Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Benvenuti nel regno degli anziani

Fonte: L'Unione Sarda
15 gennaio 2019

L'INCHIESTA. Meno nascite e più morti, gli over 65 sono più del doppio degli under 14

 

Continua l'inesorabile declino demografico: l'età media sale a 48 anni

 

Una città sempre più vecchia e in pieno declino demografico che dal 2003 ha perso 8700 residenti, dove l'età media della popolazione sfiora ormai i 50 anni e ogni 100 cittadini in età lavorativa ce ne sono 58 non attivi.
La città degli anziani
È l'impietosa fotografia che emerge dall'analisi sui dati Istat effettuata dal portale Tuttitalia.it, che colloca il capoluogo sardo tra le città italiane con una struttura sociale regressiva, come vengono considerate quelle in cui la popolazione giovane è minore di quella anziana. Ed è proprio questo indicatore - chiamato indice di vecchiaia - a colpire particolarmente: nel 2018 si è infatti toccato il record storico di 274,5 anziani (tali vengono considerati gli over 65) ogni 100 giovani (gli abitanti tra 0 e 14 anni). Picco di un trend inesorabile: nel 2002 l'indice aveva toccato quota 178,1, nel 2010 era salito a 234,1 e solo tre anni fa, nel 2015, si attestava a 258,2.
Gli altri indicatori
Ma è il complesso dei dati a mettere in evidenza come Cagliari, che oggi conta poco più di 154mila abitanti, non sia più una città di e per giovani. In meno di una generazione l'età media è cresciuta di 5,5 anni, passando dai 42,8 del 2002 agli attuali 48,3. Nello stesso arco di tempo i residenti nelle fascia 0-14 anni sono scesi da 17.167 a 15.124, mentre quelli tra i 15 e i 64 anni, cioè la popolazione attiva, sono crollati da 115.923 ad appena 97.461. Di contro la popolazione con più di 65 anni è cresciuta esponenzialmente arrivando a toccare quota 41.521 residenti, ben 11 mila in più rispetto al 2002. Un altro indicatore molto significativo è quello di ricambio della popolazione attiva, che fotografa il rapporto tra la fascia di cittadini che sta per andare in pensione (60-64 anni) e quella che sta per entrare nel mondo del lavoro (15-19 anni). Detto che l'equilibrio perfetto si raggiunge a quota 100, si scopre che nel 2018 in città l'indice è stato di 193,9 (mentre nel 2002 era di 134,5), il che significa che tra la popolazione in età lavorativa gli over 60 sono quasi il doppio degli under 20. Va da sé che anche gli indici di natalità e di mortalità sono in sintonia con il quadro complessivo: dai 6 bebè all'anno ogni mille abitanti registrati nel 2002 si è passati agli attuali 5,2, mentre nello stesso periodo l'indice di mortalità è salito da 8,5 a 11,6.
Le conseguenze
Ma al di là dei numeri quali sono le conseguenze di questo fenomeno? In che modo questo progressivo quanto inesorabile invecchiamento inciderà sul volto futuro della città? Una popolazione sempre più anziana dovrebbe infatti portare a riorganizzare i servizi offerti ai cittadini potenziando, appunto, quelli per la terza età. E obbligherebbe anche ad avere una maggiore attenzione, ad esempio, alle esigenze di chi fatica a muoversi. Il paradosso però è che il capoluogo sardo - dove ci sono ospedali, uffici e l'università - resta anche il centro di gravità di decine di migliaia di persone che risiedono nei centri dell'hinterland dove la vita è meno cara. E quindi le scelte politiche sono in buona parte calibrate sui loro bisogni, anche se poi in realtà pagano le tasse altrove.
L'esperto
«A Cagliari l'anziano fatica ad avere una sua dimensione, un suo ruolo attivo come quello del nonno, perché è una città dove le famiglie sono sempre più atomizzate», spiega Roberto Pili, medico e presidente dell'Osservatorio mondiale della longevità. «Esistono interi condomini e quartieri di soli anziani e questo crea gravi squilibri. Inoltre, nonostante sia l'hub sanitario dell'Isola, non c'è sufficiente attenzione per la cura delle patologie croniche tipiche dell'età avanzata». E anche da noi è ormai evidente il paradosso, comune a tutta la società italiana, che vede la longevità come un problema anziché un fatto positivo. «L'invecchiamento della popolazione dovrebbe essere una grande conquista e invece si sta manifestando come un momento di crisi - conferma Pili -, soprattutto perché all'aumento della vita media non è seguita una gestione della natalità che garantisse l'equilibrio. Il cambiamento non è stato programmato per tempo col risultato che la longevità si sta caricando di malattie e disabilità, trasferendo sulle nuove generazioni un carico che diventa sempre meno sostenibile e creando un fastidio generazionale».
Gli esempi virtuosi
Eppure altrove qualcosa è stato fatto e non sono stati colti del tutto impreparati. «In alcune Comuni del Nord Italia si è agito per tempo - conclude l'esperto - e anche la politica urbanistica è stata adeguata in modo da rendere le città più a misura degli anziani, realizzando ad esempio luoghi e quartieri senza barriere architettoniche. Ebbene noi dovremmo avere la stessa priorità, perché dare servizi adeguati a chi è avanti con l'età significa consentire loro di restare autonomi, non essere emarginati e avere una vita relazionale. E tutto questo si traduce in una migliore salute e dunque anche in minori spese per la collettività».
Massimo Ledda