Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

“Scatti di fede”, immagini dal cuore antico dell’isola

Fonte: La Nuova Sardegna
18 aprile 2019

 


Al Search di Cagliari la mostra fotografica di Lucia Musio e Filippo Peretti


di Giacomo Mameli


 


Viene e alla mente un’altra mostra, quella del 2017 nei Musei Civici di Cagliari per iniziativa della Ilisso. In esposizione, c’erano le foto dei grandi maestri della Magnum, da Henri Cartier-Bresson a David Seymour e, con loro, Bruno Barbey, Werner Bischof, Leonard Freed, Ferdinando Scianna. Si documentava “Paesaggio e identità” con “Storie di luoghi, di donne e di uomini”. Questa volta siamo nei sotterranei catacombali del municipio dalla torri bianche di Cagliari, per un’altra mostra che propone novanta immagini in bianco e nero chiamate “Scatti di fede”: un inno al sacro e al profano, dominano spiritualità e misticismo, dai “fuochi” di Sinnai, Ottana e Mamoiada, ai riti della settimana santa tra Cagliari, Tergu, Castelsando e Iglesias per esaltarsi nell’isola in processione da Orgosolo a Masullas, da Santulussurgiu a Balai. L’allegria dei chierichetti di Tertenia in stola bianca, le canne fresche di fiume intrecciate, i fucilieri di Dualchi e i fedeli di Santa Maria di Sauccu di Bortigali e Bolotana, la cappella delle candele e i Candelieri di Sassari scelti da due Federico Fellini dell’obiettivo.

I maestri, questa volta, sono una mamma di famiglia allieva di Giovanni Lilliu e un giornalista che ha passato la vita tra menabo, Olivetti 32 e aule parlamentari. Lei è Lucia Musio, lui Filippo Peretti, per decenni firma di punta di questo quotidiano. Ma di se stessi, questa religiosa coppia di autori-fotografi non vogliono parlare, perché «parlano le foto, le immagini, i volti».

Col Cristo morente di Pinuccio Sciola, scolpito nel tronco di un ulivo e ospitato nelle “Caves du Vatican” di casa nostra. Parla l’atmosfera che in ogni periodo pasquale, in tutto il mondo, porta alle palme intrecciate e alle Via Crucis, ai misteri della vita e della morte, alla “mater dolorosa” che vede il suo figlio “moriéndo desolátum in tanto supplicio”. Ma poi torna la luce, perché questi “scatti di fede” sono soprattutto un monumento alla vita, alla festa: che in Sardegna è quasi sempre vissuta fra le chiese in orazione e le piazze scatenate in balli e canti con l’attaccamento profondo ai luoghi. In queste immagini non c’è il sacro e il profano commercializzato ai turisti. No, con una lodevole perizia tecnica si coglie l’essenziale, riemerge l’amore di Grazia Deledda per il suo Monte Ortobene “anima nostra”, la stessa Deledda che per la festa di San Giovanni descriveva “i cespugli di verbasco, di timo e di asfodelo da cogliere per farne amuleti”.

Negli scatti di fede Musio-Peretti c’è quell’Antonio Gramsci delle “feste di San Costantino a Sedilo e di San Palmerio, e la festa di San Teodoro”. C’è il Salvatore Cambosu che descrive “Intro ‘e Montes, luogo aspro, di capre, che custodisce storie rimosse di spartiacque”. Ci sono Giuseppe Dessì col suo amore per Villacidro, Costantino Nivola a Santa Itria di Orani, Giulio Angioni che tratteggia la festa dell’Assunta a Guasila con la corsa della giovenca. Perché i due autori conoscono bene – in sas intragnas - tutta la Sardegna, la rendono palpabile in queste immagini dove non c’è la stantia replica del deja vu nei testi di fotografia o di descrizione dell’isola sempre uguali a quelli pubblicati un anno o cinquant’anni prima. Bastino, per tutte, le immagini parlanti nell’Ardia di Pozzomaggiore, con la chiesa di San Costantino sullo sfondo e la sua facciata policroma con bifore. Più che una fotografia – fissa, immobile, statica – vi sembra di assistere a un filmato perché vedete la polvere sollevata da scatenati cavalli al galoppo, i cavalieri eretti sulle selle e sulle staffe, un sole abbagliante che vi porta alle immagini dei “Dieci comandamenti” di Cecil B. De Mille, le camicie bianche dei fantini, i turisti che assistono allo spettacolo in onore di un re onorato e venerato tra i nuraghi.

E i candelieri-portatori di Sassari? Ne avete nove davanti a voi, ognuno una smorfia personale, una foggia, muscolature diverse, ghigni e mezzosorrisi, prove di danza prima della Faradda, l’arrivo alla chiesa di Santa Maria dove una luna d’agosto sembra coprire di neve gli alberi del sagrato. E l’arco di canne di fiume nel piazzale di San Pietro a Tertenia con tre chierichetti che sembrano baby curati di campagna?

Paola Mura, direttrice dei Musei civici di Cagliari, dice: «I due fotografi, in novanta scatti, a firma unica, raccontano in dieci sezioni un viaggio per la Sardegna durato quattro anni che ha interessato oltre cento tra paesi e località». «Il risultato – aggiunge Mura – è la straordinaria ricchezza culturale e religiosa che la Sardegna custodisce e tramanda, la stessa che sorprese ed entusiasmò scrittori e poeti dell’Ottocento, dalla Deledda a David H. Lawrence, divenne protagonista della pittura di Biasi, Floris, Delitala, e poi immortalata dai grandi reporter della Magnum. Musio e Peretti sono profondi conoscitori del tema religioso dell’isola, capaci di narrarla per immagini e restituirle con la stessa immediatezza che l’una possiede
nella comprensione profonda del rito e del sentimento religioso e l’altro per esperienza della narrazione scritta».

La mostra resterà aperta fino al 2 giugno (dal lunedì alla domenica dalle 9 alle 20, nei sotterranei della sala Search al civico 2 di Largo Carlo Felice).