disastroso fosse stato dovuto a mera negligenza degli organi proposti, ne sarebbe derivata una lesione all'immagine della Provincia, quantomeno nei termini di una conclamata incapacità dei suoi organi di preservare un bene di rilevantissimo interesse collettivo».
La sentenza che, insieme a Balletto e Zirone, condanna in solido i responsabili del procedimento Sandro Cabras e Lorenzo Mulas, gli ingegneri Andrea Gardu e Salvatore Pistis della direzione dei lavori, l'assistente alla direzione dei lavori Antonello Gellon, il biologo Luigi Aschieri, il supervisore scientifico Andrea Atzeni, il direttore operativo Paolo Orrù, il geomorfologo Giovanni Serra, Gian Paolo Ritossa e Mario Concas della commissione di collaudo, i consulenti Paolo Colantoni e Lopoldo Franco, è clamorosa perché arriva quasi quattro mesi dopo l'assoluzione in appello di Balletto dall'accusa di danneggiamento e danno ambientale. Condannato a dieci mesi in primo grado con l'abbreviato, l'ex presidente è stato scagionato in sede penale per non aver commesso il fatto sul presupposto che al politico non possano essere contestati i comportamenti del tecnico.
La Corte dei conti, invece, non solo ha condannato Balletto ma ha pure sostenuto che l'ex presidente, così come Zirone, abbia agito con dolo. I giudici contabili vanno oltre la decisione con cui il Tribunale penale di Cagliari, il 4 luglio 2008, ha condannato il direttore dei lavori Salvatore Pistis e il dirigente della Provincia Andrea Gardu (tre anni), Zirone (due anni e otto mesi), il coordinatore del progetto Lorenzo Mulas e il legale rappresentante dell'associazione d'imprese che ha eseguito i lavori Piergiorgio Baita (due anni), i componenti della commissione di monitoraggio Andrea Atzeni, Paolo Orrù e Giovanni Serra (un anno e quattro mesi): vanno oltre perché ritengono responsabili anche Gellon, assolto in sede penale, Colantoni, Franco, Cabras, Ritossa e Concas che in quel processo non erano stati neppure chiamati in causa.
Il collegio presieduto da Antonio Vetro ha accolto le richieste del procuratore Cabras che si è avvalso del lavoro degli uomini del nucleo di polizia tributaria della Guardia di finanza al comando del generale Baduini. La sentenza è una bastonata per gli amministratori pubblici: «I comportamenti sono stati contraddistinti da volontaria pretermissione dell'interesse pubblico primario sotteso all'opera appaltata, tenuti talvolta con pervicacia e arroganza e comunque sempre con sostanziale disprezzo dell'opinione pubblica, all'insegna non della trasparenza dell'azione amministrativa ma, al contrario, dell'opacità spinta talora sino al punto del mendacio. L'immagine che questa condotta trasmette ai cittadini è nella migliore delle ipotesi quella di un'amministrazione nel contempo inefficiente e chiusa al confronto tesa a perseguire interessi tanto contrari a quelli pubblici quanto oscuri e, quindi, in una sola parola, inaffidabile».
Questo comportamento, comune a politici, esperti e consulenti, secondo la Corte dei conti produrrà ancora effetti: «È facile immaginare quanto saranno difficili futuri interventi nel clima di generale sospetto e sfiducia ormai ampiamente diffusisi nell'opinione pubblica a seguito del ripascimento».
MARIA FRANCESCA CHIAPPE

15/08/2009