Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Uomini e cose dell'Isola

Fonte: L'Unione Sarda
17 agosto 2009




Recarsi nel Museo delle Culture di Lugano e trovare inaspettate assonanze tra la Sardegna e il ciclo di esposizioni temporanee “Esovisioni” - ossia il tema dell'esotismo nelle visioni dei grandi fotografi del Novecento-.
Trovarle in “Uomini e cose. Ugo Pellis. Fotografie. Sardegna 1932-1935”, elette quarto percorso espositivo dalla programmazione museale svizzera, dopo “L'incanto delle donne del mare. Le Ams di Hèkua” nell'opera di Fosco Maraini (2005); “L'isola degli dèi. Bali” nell'opera di Gotthard Schuh, (2006); e “L'india al tempo di Gandhi. Walter Bosshard. Fotografie” (2007).
Trovarle in un notevole reportage del glottologo friulano Ugo Pellis (1882-1943) che, nel 1932, inizia nell'isola un viaggio che tocca 124 località diverse. Nel volgere di tre anni, indaga sistematicamente la struttura e le peculiarità della lingua sarda servendosi del celebre “Questionario” filologico distribuito in centinaia di copie ai suoi informatori locali e coglie in oltre duemila scatti ogni sfumatura di un ritratto isolano alieno da pregiudizi e di enormi proporzioni documentarie. Espressione rigorosamente scientifica delle caratteristiche della visione dell' altro , che è quanto il ciclo “Esovisioni” rileva in una quarantina di sue foto e nell'imperdibile catalogo-saggio multifocale e multidisciplinare (Giunti Arte Mostre Musei) curato, come la mostra, da Alessia Borellini e da Francesco Paolo Campione, con scritti degli stessi e di Lorenzo Massobrio, Ugo Pellis, Stefano Perulli, Gian Franco Ragno, e prefazioni di Maurizio Buora, Giovanna Masoni Brenni, Giorgio Pellegrini, Luigi Reitani.


«Nelle fotografie di “uomini e cose” -scrive il direttore del Museo di Lugano Francesco Paolo Campione- c'è qualcosa di più di un ritratto: mettono in rapporto fra loro i volumi e le forme; esaltano il sentimento dei paesaggi, scovano inquadrature che rivelano come le piccole cose rimandino alle grandi, in un gioco sorprendente di miniaturizzazioni culturali, c'è l'assonanza tra l'immagine fotografica e il mondo della poesia e dell'arte». Acutamente poi sottolinea: «Si legge anche chiara la percezione della complessità che agita poveri luoghi di apparente semplicità, paesi di ossimori».
Paesi dove tutto è il contrario di tutto. “Al telaio” lavora la regale tessitrice con copricapo ornato da gioielli cuoriformi. La “Ragazzina in costume da festa” va incontro al futuro lasciandosi alle spalle il centro abitato e la donna che procede verso di esso farcendosene inghiottire. Paesi dove contenitori in terracotta si stagliano contro muri resi materici da ancestrali corrosioni; l'inquadratura trasfigura il “Focolare a terra e alto” in suggestioni metafisiche e i “Doni votivi alla Madonna del Miracolo” si accatastano come in attesa del Nouveau realisme.
Una sorta di campionario di archetipi della mediterraneità che consente al glottologo di esprimere appieno la sua profonda cultura e le sue capacità di indagine mai presupponenti. Un lavoro «nobilissimo ma gravissimo», destinato al celebre Atlante Linguistico Italiano alla cui ideazione, formulazione e stesura Pellis aveva partecipato. Migliaia di chilometri percorsi a piedi, sul dorso di muli o su una Balilla donata dal Duce, senza mai dividersi dal suo carico di Questionari, di taccuini da campo, di carte geografiche, e di un corredo di lastre fotografiche - poi di pellicole - utilizzate per ritrarre un mondo intimo, privato, melanconico, dove è la luce a suggerire il senso delle cose.
«È interessante notare che i reportage fotografici di Ugo Pellis nascono come appendici delle sue indagini scientifiche -dice Alessia Borellini, ricercatrice del Museo di Lugano e responsabile di “Esovisioni” - Ho avuto l'onore di consultare i suoi taccuini, conservati a Torino, presso la sede dell'Atlante Linguistico Italiano. In essi ogni giorno scriveva cosa faceva, i chilometri percorsi, le condizioni climatiche, il numero di foto scattate. Inoltre, dalla Società Filologica Friulana di Udine, di cui Pellis è stato tra i fondatori, e presidente dal 1920 al 1923, mi è stato consentito di leggere quanto indicava sulle bustine che proteggevano ogni negativo: data, luogo, dati tecnici come apertura del diaframma e tempi d'esposizione, e una o più stelline per esprimerne la validità. Un lavoro utilissimo che mi ha permesso la comparazione con quanto scritto sul taccuino. Come pure è stato molto interessante e produttivo il mio viaggio in Sardegna, e l'incontro con l'assessore alla Cultura del comune di Cagliari, lo storico dell'arte Giorgio Pellegrini». “Uomini e cose” è un'esposizione itinerante, aperta a significative prospettive e a ulteriori ricerche, ideata e realizzata dal Museo delle Culture di Lugano facendo riferimento al materiale fotografico di proprietà della Società Filologica Friulana. Ben 2.172 foto che fanno parte del Fondo interamente digitalizzato degli oltre 7.000 scatti di Pellis riguardanti la cultura popolare italiana fra il 1925 e il 1943. L'immagine della Sardegna indagata dal glottologo friulano formato a Vienna e a Innsbruck, che aveva fatto tesoro degli insegnamenti di Max Leopold Wagner, è stata accolta a Udine nella nuova Galleria fotografica comunale “Tina Modotti” dal 23 gennaio al 26 aprile e, come detto, è visitabile nel Museo delle Culture di Lugano fino al 13 settembre. Approderà poi nel Centro Comunale d'Arte “Il Ghetto” di Cagliari dal 9 ottobre 2009 al 17 gennaio 2010 e, dal febbraio 2010, nel Rettorato dell'Università di Torino.
GAVINA CIUSA

17/08/2009